Dragon's Crown
Se avete posseduto una Playstation 3 o una Playstation Vita nel lontano 2013, è difficile che non abbiate sentito perlomeno parlare di Dragon's Crown. Lontano dall'essere un titolo mainstream o tripla A, il gioiellino Vanillaware (Odin Sphere, Murasama: The Demon Blade) è riuscito comunque a guadagnarsi un ampio spazio sulle stampa specializzata (e sui vari social) sia per i propri indiscutibili meriti che per le varie polemiche riguardanti un art design “velatamente” sessista.
Beat'em up a scorrimento orizzontale, Dragon's Crown si caratterizza per un sapore retrò da sala giochi, erede spirituale e omaggio a titoli come Dungeons & Dragons: Tower of Doom, Shadow over Mystara, e King of Dragons nel suo stile di gioco e nel suo pescare a piene mani dal fantasy più classico. Il giocatore, a comando di uno fra sei personaggi differenti (Guerriero, Nano, Amazzone, Strega, Elfa e Mago) sarà chiamato a viverne il “cursus honorum” da giovane avventuriero attraverso varie quest da novizio di gilda fino ad eroe salvatore del regno da un antico male -passando ovviamente per intrighi di palazzo e principesse in pericolo.
Il tutto è seguito da una rassicurante voce narrante capace di accompagnare allo stesso modo dialoghi con i vari PNG, descrizioni dei ricchissimi ambienti, ed eventi di combattimento. Sembra, insomma, di essere tornati al tavolo da gioco pronti a tirare d20 e Dragons' Crown espande la formula dei già citati titoli appartenenti al brand D&D attraverso una serie di meccaniche più tipiche del gioco di ruolo da tavolo. La via principale della capitale diviene qui l'hub centrale che prosegue, sempre a scorrimento orizzontale, dalla porta della taverna fino all'aperta campagna e alle stalle da cui proseguire per i vari stage -passando ovviamente davanti a castello, negozi e gilda degli avventurieri.
La sessione tipica di Dragon's Crown inizia come una avventura in un GDR da tavolo, ovvero reclutando un baldo manipolo di compagni avventurieri alla taverna; le sei classi disponibili si traducono infatti in altrettanti stili di gioco e leggere differenze meccaniche che incoraggiano la costruzione di un party equilibrato, per quanto la meccanica di base del gioco, quella dell'azione beat'em up, rimanga invariata che si scelga di impersonare un'amazzone o una strega (sconfiggendo non morti e goblin a colpi di sfere infuocate piuttosto che a colpi d'ascia).
C'è tuttavia del metodo in questa azione: grazie ad un level design più che intelligente e per nulla lineare, Dragons' Crown traduce su console quell'elemento più volatile e difficile definizione tipico del gioco da tavolo, ovvero la volontà di contestualizzare e creare scene coerenti. Boschi, labirinti e catacombe sono qui non solo sfondi ma componenti di un gameplay sottile capace di riservare numerose sorprese, come ad esempio gli incantesimi di fuoco inutili nelle caverne dove l'acqua arriva alle ginocchia ma inestimabile fonte di luce all'interno di catacombe. O le torce sui muri, armi mediocri da impugnare ma la cui luce è in grado di tenere a bada fantasmi e nemici minori.
Le boss fight sono i punti dove questa caratteristica diviene più evidente: lontani dal semplice button mashing, i numerosi incontri finali dei vari stage di Dragon's Crown si caratterizzano quasi sempre per qualche peculiarità strategica, anche considerate le forti componenti di GdR del titolo. Il combattimento con una vampiressa, ad esempio, diviene improvvisamente più complesso se il party ha deciso di liberare e portare con se alcune fanciulle catturate: un morso della avvenente contessa e anche esse stesse si trasformeranno in vampiri da abbattere moltiplicando così il numero di nemici su schermo.
Gli esempi potrebbero proseguire a lungo, anche citando la possibilità che boss feriti riescano in qualche modo a scappare o ad essere sconfitti da hazard ambientali (come soffitti o pavimenti pericolanti), dando origine a bivi e percorsi alternativi capaci di portare a conclusioni meno che ottimali per ogni avventura.
Dragon's Crown, insomma, rappresenta la moderna incarnazione (ed entro certi limiti, un indiscutibili apice) di un genere che, grazie al suo gameplay immediato e più che soddisfacente, ha contribuito per anni al successo delle sale giochi e delle prime console casalinghe. Per un maggiore approfondimento sulle meccaniche di gioco rimando alle recensioni originali delle precedenti versioni; il porting Playstation 4 (denominato Dragon's Crown Pro) è dal punto di vista del gameplay sostanzialmente invariato; i margini di miglioramento erano pressoché nulli, e forse l'unica aggiunta gradita sarebbe stata la possibilità di una chat vocale durante l'online.
Su Playstation 4, se non altro, la possibilità di inserire la modalità stand-by durante le pause fra uno stage e l'altro contribuisce ad avvicinare l'esperienza da salotto a quella fruizione in pillole tipica dell'esperienza handheld sulla Vita -una possibilità più che gradita durante l'endgame- dove il gioco premia con maggiori ricompense le catene di quest effettuate senza tornare all'hub centrale. Confermata anche la piena compatibilità con le sue due versioni precedenti sia per quanto riguarda il cross-save che la possibilità di giocare online con i possessori di una copia di Dragon's Crown per Vita o Playstation 3.
Dal punto di vista tecnico questa versione Pro arriva impreziosita da una serie di elementi non da poco: una colonna sonora orchestrata, ad esempio, e l'aggiunta della traccia audio originale giapponese (più i vari DLC pack dedicati alle voci narranti dei sei personaggi) completano il comparto audio. Graficamente, il supporto per l'alta definizione (fino a 4k) contribuisce ad esaltare il tipico stile “olio su tela” di George Kamitani, rendendo Dragon's Crown Pro la versione definitiva per chiunque abbia apprezzato (o voglia apprezzare) questo titolo.
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Redazione