Drakengard
di
L'impero si è mosso minaccioso contro l'ultima roccaforte dell'Unione, la fortezza difesa dalla mano divina di Furiae e dalla spada furente del fratello di lei: Caim, principe ereditario e poco illuminato. Cosa bramino le truppe imperiali si sa, il perché un pilastro dell'ordine mondiale come la celeste Furiae debba essere soppresso rimane un mistero che richiede d'essere svelato. Durante l'assedio Caim viene ferito a morte sul campo, ciononostante egli continua a combattere fino all'ultimo respiro, deciso com'è ad infrangere nelle carni nemiche la sua insaziabile spada. Giunto nel cortile del castello gli si presenta davanti agli increduli occhi un tetro panorama: il corpo agonizzante di un imponente dragone. I due sono parimenti combattuti da un dilemma: se sia giusto per Caim vivere o vendicarsi dei regali genitori uccisi da un drago; se sia ragionevole per il rettile mitologico fuggire la morte o rifiutare l'alleanza con un debole esponente della stirpe d'Adamo. Alla fine, spinti entrambi dal desiderio di continuare a calcare la terra e la volta celeste, scendono ad un patto: condividere un'anima ed una vita in due corpi. Il prezzo da pagare sarà altissimo giacché morto uno anche l'altro perirà e Caim, con un tatuaggio sulla lingua a dimostrarlo, scoprirà ben presto di essere stato privato della parola.
La trama di Drakengard, benché si sviluppi a rilento e sia caratterizzata da una ormai abusata tinta dark (denotabile tanto nel character design quanto nell'intero background artistico), è senz'altro affascinante ed è distribuita in tredici capitoli narrativi (ciascuno ritmato dalla presenza di magistrali FMV e da un buon doppiaggio anglosassone). Le note, le arie ed i cori che accompagnano le gesta di Caim, Furiae, il fidanzato-bardo di lei (il poco simpatico Inuart) ed il sommo sacerdote Verdelet sono sì ben orchestrate ma stancano ben presto gli orecchi che più esigono meraviglia e varietà (un maggior numero di tracce sonore, davvero troppo poche, avrebbe forse ovviato in meglio). Il mondo teatro di queste epiche gesta si ispira ad un non meglio precisato Medioevo occidentale, con plumbei ed insanguinati cieli (sovrastanti desolati panorami), con esseri fatati (non mancherà una visita al villaggio degli elfi) e soprattutto con battaglie a non finire (cliché dei cliché). I modelli dei protagonisti principali e del bestiario più evoluto sono composti da un buon numero di poligoni e texturizzati a dovere (altalenanti invece nelle animazioni), mentre le file nemiche più comuni sono meno curate e, ahinoi, abusate nelle apparizioni (le battaglie campali offrono eserciti i cui membri sono l'uno la fotocopia dell'altro). Vaste e ben cromate risultano essere le ambientazioni, le quali però hanno il fianco scoperto in quanto disadorne di particolari ed effetti atmosferici di contorno ("fogging" mascherante nelle distanze a parte, che invero pregio non è).
Ludicamente il titolo Square Enix si presenta in un dualismo che si riassume in due diversi battle system e mezzi di locomozione. Drakengard, miscelando in un gioco solo diversi generi, alterna in maniera appropriata sezioni a piedi con sezioni eteree. Nel caso in cui Caim si ritrovi da solo a fronteggiare centinaia di nemici dovrà servirsi delle lame a sua disposizione (il numero totale dell'armamentario, evolvibile, raggiunge la cifra sessantaquattro) e dell'arte magica (alcuni nemici ne sono tuttavia immuni). Tali frangenti ricordano da vicino titoli dalle fattezze caotiche di Dynasty Warriors e sono tutti contraddistinti da un fattore negativo: la ripetitività, a lungo andare, delle azioni svolte.