Dead to rights
di
Giuseppe 'Sovrano' Schirru
Dead To Rights ha avuto una gestazione un po' lunga: in cantiere da ben due anni, e con oltre 50 artisti tra designer e programmatori, si prospettava come un prodotto di primissimo livello. Una produzione che si avvicina molto a un altro titolo molto blasonato, Max Payne di Take 2 che è riuscito a dividere la critica in due filoni, tra detrattori e grandissimi estimatori. Difatti i punti di comunanza non sono di certo pochi: DTR ripropone l'eroe solitario che deve farsi giustizia da solo, un sistema per rallentare l'azione che ricorda da vicino il bullet time, e lo stile noir che anche il titolo Take 2 ostentava in modo palese, facendo dell'azione e della violenza il proprio grido di battaglia.
Ispirato ai film d'azione, DTR ha come protagonista Jack Slate. Questi, agente di polizia di Grant City, riceve una richiesta di intervento per colpi d'arma da fuoco. Arrivato sul posto scopre qualcosa di losco, che da poliziotto modello lo trasformerà in fuggitivo braccato da tutto e tutti, polizia compresa. E' ora di cercare i responsabili. Da qui prende avvio l'avventura, nella quale nei panni di Jack dovremo tra mille difficoltà provare la nostra innocenza incriminando il vero colpevole. Trama a parte, DTR non è un semplice sparatutto in terza persona: già le parole di Andrè Emerson facevano sperare che sarebbe stato qualcosa di più. Infatti così è. Il nuovo pupillo Namco si ripropone di imitare tutte le scene tipiche dei film di azione, così attinge a piene mani copiando situazioni già viste in varie pellicole, o inserendo qualche trovata carina e particolare già apprezzata in altri videogiochi, e variegando il gameplay grazie a sezioni stealth o minigiochi che spezzettano l'avventura e danno un tocco di varietà al titolo.
Che sia un gioco vario e curato sotto molti punti di vista è fuori dubbio, e questo lo si può notare già dalle prime partite. Lo storyboard e le varie situazioni sono curate, impreziosite da una cura per i particolari che, altalenando però eccessivamente, non riesce a tenere il passo con le potenzialità che questo titolo si impegnava di offrire. Se un simile gameplay fosse stato più approfondito e curato e gli fosse stata affiancata una realizzazione tecnica di primo livello, e fossero state evitate alcune magagne, allora avremmo avuto tra le mani un titolo di qualità: purtroppo però, per via di queste grosse mancanze, ci dobbiamo accontentare della classica "occasione sprecata".
Dead to rights
Dead to rights
Dead to rights nasce da un progetto ambizioso, come mix tra uno sparatutto e un picchiaduro a scorrimento, ma risulta infarcito di luoghi comuni o di scene e trovate già viste qua e là. Difatti lo si potrebbe considerare un'accozzaglia di generi riuniti alla rinfusa, e questo non è certo un pregio: questo miscuglio si rivela un'arma a doppio taglio, perché invece di impreziosire e rendere vario il gioco lo inaridisce, dato che tutti i suddetti elementi presi in prestito sono realizzati con troppa superficialità. Quel che ne scaturisce è un gioco privo di una sua specifica identità, un minestrone che, pur avendo alcune frecce al suo arco, le sfrutta decisamente male anche per via di alcuni difetti. Tra questi annoveriamo i sottogiochi, utili solo a inframmezzare l'azione di gioco; trovano posto poi un reparto grafico che sarebbe stato meritevole di ben altra realizzazione e un gameplay che a tratti pare riunire in sé tutte le buone trovate di altri titoli, ma che poi risulta ripetitivo e scontato. La longevità poi è ridotta ai minimi termini. Cosa rimane? Rimane un prodotto che viaggia sulla corsia della sufficienza. Ci saremmo aspettati qualcosa in più: davvero un'occasione sprecata.