Doki-Doki Universe
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Nei romanzi di Isaac Asimov i robot forse non avevano un'anima, ma talvolta potevano essere più umani dei loro stessi creatori. Se oggi dilaga il malcostume di abbandonare o maltrattare gli animali, potremmo ipotizzare che in un prossimo futuro ciò accadrà anche con i robot. Oggi abbiamo solo alcuni semplici e buffi elettrodomestici o giocattoli robotici (basti pensare al Roomba ed all'Aibo) ma c'é da scommettere che tra qualche anno avremo i primi esemplari antropomorfi, magari da compagnia. E lì sorgeranno i dilemmi morali di chi vedrà un'umanità sopita all'interno della macchina: questioni già affrontate ampiamente dalla fantascienza più sfrenata.
Protagonista di Doki Doki Universe é proprio un robottino che viene abbandonato dalla sua famiglia, presumibilmente alla vigilia di una vacanza intergalattica. Il nostro metallico avatar viene lasciato a sé stesso su un minuscolo pianetucolo, in compagnia di uno strano palloncino rosso senziente. Passano giorni, mesi, anni ed ecco arrivare un piccolo alienino a bordo del suo disco volante il quale ci sveglia dal torpore robotico, facendoci rendere conto che dopo ben 35 anni difficilmente torneranno a prenderci. Ed é qui che parte la nostra avventura, dove vagando su strani pianeti (ce ne sono 20) e interagendo con oggetti e personaggi dovremo conquistare una perduta umanità, pena il riciclaggio robotico nell'apposita fabbrica.
Lo scopo del tutto é semplicemente quello di raggiungere diversi obbiettivi segnalati dal gioco, che di volta in volta ci vedranno impegnati a parlare con i personaggi ed interagire con essi in vario modo. Ad esempio dovremo salutare un determinato personaggio con una certa movenza, o regalargli un determinato oggetto, nonché spostare, lanciare o creare oggetti. Ogni pianeta é sostanzialmente una “stanza” che si sviluppa in orizzontale all'infinito (si ritorna sempre al punto di partenza) che potremo popolare a nostro piacimento con gli oggetti a nostra disposizione, la cui creazione ha comunque un costo in termini di creaturine pelose (la valuta del gioco).
A dirla tutta, DDU (letteralmente “Universo Batticuore”) somiglia ad una versione riveduta e corretta di Scribblenauts, dove però l'elemento plarformico é totalmente assente e la fisica ha un'importanza molto marginale. Il tutto ruota attorno all'interfaccia touch, dotata di un sistema ad icone molto intuitivo. Con lo schermo frontale potremo interagire, mentre col touch posteriore potremo fare dei movimenti che ci permetteranno di eseguire delle movenze particolari (ad esempio con sinistra+destra saluteremo con la mano, mentre facendo un cerchio manderemo un bacio). Il touch sarà utile anche per fare determinate scelte, come nei simpatici test di personalità che si trovano all'interno degli asteroidi, e che tracceranno un profilo dettagliato del giocatore.
Inutile dire che il gioco é estremamente singolare, infatti rifugge dalle logiche delle avventure grafiche tradizionali e dai puzzle game, risultando una sorta di sandbox tanto strano quanto (purtroppo) limitato. Si potrebbe ipotizzare che il gioco sia stato pensato con in mente un pubblico molto giovane, oseremmo dire infantile, ma la presenza di funzioni social (si possono ripubblicare sul proprio facebook le mail animate ricevute dai personaggi fittizi del gioco) e soprattutto i numerosi dialoghi siano esclusivamente testuali (e solo in inglese, aggiungiamo) rendono DDU impraticabile per i bambini, soprattutto quelli nostrani.
Ci sarebbe da dire che il gioco é costellato di piccole citazioni, sia visive, verbali o musicali. Ma la maggior parte di esse sono molto difficili da cogliere, tanto che sembrano degli “inside joke” dei programmatori a loro stesso uso e consumo. Ad esempio nelle schermate di caricamento e nella mappa a volte c'é un brano funky quasi identico al main theme del vecchio Toejam & Earl su Megadrive, titolo con cui tra l'altro condivide parte dello spirito umoristico/fantascientifico, con pianeti e personaggi stereotipati all'eccesso. Tra le altre cose abbiamo anche colto un riferimento ai Monty Python, ma non sappiamo quanto sia frutto del caso o sia voluto.
Tecnicamente parlando, il gioco adotta uno stile grafico naif piacevole seppur molto elementare. Tutto é in due dimensioni, ed il tratto ricorda i vecchi fumetti umoristici realizzati a mano oppure (tenetevi forte) le cartoline di auguri che si trovano negli appositi negozietti di gadget ultracostosi. Abbondano gli effetti di parallasse e le animazioni, ma l'impressione generale é che dal punto di vista tecnico e artistico tutto sia un po' scialbo, e che si riesca a raggiungere a malapena la sufficienza. Su Ps3 e Ps4 abbiamo una aggiornamento granitico a 60fps, mentre su Vita purtroppo ci sono diversi frangenti in cui il gioco perde colpi, nonostante la mole di elementi a video non sia poi elevata. Riguardo la differenza nei controlli delle tre versioni (ricordiamo che il gioco é venduto in crossbuy ed ha funzioni cross-save): semplicemente ciò che su Vita e Ps4 si può fare col touch, in versione Ps3 é gestito di volta in volta dall'analogico e dai tasti frontali; nel frattempo il retro-touch é emulato dallo stick destro in maniera piuttosto funzionale. Il sonoro ci offre musichette simpatiche ma piuttosto anonime, e come già accennato, la localizzazione italiana é totalmente assente.
Protagonista di Doki Doki Universe é proprio un robottino che viene abbandonato dalla sua famiglia, presumibilmente alla vigilia di una vacanza intergalattica. Il nostro metallico avatar viene lasciato a sé stesso su un minuscolo pianetucolo, in compagnia di uno strano palloncino rosso senziente. Passano giorni, mesi, anni ed ecco arrivare un piccolo alienino a bordo del suo disco volante il quale ci sveglia dal torpore robotico, facendoci rendere conto che dopo ben 35 anni difficilmente torneranno a prenderci. Ed é qui che parte la nostra avventura, dove vagando su strani pianeti (ce ne sono 20) e interagendo con oggetti e personaggi dovremo conquistare una perduta umanità, pena il riciclaggio robotico nell'apposita fabbrica.
Lo scopo del tutto é semplicemente quello di raggiungere diversi obbiettivi segnalati dal gioco, che di volta in volta ci vedranno impegnati a parlare con i personaggi ed interagire con essi in vario modo. Ad esempio dovremo salutare un determinato personaggio con una certa movenza, o regalargli un determinato oggetto, nonché spostare, lanciare o creare oggetti. Ogni pianeta é sostanzialmente una “stanza” che si sviluppa in orizzontale all'infinito (si ritorna sempre al punto di partenza) che potremo popolare a nostro piacimento con gli oggetti a nostra disposizione, la cui creazione ha comunque un costo in termini di creaturine pelose (la valuta del gioco).
A dirla tutta, DDU (letteralmente “Universo Batticuore”) somiglia ad una versione riveduta e corretta di Scribblenauts, dove però l'elemento plarformico é totalmente assente e la fisica ha un'importanza molto marginale. Il tutto ruota attorno all'interfaccia touch, dotata di un sistema ad icone molto intuitivo. Con lo schermo frontale potremo interagire, mentre col touch posteriore potremo fare dei movimenti che ci permetteranno di eseguire delle movenze particolari (ad esempio con sinistra+destra saluteremo con la mano, mentre facendo un cerchio manderemo un bacio). Il touch sarà utile anche per fare determinate scelte, come nei simpatici test di personalità che si trovano all'interno degli asteroidi, e che tracceranno un profilo dettagliato del giocatore.
Inutile dire che il gioco é estremamente singolare, infatti rifugge dalle logiche delle avventure grafiche tradizionali e dai puzzle game, risultando una sorta di sandbox tanto strano quanto (purtroppo) limitato. Si potrebbe ipotizzare che il gioco sia stato pensato con in mente un pubblico molto giovane, oseremmo dire infantile, ma la presenza di funzioni social (si possono ripubblicare sul proprio facebook le mail animate ricevute dai personaggi fittizi del gioco) e soprattutto i numerosi dialoghi siano esclusivamente testuali (e solo in inglese, aggiungiamo) rendono DDU impraticabile per i bambini, soprattutto quelli nostrani.
Ci sarebbe da dire che il gioco é costellato di piccole citazioni, sia visive, verbali o musicali. Ma la maggior parte di esse sono molto difficili da cogliere, tanto che sembrano degli “inside joke” dei programmatori a loro stesso uso e consumo. Ad esempio nelle schermate di caricamento e nella mappa a volte c'é un brano funky quasi identico al main theme del vecchio Toejam & Earl su Megadrive, titolo con cui tra l'altro condivide parte dello spirito umoristico/fantascientifico, con pianeti e personaggi stereotipati all'eccesso. Tra le altre cose abbiamo anche colto un riferimento ai Monty Python, ma non sappiamo quanto sia frutto del caso o sia voluto.
Tecnicamente parlando, il gioco adotta uno stile grafico naif piacevole seppur molto elementare. Tutto é in due dimensioni, ed il tratto ricorda i vecchi fumetti umoristici realizzati a mano oppure (tenetevi forte) le cartoline di auguri che si trovano negli appositi negozietti di gadget ultracostosi. Abbondano gli effetti di parallasse e le animazioni, ma l'impressione generale é che dal punto di vista tecnico e artistico tutto sia un po' scialbo, e che si riesca a raggiungere a malapena la sufficienza. Su Ps3 e Ps4 abbiamo una aggiornamento granitico a 60fps, mentre su Vita purtroppo ci sono diversi frangenti in cui il gioco perde colpi, nonostante la mole di elementi a video non sia poi elevata. Riguardo la differenza nei controlli delle tre versioni (ricordiamo che il gioco é venduto in crossbuy ed ha funzioni cross-save): semplicemente ciò che su Vita e Ps4 si può fare col touch, in versione Ps3 é gestito di volta in volta dall'analogico e dai tasti frontali; nel frattempo il retro-touch é emulato dallo stick destro in maniera piuttosto funzionale. Il sonoro ci offre musichette simpatiche ma piuttosto anonime, e come già accennato, la localizzazione italiana é totalmente assente.