Double Dragon Gaiden: Rise of the Dragons, conflitto di interessi - Recensione PC
La recensione di Double Dragon Gaiden: Rise of the Dragons, che cerca rilanciare e rinnovare la saga con una nuova filosofia roguelike. Sarà stata la scelta giusta?
Due settimane fa vi abbiamo parlato della nostra (breve) prova in anteprima di Double Dragon Gaiden: Rise of the Dragons. In questi giorni abbiamo approfondito l’argomento e siamo ora pronti a darvi il verdetto finale sulla nuova incarnazione del beat’em up di Secret Base e Modus Games, disponibile su PC, Nintendo Switch, PlayStation 4 e 5, Xbox One e Series X|S.
Saziarsi con l'antipasto
A essere onesti non c’è molto da aggiungere rispetto a quanto già detto: il sistema di combattimento è preciso, puntuale, reattivo, e ancora più divertente ora che ci abbiamo preso la mano; il roster di lottatori da sbloccare è abbastanza variegato e interessante da utilizzare, ma restiamo dell’idea che Marian con i suoi attacchi a distanza e personaggi con generosi AOE come Abobo risultino di gran lunga più efficaci rispetto alla concorrenza; la pixellosa e colorata veste grafica funziona, è ben animata, ricca di dettagli e non troviamo così aberrante lo stile “chibi” (poi son gusti NdR).
Diciamo che i 90 minuti dell’anteprima si sono rivelati più che sufficienti per avere un’idea piuttosto chiara delle potenzialità del titolo, eccetto un punto in particolare, forse il più importante: la contaminazione roguelite avrà giovato la classica formula arcade? La risposta purtroppo è no.
Vendersi male
L’impressione è che con il passare del tempo le due anime di Double Dragon Gaiden inizino a pestarsi i piedi a vicenda, anziché supportarsi l’un l’altra: come arcade i livelli sono troppo lunghi e dal ritmo incostante, come rogue non c’è materiale sufficiente per invogliare il giocatore a ripetere l’esperienza numerose volte.
Gli stage sono 4, ognuno composto da 3 segmenti, ciò significa che bastano 2 cicli per vedere tutti i contenuti, compresi entrambi gli epiloghi. Vero, se si punta ai trofei delle gang e a provare l’intero cast il numero di iterazioni sale almeno a 7, sebbene si stiano ripercorrendo le solite aree, con gli stessi nemici e i medesimi pattern; il senso di già visto si fa presto invadente.
La campagna in realtà non è così longeva. Anche prendendo parte al quinto livello opzionale (poco più di un corridoio fino al boss finale) basta un’oretta per arrivare ai titoli di coda, ma la progressione è resa farraginosa dalle continue interruzioni delle orde di nemici, stanza dopo stanza, che saltano fuori a gruppetti da 2 a 5 elementi anziché sciamare sullo schermo. I continui “gauntlet” sono uno dei tratti distintivi del genere; tuttavia, la cosa si fa monotona quando si devono respingere decine di ondate ogni volta che si varca una soglia (con l'azione che si ferma tra l’altro dopo ogni combo da 3 o più eliminazioni).
È una soluzione artificiosa, e prolunga la longevità a discapito del coinvolgimento del giocatore. Forse sarebbe stato meglio investire più risorse in percorsi alternativi o espedienti per cambiare un po' la musica, magari approfittando della natura “rogue” del titolo. E invece l’unico dettaglio procedurale è una selezione di power-up in cui investire il denaro accumulato al termine di ciascun round; migliorie secche, semplici numeri e percentuali che non modificano il parco mosse dei personaggi né il modo di approcciarsi ai combattimenti.