Dragon’s Lair 3D

di Simone 'C.D.' Bianchini

La azioni eseguibili dal nostro valoroso cavaliere sono numerose, tuttavia, riposto nel dimenticatoio il lock-on automatico sui bersagli perché moderatamente inutile e la visuale in prima persona decisamente accessoria, presto si scopre che l'utilizzo di ognuna di esse è subordinato a precise situazioni che non potrebbero essere affrontate altrimenti, per esempio con un briciolo di iniziativa e un po' di fantasia. Così si rotola un paio di volte dove qualcuno ha sbadatamente lasciato nel muro una apertura della metà della nostra altezza che conduce ad una stanza zeppa di tesori (guarda tu il caso), si utilizza la balestra per azionare quella leva altrimenti irraggiungibile al di là del torrente di lava e così via, mentre si fa fuori qualche mostriciattolo con una meccanica pressione ripetuta del tasto ';A' senza stare troppo a pensarci su, giusto per aprirsi la strada. Non che questo sia un male, beninteso. L'interruttore è sempre dalla parte opposta rispetto alla porta serrata e gli enigmi, talvolta celati dalla struttura architettonica del livello e magari non proprio intuitivi alla prima occhiata, sono sempre di una banalità disarmante all'atto pratico della risoluzione.

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Se però avete avuto l'impressione che stessi descrivendo un gioco facile, toglietevelo dalla testa. Dragon's Lair è esattamente come il suo predecessore, di cui è uno spin-off eccezionale, ai limiti della conversione. Molto semplicemente è difficilissimo, per la totale mancanza di punti di riferimento che possano dare modo al giocatore di caomprendere cosa fare almeno qualche secondo prima di doverlo fare. E la sua particolare struttura a camere stagne, dove ad ogni nuova locazione corrispondono dei trabocchetti diversi ne fa un monumento alla filosofia originaria dell'arcade e contemporaneamente un prodotto assai avanguardistico, per la contemporanea presenza di continue infiniti. Niente vite, niente limiti di tempo, i ragazzi della Dragonstone volevano rendere questo titolo se non altro abbordabile dal punto di vista del livello di difficoltà. Ad ogni dipartita tutto ciò che separa il giocatore dal principio del livello è solo una esilarante scenetta che fa il verso a quelle leggendarie del vecchio coin-op, tendente a sottolineare la fine non proprio piacevole che abbiamo appena fatto fare al nostro eroe. E si è subito pronti a ricominciare. Lo scopo non è evitare di morire, quanto piuttosto il cercare di trovare un indizio utile a completare l'enigma di turno, porta da aprire, interruttore da attivare, piattaforma semovibile da mettere in moto che sia, sacrificandosi nel tentativo di farlo. Il resto è tutta memoria e la perseveranza è l'unica arma su cui si possa contare per scardinare le drammatiche insidie di ogni stanza/stage.

Qui viene fuori la vera essenza di questo sequel, che è un vero e proprio tributo al gameplay fisiologicamente ripetitivo del lasergame originale, capace di mantenerne inalterata l'imperturbabile linearità, la scarsa varietà ma anche l'elevato livello di tensione che può scaturire dall'affrontare l'ennesimo trabocchetto, di cui si sospetta l'esistenza, ma del quale non si conoscono né la natura, né tantomeno le contromisure adottabili.
Almeno fino al prossimo tentativo. La longevità di un simile concept è garantita, sempre che abbiate intenzione di scendere a compromessi con la singolare esperienza di gioco architettata dai game designers, da oltre duecento diverse stanze che andranno affrontate in rigoroso ordine, ognuna con i propri ostacoli tutti da scoprire. Anche dal punto di vista grafico Return to the lair fa di tutto per ricalcare le linee guida dettate da Don Bluth nel 1983, riproponendo le medesime ambientazioni dell'originale e presentandole attraverso una regia altamente citazionista. I poligoni gettati a video non sono esattamente una miriade e gli effetti speciali latitano, ma il motore grafico fa il suo dovere ricreando alla perfezione, anche per mezzo di un misurato cel shading, l'atmosfera del titolo originale. Giusto le animazioni potrebbero essere un poco meno legnose anche in considerazione della grande cura riposta nella produzione del vecchio cortometraggio che poteva contare su una qualità decisamente sopra la media. Inoltre questa mancanza di duttilità nei movimenti del protagonista fa sì che i suoi spostamenti risultino sempre un poco goffi e difficilmente calibrabili, fattore che rende decisamente difficili alcuni passaggi in cui viene richiesto di compiere salti millimetrici in un lasso di tempo infinitesimale, con relativo scoramento del giocatore. La colonna sonora è assolutamente altalenante e accosta fasi di anonimato più assoluto ad ottimi temi orchestrali in grado di sottolineare efficacemente l'ascesa di Dirk all'interno del castello dimora dell'odiato drago.

Puerile l'implementazione degli effetti sonori, assolutamente evanescenti, tra i quali spiccano solo il parlato di Daphne spesso intenta a darvi preziose quanto sporadiche informazioni in game e qualche e qualche sound effect proveniente direttamente dal coin-op. Quest'ultima incarnazione del leggendario Dragon's Lair non potrà che fare piacere a chi a suo tempo ebbe modo di apprezzare il cabinato originale per via della sua meticolosità nel riprodurne fedelmente personaggi, situazioni e meccaniche di gioco nei limiti della nuova impostazione platform-oriented. Proprio per questo mi sento di consigliarlo a tutti i fan della serie per i quali potrebbe rivelarsi assai evocativo ed inaspettatamente divertente. Al contrario tutti quelli alla ricerca di un buon gioco d'azione tridimensionale arricchito con elementi platform possono rivolgersi altrove, perché si ritroverebbero di fronte ad un titolo atipico, con alcune potenzialità solo parzialmente sfruttate e generalmente mediocre.

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