Darksiders 3

di Carlo Mansoni

Darksider è da sempre una serie che vive tra il chiaro e lo scuro, esattamente come la storia che tenta di raccontare. Nonostante due capitoli già pubblicati e in larga parte apprezzati (il secondo molto meno del primo), non ha mai fatto realmente breccia nel cuore della comunità video ludica, restando quasi un prodotto di nicchia.

Dopo la dipartita di THQ e l’abbandono della saga da parte di Vigil Games e Mad!, la sorte dei quattro cavalieri dell’Apocalisse sembrava quanto mai segnata. E invece, grazie alla fondazione di THQ Nordic, la saga è tornata alla luce, affidata ai ragazzi di Gunfire Games.

FURIA (QUASI) DISTRUTTIVA

La storia di questo terzo episodio racconta le gesta di Furia, terzo membro del quartetto composto da: Guerra, Morte, Conflitto e per l’appunto Furia. Personaggio femminile, munito di fruste infuocate, che accetta di aiutare l’arso consiglio in una missione che, secondo loro, è necessaria per ristabilire lo status quo all’interno dell’eterna lotta tra bene e male, luce e oscurità, angeli e demoni. Il compito è di eliminare i sette peccati capitali, incarnati all’interno di forme che rispecchiano la loro vera essenza. Furia accetta la missione di buon grado per un tornaconto personale: diventare la leader incontrastata dei Cavalieri.

Purtroppo, ed è un peccato con queste premesse, la storia parte con un'incipit discretamente interessante, ma si annacqua come una serie di colori su una tavolozza per acquarelli. Perde velocemente di mordente; riporta alla luce alcuni personaggi del passato, integrandoli male nel contesto narrativo; ne inserisce di nuovi, ma che non riesco ad essere mai realmente approfonditi, lasciando unicamente a Furia l’obbligo di sorregge un plot narrativo quantomeno discutibile. Furia che, tutto sommato, pur essendo decisamente meno carismatica di Guerra e Morte, ha un minimo di evoluzione all’interno delle circa quindici ore che servono a completare il gioco, scivolando però su un finale che rende decisamente frettolose e banali le battute che chiudono (?) la storia.

INTO THE DUNGEON

La struttura che sorregge Darksiders 3 abbandona quella che abbiamo imparto a conoscere nei primi due episodi, per abbracciare un level design che strizza l’occhio a Dark souls. Ambientazioni meno ampie, ma collegate tra loro da corridoi, pertugi e aree che possono essere scovate solamente attraverso una minuziosa esplorazione. Proprio quest’ultimo è indubbiamente l’elemento predominante dell’intera esperienza. Un mondo, quello in cui si muove Furia, che necessità di essere esplorato con certosina precisione, per scoprire non solo scorciatoie e passaggi angusti, ma anche e soprattutto elementi che – come leggerete tra poco – torneranno molto utili per l’evoluzione del personaggio.

Guardando in questa direzione è abbastanza palese notare che le ariose aree dei primi due episodi, così come i tentacolari dungeon che strizzavano l’occhio in maniera alquanto palese alla saga di The Legend of Zelda, sono stati sacrificati. In ambito di sacrifici ci finiscono anche i momenti puzzle che hanno segnato profondamente la saga. Nonostante qualche piccolo e piacevole acuto, in questa esperienza li troveremo più sporadici e di facile intuizione.

Tutto questo porta Darksiders 3 a diventare un gioco fortemente incentrato sull’esplorazione che, come dicevamo, diventa parte integrante della stessa evoluzione di Furia.

Evoluzione che passa anche e soprattutto dai combattimenti con nemici e boss. Il sistema di combattimento si è rivelato una piacevole sorprese, anche se alcuni difetti non mancano di palesarsi anche in questi frangenti. Le combo sono districano all’interno del timing con cui andremo a premere il tasto quadrato (su PS4); una pressione veloce porterà ad un certo tipo di combinazione offensiva, prendendo invece il tasto con tempistiche differenti, o provando addirittura a tenerlo premuto, creeremo mosse offensive differenti.

A questi move set base, si aggiungono le forme elementali di Furia, che si sbloccheranno man mano che proseguirete nella storia. Le forme sono quelle del fuoco, fulmine, forza e stasi. Ognuna di queste è accompagnata da poteri che possono essere utilizzati interagendo con oggetti della mappa e delle armi secondarie che possiamo concatenare alla frusta per rendere ancora più vario il nostro move set.

A chiudere la girandola di possibilità offerte dal combat system ci pensa un potente attacco attivabile quando riempiamo la barra della collera, e una forma caotica (anch’essa attivabile previo riempimento di un’apposita barra) che trasforma Furia in una vera e propria macchina infliggi danni per alcuni secondi.

I combattimenti, come tutto il gioco, vivo di grandi alti e bassi. In alcune boss fight ci siamo divertiti a imparare i pattern di attacco dei nostri avversari, in altre, invece, tutto sembrava fin troppo statico e banale.

Quello che è importante sapere, riguarda le anime che sono elargite a ogni uccisione. Man mano che eliminerete i nemici, vi arricchirete delle loro anime; queste possono essere spese unicamente al raggiungimento di particolari pozzi per potenziare le statiche base di Furia (Vita, Forza e Arcana) o per comprare pozioni, potenziamenti e così via. Morire all’interno di un combattimento vorrà dire perdere tutte le anime guadagnate fino a quel momento, ripartendo dal primo checkpoint disponibile e obbligandoci ad andare a recuperare quelle stesse anime nel punto preciso in cui si è morti, pena la perdita permanente.

Anche in questo caso ci troviamo davanti ad una serie di scelte mutuate dalla saga di Dark Souls; scelte che non ci sono per nulla dispiaciute, in grado di aggiungere quel pizzico di strategia a degli scontri che altrimenti risulterebbe troppo spesso privi di vero mordente.

LUGHI IMPOLVERATI

Purtroppo però, se fino ad ora il gioco dimostra di offrire semplicemente un approccio ludico differente rispetto a quello dei capitoli passati, è nel comparto tecnico che troviamo le delusioni più grandi. Il design dei personaggi, perso il tratto di Joe Madureira risulta in alcuni casi discreto, ma in molti altri molto meno graffiante. Lo stesso vale per le location di gioco, sì ben articolate, ma allo stesso tempo poco caratterizzate in termini di dettagli e profondità stilistica.

Lo stesso vale per argomenti ancora più tecnici, come un frame rate purtroppo notevolmente ballerino e alcuni piccoli freeze della schermata durante alcune fasi di caricamento durante il passaggio da una zona all’altra.

Lato audio il gioco è completamente tradotto in lingua italiana, con delle voci tutto sommato gradevoli, ben appiccicate ai personaggi in gioco.