Deadlight
di
Massimiliano Pacchiano
Ultimamente stiamo assistendo ad una vera e propria inflazione di giochi a base di morti viventi. L'immaginario romeriano del mortaccione deambulante irrompe sempre più nel mondo digitale, corroborato da un rinnovato interesse per il genere horror da parte di cinema e televisione. C'é un po' di The Walking Dead ed pizzico di The Road in Deadlight: l'ambientazione urbana realistica e decadente, l'atmosfera triste ed il cielo plumbeo riportano alla mente l'apocalisse zombesca (e non) vista più volte in celluloide. Il gioco restituisce un senso di cinematografico realismo che raramente si vede in questo genere di titoli, sempre più votati al grottesco.
La trama ci vede nei panni del rude Randall Wayne, ex guardia forestale ormai disillusa e stanca di questo ingrato mondo marcescente. Il suo unico scopo é quello di raggiungere una base militare situata a Seattle, teoricamente più sicura di qualsiasi altro posto nelle vicinanze, ma dovrà farlo da solo in quanto all'inizio del gioco si separerà dal suo gruppo. Ulteriori dettagli della trama si possono ottenere leggendo il diario: scopriremo così che Wayne é arrivato in città col suo gruppetto anche per cercare moglie e figlia scomparse. Canovaccio molto semplice quindi, con evidenti echi di Day of the Dead e di 28 Giorni Dopo, anche se qui non c'é traccia né del caro Bub né degli zombie centometristi di Danny Boyle.
Se titoli come Dead Rising o Lollipop Chainsaw puntano sulla figura dello zombi come vittima ideale sulla quale sfogare le proprie frustrazioni, senza remore e questioni morali, Deadlight segue più il filone “difensivo”, dove al primo posto abbiamo la sopravvivenza e c'é davvero poco spazio per enfatizzare il profilo splatter della faccenda. In sostanza ci troviamo dinanzi ad un action dalla struttura 2D (sebbene la grafica sia interamente poligonale) che ricalca gli assiomi di vecchie glorie come Another World, Flashback o Abe's Oddyssey. Tuttavia salta subito all'occhio come il level design non sia maniacalmente curato come nei giochi appena citati: forse per amor di realismo delle ambientazioni si limita spesso ad una serie di stanze e location da attraversare superando piccoli ostacoli. In questo il gioco somiglia più al recente (e deludente) War of the Worlds uscito su Live Arcade che non ai mostri sacri del genere.
Gli enigmi ambientali non mancano, ma sono generalmente molto semplici ed immediati nella risoluzione: punti in cui bloccare gli zombi o interruttori da premere, o ancora trappole in cui attirare i malcapitati (c'é un apposito tasto per richiamarli). Le trappole possono essere costanti (elettricità, botole) o da attivare (presse, meccanismi, ecc.). Come avrete intuito, maggior spazio é dato al fattore action, anche grazie alle armi e a molte aree ampie in cui respingere i nemici. Da sottolineare che, se si utilizzano oggetti contundenti, gli zombie continueranno sempre a rialzarsi e l'unico modo per liberarsene é finirli quando sono a terra, tenendo premuto l'attacco.
Sarebbe un errore giudicare questo titolo con i canoni dei vari Another World, Limbo o addirittura con il metroivaniesco Shadow Complex (incredibile, ma c'é chi l'ha fatto): in realtà Deadlight ha un level design più dimesso e degli enigmi più modesti proprio per far spazio ad un'altro tipo di meccaniche, cosa che si comprende meglio avanzando nel gioco. Laddove i titoli sopracitati fanno leva su un trial & error molto rigido, che contempla una sola ed unica modalità di avanzare, il gioco dei Tequila Works ci offre un gameplay meno cerebrale ma più libero e dinamico. Spesso potremo decidere se uccidere gli zombie o tentare di superarli senza colpo ferire: sia adottando un basso profilo coi nemici “distratti” che aggirandoli, o ancora correndo a testa bassa e saltando da punti sopraelevati per scavalcarli. Gli zombie sono ovviamente lenti e stupidi, ma i loro comportamenti sono molto plausibili e realistici: si girano verso i rumori, ci seguono, ed in genere fanno tutto ciò che ci si aspetta da loro avendo visto la pentalogia di Romero ed i successivi remake. A rafforzare la maggior libertà di approccio abbiamo anche diverse stanze segrete da scoprire, le quali in genere contengono bonus, oggetti da raccogliere o pagine di diario che vanno a completare la storia.
La trama ci vede nei panni del rude Randall Wayne, ex guardia forestale ormai disillusa e stanca di questo ingrato mondo marcescente. Il suo unico scopo é quello di raggiungere una base militare situata a Seattle, teoricamente più sicura di qualsiasi altro posto nelle vicinanze, ma dovrà farlo da solo in quanto all'inizio del gioco si separerà dal suo gruppo. Ulteriori dettagli della trama si possono ottenere leggendo il diario: scopriremo così che Wayne é arrivato in città col suo gruppetto anche per cercare moglie e figlia scomparse. Canovaccio molto semplice quindi, con evidenti echi di Day of the Dead e di 28 Giorni Dopo, anche se qui non c'é traccia né del caro Bub né degli zombie centometristi di Danny Boyle.
Se titoli come Dead Rising o Lollipop Chainsaw puntano sulla figura dello zombi come vittima ideale sulla quale sfogare le proprie frustrazioni, senza remore e questioni morali, Deadlight segue più il filone “difensivo”, dove al primo posto abbiamo la sopravvivenza e c'é davvero poco spazio per enfatizzare il profilo splatter della faccenda. In sostanza ci troviamo dinanzi ad un action dalla struttura 2D (sebbene la grafica sia interamente poligonale) che ricalca gli assiomi di vecchie glorie come Another World, Flashback o Abe's Oddyssey. Tuttavia salta subito all'occhio come il level design non sia maniacalmente curato come nei giochi appena citati: forse per amor di realismo delle ambientazioni si limita spesso ad una serie di stanze e location da attraversare superando piccoli ostacoli. In questo il gioco somiglia più al recente (e deludente) War of the Worlds uscito su Live Arcade che non ai mostri sacri del genere.
Gli enigmi ambientali non mancano, ma sono generalmente molto semplici ed immediati nella risoluzione: punti in cui bloccare gli zombi o interruttori da premere, o ancora trappole in cui attirare i malcapitati (c'é un apposito tasto per richiamarli). Le trappole possono essere costanti (elettricità, botole) o da attivare (presse, meccanismi, ecc.). Come avrete intuito, maggior spazio é dato al fattore action, anche grazie alle armi e a molte aree ampie in cui respingere i nemici. Da sottolineare che, se si utilizzano oggetti contundenti, gli zombie continueranno sempre a rialzarsi e l'unico modo per liberarsene é finirli quando sono a terra, tenendo premuto l'attacco.
Sarebbe un errore giudicare questo titolo con i canoni dei vari Another World, Limbo o addirittura con il metroivaniesco Shadow Complex (incredibile, ma c'é chi l'ha fatto): in realtà Deadlight ha un level design più dimesso e degli enigmi più modesti proprio per far spazio ad un'altro tipo di meccaniche, cosa che si comprende meglio avanzando nel gioco. Laddove i titoli sopracitati fanno leva su un trial & error molto rigido, che contempla una sola ed unica modalità di avanzare, il gioco dei Tequila Works ci offre un gameplay meno cerebrale ma più libero e dinamico. Spesso potremo decidere se uccidere gli zombie o tentare di superarli senza colpo ferire: sia adottando un basso profilo coi nemici “distratti” che aggirandoli, o ancora correndo a testa bassa e saltando da punti sopraelevati per scavalcarli. Gli zombie sono ovviamente lenti e stupidi, ma i loro comportamenti sono molto plausibili e realistici: si girano verso i rumori, ci seguono, ed in genere fanno tutto ciò che ci si aspetta da loro avendo visto la pentalogia di Romero ed i successivi remake. A rafforzare la maggior libertà di approccio abbiamo anche diverse stanze segrete da scoprire, le quali in genere contengono bonus, oggetti da raccogliere o pagine di diario che vanno a completare la storia.
Deadlight
8
Voto
Redazione
Deadlight
Deadlight porta il fattore zombesco all'interno del platform-puzzle bidimensionale in stile Another World, o per i meno anziani, Limbo. Al di là della resa scenica davvero eccezionale, che ci restituisce scorci di una civiltà morente estremamente dettagliati e filtrati attraverso un tubo catodico rotto, il gioco osa rompere gli schemi del genere incorporando un'inedita componente action-ansiogena. Oltre ai canonici trappoloni, enigmi e momenti trial & error tipici della progenie di Eric Chahi, Deadlight aggiunge il fattore “orda affamata” da distruggere sistematicamente o da cui fuggire a gambe levate. Questo potrebbe spiazzare molti, dimenticandosi che il gioco ha una sua identità precisa e non va giudicato alla luce di “quel che dovrebbe essere”. Non mancano i difetti, come i controlli poco reattivi ed il level design semplice, elementi che sono stati sottodimensionati appositamente per esaltare l'eccezionale resa scenica del gioco. Pur con i suoi difetti, Deadlight é un titolo denso di atmosfera e ricco di dettagli scenico-narrativi, che gli amanti dell'horror e dell'azione ragionata pseudo-bidimensionale non dovrebbero lasciarsi scappare.