Donkey Kong Country 2
di
Parenti serpenti e pure scimmioni
Un bel giorno lo scimmione più famoso della famiglia Nintendo se ne stava spaparanzato in spiaggia, facendo strage di banane, godendosi il caldo sole estivo e accompagnato da un motivetto di pessimo gusto emesso da uno stereo grande quanto la sua testa. Ma si sa, la quiete non ha nulla a che fare con chi suole definirsi un eroe (seppure non umano) e i rettiloidi seguaci del capitano K.Rool decidono di dedicarsi al sequestro di primate.
Donkey Kong cade pertanto nelle grinfie dei pirati-coccodrillo i quali come riscatto hanno l'ardire di chiedere indietro alla famiglia (in un bigliettino lasciato sul luogo del reato) le banane che tanta fatica hanno richiesto per essere raccolte.
Vuoi perché Cranky è un codardo e vorrebbe assecondare l'atto brigantesco, vuoi perché Wrinkly è un'anziana gorilla fuori età, fatto sta che l'impresa di portare in salvo il celebre parente spetta proprio ai giovani Diddy e Dixie, i due teneri e pelosi fidanzatini protagonisti indiscussi del secondo episodio di Donkey Kong Country, apparso per la prima volta (sviluppato da Rare, al tempo ancora sotto l'ala protettiva della grande enne) sul glorioso Super Famicom.
Non statevi a chiedere se questa sia una trama, la risposta ve la da il savio Cranky nel libretto d'istruzioni e d'altronde, altrove stanno i motivi per mettere le mani su questa cartuccia.
Kong- Fu, dal passato con furore
Per la stragrande maggioranza il platform in questione condivide esattamente le vicissitudini narrate e giocate nella cartuccia per il 16 bit Nintendo, ma vanta al suo interno anche alcune aggiunte degne di merito.
Ma procediamo con ordine e con la struttura del gioco, diviso in otto stage e di difficoltà crescente. La curva d'apprendimento fa sì che man mano che si procede, maggiore sarà l'impegno ed il fattore sfida (tuttavia sempre concentrato nelle possibilità umane). Concludere il titolo, infatti, non sarà certo la gesta suprema, ma dedicarsi ai mille segreti che Donkey Kong Country 2 contiene e dare forza alla propria curiosità saprà impegnare a lungo il videogiocatore alla ricerca del fatidico 100%. Macchine fotografiche (da consegnare a Wrinkly), piume dorate (da rilasciare all'avido Cranky), lettere Kong (da collezionare al fine di prendere una vita in più), livelli segreti (con le Kremonete come premio), Monete dell'Eroe (una per livello, per dimostrare ai vecchi i valori dei giovani gorilla): ogni luogo ed ogni livello ne è letteralmente costellato. Sul piano dell'originalità pur non sfigurando assolutamente, neppure alla sua uscita primigenia (1996) seppe stupire, al di là della ben implementata difficoltà e del dualismo ludico (con Dixie e Diddy lievemente contrassegnati da diverse abilità ed alternabili a piacimento). Di livello in livello si procede, come da copione, tra barili, memorizzando gli ostacoli (salti vari e postazioni nemiche) e magari cavalcando animali (utilizzando, fin quando la morfologia del livello lo permette, rane, pescispada, foche, pappagalli, serpenti, rinoceronti e ragni).
Dopo queste fatiche si arriva chiaramente ai boss di fine livello (da abbattere con buon bilancio di materia grigia e reazione coi tasti) ed all'ingresso dell'area successiva (queste le otto disponibili: la Plancia del Galeone, il Calderone di Rettili, il Molo Krem, il Kremland Park, la Radura Oscura, il Mondo perduto ed il Forte K.Rool).
Se nella sua totalità il gioco in analisi va annoverato tra i porting dal passato, vanno comunque annotati i minigiochi apportati a questa cartuccia del portatile della casa di Kyoto. Il primo, Diddy Dash, consiste in una rivisita delle aree esplorate in lotta col tempo e con se stessi (cercando in definitiva il record personale) o, in caso di collegamento multiplayer, in gara contro un amico; un secondo consiste in sezioni di volo contaminate di anelli da oltrepassare (Funky's flight), un terzo (Bag a Bug, destinato a dispetto degli altri alla sola modalità Single Player) consta nella cattura di lucciole e nell'evitare di essere spogliati del bottino di guerra (pardon, d'insetti) dalle mazzate di un indomito coccodrillo antropomorfico (Klubba) ed un quarto null'altro è che una corsa laterale fra quattro struzzi (da controllare con B nella corsa e con A nei salti): Expresso Racing.
Tutti minigiochi che non hanno alcuna pretesa se non quella di allargare le proposte ludiche del titolo.
Graficamente il titolo si dimostra con tinte più chiare e luminose della controparte 16 bit per, ovviamente, la trasposizione da schermo televisivo a display del Game Boy Advance; lo stile adottato dalla serie invece potrebbe, come già lo fece in passato, entusiasmare come lasciare indifferenti. Non altrettanto in balia del gusto sta il reparto sonoro, un vero gioiello di allegria, oggi come allora, davvero ben musicato e notevolmente accompagnato da tutti gli effetti sonori con motivetti che ci si ritrova a fischiettare in casa con quanta più spensieratezza possibile. A livello di composizioni rimane all'altezza del passato (giacché immutato), ma la debolezza non sta nei pentagrammi, semmai nella riproduzione portatile.
In definitiva Donkey Kong Country 2 si presenta sì come un valido platform (degno d'esser giocato ed esplorato), ma pur sempre come uno degli ormai innumerevoli ritorni al passato. Invero potrebbe fare la gioia dei più accaniti "afficionados" della serie (che certamente vanta un nutrito numero di fan) o magari di quanti, pur possedendolo su Super Nintendo, abbiano voglia di portarselo a spasso, ovunque e comunque.
In questi casi tuttavia a chi il titolo potrebbe essere rivolto maggiormente se non a quanti, interessati ora, se lo siano persi nei fasti giorni andati dell'era 16 bit?
Se girate la medaglia avrete anche l'altra risposta: i minigiochi da soli non valgono, per chi ha già giocato il secondo esponente Country, un secondo acquisto.