Deadlight
di
Gli enigmi contestuali quindi diventano spesso un “attiva il trappolone per farne fuori il più possibile e liberarti la strada” o ancora “fischia per attirarli di qui, e poi scappa di là”, e ciò non é necessariamente un male. Restano situazioni più tradizionali in stile Eric Chahi o Jordan Mechner (ad esempio correre via prima che il pavimento crolli, schivare trappole o cose del genere), ma sono in netta minoranza. Questo é anche un bene perché le fasi più votate al trial & error non brillano: talvolta si é costretti a ripetere svariate volte una stessa sezione in quanto i punti interattivi non sono sempre di immediata comprensione, segno di un level design non eccezionale (in particolar modo citiamo la parte con la tettoia dopo l'incrocio, o il punto in cui si deve far marcia indietro davanti a una folla zombesca e attivare un hotspot prima invisibile). Deadlight é infatti un gioco in cui la messa in scena e l'atmosfera hanno un grosso peso, a tal punto che talvolta mettono i bastoni tra le ruote allo stesso gameplay.
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Come già detto, al di là di una risoluzione non altissima, la grafica é estremamente realistica, tanto che possiamo notare numerosi particolari come poster, cartelloni ed oggetti sparsi che raccontano dettagli di una città sconfitta. La prospettiva accentua la profondità dei fondali enfatizzandone l'ampiezza, mentre la parte del leone la fanno le luci e le ombreggiature: spesso vedremo solo le silhouette dei personaggi ma ci sono sempre delle fonti di illuminazione artificiali che restituiscono volume ai modelli evitando l'effetto “sagoma di cartone”. Gli zombi invece sono volutamente più scuri e “sagomati”, con i soli occhi rossi a risaltare; non a caso nel gioco vengono chiamati Ombre. Tocco di classe, gli elementi in primo piano che spesso ci scorrono davanti agli occhi e rafforzano l'impressione di trovarci in un ambiente reale. Insomma, i paesaggi decadenti sono altamente suggestivi, ed il tutto é sottolineato da un particolare filtro video che tende a “sdoppiare” i colori come accadeva con i vecchi tubi catodici degli anni ‘70 e ‘80, a sottolineare forse la collocazione temporale degli avvenimenti (il gioco si svolge a metà del 1986). L'effetto di tale filtro si accentua, diventando davvero fastidioso, quando il protagonista é affaticato dalla corsa o dall'utilizzo di oggetti contundenti. La cosa é voluta ma nondimeno irritante.
Allo stesso modo, le animazioni sono estremamente curate e realistiche, ma oltre ad un lieve difetto nelle interpolazioni (a volte i personaggi cambiano posizione di scatto) i movimenti risultano lenti durante gli scontri corpo a corpo, soprattutto quando ci si affatica (e inizialmente bastano 3-4 colpi per avere il fiatone) e ciò rende il protagonista sin troppo vulnerabile. Probabilmente questo aspetto é voluto, per disincentivare il giocatore a combattere con armi melee in situazioni con più di 2-3 nemici, ma anche in questo caso appare una limitazione che favorendo il realismo visivo/concettuale va a castrare leggermente il gameplay facendolo virare troppo sul trial & error. Con le armi da fuoco la situazione non migliora molto: il puntamento con lo stick destro risulta poco fluido e presenta un consistente lag. Anche alcune mosse come la corsa ed il doppio salto soffrono di ritardi nella risposta o problemi di altro tipo: ad esempio il wall jump richiede di premere con parecchio anticipo il secondo salto assieme alla direzione opposta a quella del muro; ciò rende questa mossa piuttosto difficile e poco immediata, tanto da ricordarci l'infernale doppio salto di Chakan: The Forever Man che piantava in asso il giocatore se non veniva effettuato con grande anticipo e perfetto tempismo.
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Tutti questi difetti tuttavia non intaccano più di tanto il valore finale del gioco, che risulta estremamente appassionante e coinvolgente. Questo non solo a causa delle meccaniche serrate che alternano enigmi ambientali a momenti ansiogeni, ma paradossalmente anche per merito delle succitate scelte di design, che talvolta mettono la rappresentazione scenica ed il realismo davanti alla giocabilità pura e semplice. La stessa trama, inizialmente molto banale, ci offre suggestive visioni e flashback del protagonista, svelando nelle ultime battute una profondità inaspettata e forti emozioni. La longevità é discreta in rapporto alla fascia di prezzo: il gioco si può portare a termine in poco più di 2 ore al netto degli errori compiuti; ma vista la quantità di morti “necessarie” a proseguire, il tempo praticamente si raddoppia raggiungendo le 4 ore circa. Inoltre i collectibles da sbloccare cercando negli ambienti sono molto interessanti: oggetti che si ricollegano alla trama e parti del diario che svelano il passato del protagonista, ma soprattutto tre “schiacciapensieri” in stile Game & Watch molto particolari e originali, completamente giocabili e con degli achievement collegati al loro punteggio.
Nota negativa per i filmati di intermezzo, realizzati in stile graphic novel ma animati davvero male e compressi ancora peggio; divertenti invece i nomi degli achievements, che si riferiscono ai titoli di note canzoni anni 70 e 80. Il sonoro ci offre effetti e discreti e buone musiche, mentre la localizzazione italiana dei testi é molto ben fatta sotto tutti gli aspetti. Un plauso particolare alla traduzione del diario di Wayne, ed all'avvertenza che troviamo all'inizio del gioco: “Non spegnete e non divorate la console durante i salvataggi”. Fantastico.
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Come già detto, al di là di una risoluzione non altissima, la grafica é estremamente realistica, tanto che possiamo notare numerosi particolari come poster, cartelloni ed oggetti sparsi che raccontano dettagli di una città sconfitta. La prospettiva accentua la profondità dei fondali enfatizzandone l'ampiezza, mentre la parte del leone la fanno le luci e le ombreggiature: spesso vedremo solo le silhouette dei personaggi ma ci sono sempre delle fonti di illuminazione artificiali che restituiscono volume ai modelli evitando l'effetto “sagoma di cartone”. Gli zombi invece sono volutamente più scuri e “sagomati”, con i soli occhi rossi a risaltare; non a caso nel gioco vengono chiamati Ombre. Tocco di classe, gli elementi in primo piano che spesso ci scorrono davanti agli occhi e rafforzano l'impressione di trovarci in un ambiente reale. Insomma, i paesaggi decadenti sono altamente suggestivi, ed il tutto é sottolineato da un particolare filtro video che tende a “sdoppiare” i colori come accadeva con i vecchi tubi catodici degli anni ‘70 e ‘80, a sottolineare forse la collocazione temporale degli avvenimenti (il gioco si svolge a metà del 1986). L'effetto di tale filtro si accentua, diventando davvero fastidioso, quando il protagonista é affaticato dalla corsa o dall'utilizzo di oggetti contundenti. La cosa é voluta ma nondimeno irritante.
Allo stesso modo, le animazioni sono estremamente curate e realistiche, ma oltre ad un lieve difetto nelle interpolazioni (a volte i personaggi cambiano posizione di scatto) i movimenti risultano lenti durante gli scontri corpo a corpo, soprattutto quando ci si affatica (e inizialmente bastano 3-4 colpi per avere il fiatone) e ciò rende il protagonista sin troppo vulnerabile. Probabilmente questo aspetto é voluto, per disincentivare il giocatore a combattere con armi melee in situazioni con più di 2-3 nemici, ma anche in questo caso appare una limitazione che favorendo il realismo visivo/concettuale va a castrare leggermente il gameplay facendolo virare troppo sul trial & error. Con le armi da fuoco la situazione non migliora molto: il puntamento con lo stick destro risulta poco fluido e presenta un consistente lag. Anche alcune mosse come la corsa ed il doppio salto soffrono di ritardi nella risposta o problemi di altro tipo: ad esempio il wall jump richiede di premere con parecchio anticipo il secondo salto assieme alla direzione opposta a quella del muro; ciò rende questa mossa piuttosto difficile e poco immediata, tanto da ricordarci l'infernale doppio salto di Chakan: The Forever Man che piantava in asso il giocatore se non veniva effettuato con grande anticipo e perfetto tempismo.
Tutti questi difetti tuttavia non intaccano più di tanto il valore finale del gioco, che risulta estremamente appassionante e coinvolgente. Questo non solo a causa delle meccaniche serrate che alternano enigmi ambientali a momenti ansiogeni, ma paradossalmente anche per merito delle succitate scelte di design, che talvolta mettono la rappresentazione scenica ed il realismo davanti alla giocabilità pura e semplice. La stessa trama, inizialmente molto banale, ci offre suggestive visioni e flashback del protagonista, svelando nelle ultime battute una profondità inaspettata e forti emozioni. La longevità é discreta in rapporto alla fascia di prezzo: il gioco si può portare a termine in poco più di 2 ore al netto degli errori compiuti; ma vista la quantità di morti “necessarie” a proseguire, il tempo praticamente si raddoppia raggiungendo le 4 ore circa. Inoltre i collectibles da sbloccare cercando negli ambienti sono molto interessanti: oggetti che si ricollegano alla trama e parti del diario che svelano il passato del protagonista, ma soprattutto tre “schiacciapensieri” in stile Game & Watch molto particolari e originali, completamente giocabili e con degli achievement collegati al loro punteggio.
Nota negativa per i filmati di intermezzo, realizzati in stile graphic novel ma animati davvero male e compressi ancora peggio; divertenti invece i nomi degli achievements, che si riferiscono ai titoli di note canzoni anni 70 e 80. Il sonoro ci offre effetti e discreti e buone musiche, mentre la localizzazione italiana dei testi é molto ben fatta sotto tutti gli aspetti. Un plauso particolare alla traduzione del diario di Wayne, ed all'avvertenza che troviamo all'inizio del gioco: “Non spegnete e non divorate la console durante i salvataggi”. Fantastico.