Dragon's Dogma: Dark Arisen
Poco più di cinque anni fa, uno sconosciuto action-RPG chiamato Dragon's Dogma fece la sua comparsa sulle console di allora, lasciando una immagine indelebile nelle menti dei giocatori che ebbero occasione di provarlo.
Dragon's Dogma venne paragonato ai grandi colossi dell'epoca come Skyrim per l'open world, o Dark Souls per il rapporto con lore e narrazione; sono colossi contro i quali si trovò a dover spartire il mercato (uscendone da sconfitto dalla porta sul retro), anche se allo stesso tempo riuscì a costruirsi una identità così forte da produrre un MMORPG e un fandom che ancora oggi ne invoca a gran nome un seguito.
Oggi Dragon's Dogma arriva sulle nostre console col la remastered della sua versione perfezionata "Dark Arisen", per riproporre ai giocatori moderni la possibilità di calarsi in una delle migliori esperienze action open world mai esistite -e per ricordare, come ogni remastered che si rispetti, che i capolavori invecchiano sempre come del buon vino.
Dragon's Dogma pone il giocatore nei panni dell'Arisen, protagonista customizzabile e silenzioso, sempre e ancora alla ricerca del proprio cuore battente e perduto -strappato e divorato dal drago che ha attaccato il suo villaggio parlando di profezie e destino. Trattandosi di un gioco stagionato, non aspettatevi una review infarcita di fini dettagli di gioco, dato che per quanto riguarda meccaniche e controlli il titolo rimane praticamente uguale alla sua versione originale -si tratta, molto semplicemente, degli stessi identici contenuti forniti nella prima release di Dark Arisen uscita un anno dopo il gioco base (con la triste mancanza delle armature ispirate al manga di Berserk, inserite allora come promozione per il film di animazione e assenti oggi per licenze non rinnovate).
Si tratta di un titolo tanto affascinante ed immersivo oggi come allora, con una formula difficile da non apprezzare e bel valida il prezzo odierno che ancora si attesta attorno alla trentina di Euro. Per dirla semplicemente: non si tratta di un titolo tecnicamente innovativo, ma più che capace di resistere al passare del tempo e di meritarsi un posto sullo scaffale di qualsiasi appassionato del genere. Quello che rende Dragon's Dogma: Dark Arisen speciale è il suo modo di lasciare completa libertà al giocatore, approcciando i diversi problemi e incontri in diverse modalità.
I cambi di classe da arciere, combattente e mago (più altrettante classi avanzate e un altro terzetto di classi "ibride")? Disponibili quasi in qualsiasi locanda, così come niente impedisce al giocatore determinato di esplorare ogni angolo del mondo fin dalle prime ore di gioco. Lo stesso elemento di apertura potrebbe sembrare un difetto, di fronte a giocatori più orientati alla storia o in necessità di un filo rosso che sappia guidarne le lunghe ore di gioco: lamentarsi della grandezza di un mondo potrebbe sembrare eccessivo (specialmente in casi come quello di Dark Arisen, dove ogni angolo è lontano dall'essere vuoto di contenuti o esteticamente blando), ma è innegabile che il punto focale dell'open world di Dragon's Dogma sia in particolare il ritmo dell'esplorazione.
Al principio ogni passo è appagante ma istintivo, grazie al loot lasciato dai nemici e ai punti esperienza (e grazie anche a un numero pressoché infinito di ingredienti e oggetti da scovare in ogni pertugio); mano a mano che le destinazioni, quest e marker iniziano ad accumularsi sulla mappa e nel mezzo del nulla, le avventure degne di questo nome iniziano a generarsi organicamente.
Una lanterna che finisce l'olio durante un viaggio nel cuore della notte, scatenando un attacco di morti viventi.
Un commento casuale di uno dei compagni che invita a controllare dietro una cascata, scoprendo un dungeon allagato.
Saltare ed aggrapparsi alla coda di un grifone in picchiata, per cercarne la giugulare prima di essere trascinati in volo.
Paradossalmente, così come nella formula dei Dark Souls è questo il segreto della memorabilità di Dragons' Dogma: al netto del suo ricco lore (a metà fra fantasy europeo, draghi maestosi e filosofeggianti e tematiche di ciclicità e rinascita), il suo è un mondo pericolosamente enorme e profondo che non aspetta che di ricompensare il giocatore intuitivo. E' un titolo che permette al giocatore di fare le proprie scelte e di tracciare i propri sentieri con gli strumenti a disposizione, con una difficoltà che per quanto a volte impossibile è in realtà sempre orientata ad un senso di progressione e di appagante realismo.
Ogni cosa scala gradualmente di proporzioni al procedere nel gioco (fino ad uno dei combattimenti finali più epici nella storia dei videogiochi); il gameplay stesso spinge il giocatore a provare nuove combinazioni di classi e armi rivelandosi in strati su strati (come le moltitudini di effetti di gioco dovuti, non scherzo, alla corporatura del personaggio -alto, basso, magro o grosso che sia) evitando di stagnare nella sua stessa grandezza -dove le pedine, avatar degli altri giocatori online, mostrano la conoscenza acquisita nelle partite altrui dettando ordini e strategie in battaglia, raccogliendo oggetti o fornendo consigli lungo i viaggi.
Sul piano tecnico, Dragon's Dogma Dark Arisen è su Playstation 4 tutto quello che era sulla Playstation 3: una grafica meno "sporca", un framerate più stabile (ma sempre lontano dai 60 fps) e degli effetti sonori migliorati sono gli unici segni di un upgrade tecnico. Nel bene e nel male il titolo chiaramente non regge il paragone con altri esemplari di questa generazione, ma la sua grandezza e spettacolarità aiutano moltissimo nel superare lo scoglio del lato meramente sensoriale.
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Redazione