Dreamfall: The Longest Journey

Dreamfall The Longest Journey
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Il viaggio più lungo... l'espressione può riferirsi alla vita umana, fragile, facilmente interrotta, ma in fondo nemmeno così passeggera quando è concesso di viverla fino in fondo; da giovani è quasi impossibile farsi un'idea della fase calante della propria esistenza, ma non si può escludere che ad un certo punto, di fronte al logoramento del tempo, la voglia di tenersi aggrappati a questo mondo si possa affievolire, nella preparazione naturale al momento del passaggio. Passaggio per dove? A nessuno è dato di conoscere, ma tutti proprio tutti, anche chi preferisce arroccarsi inflessibilmente dietro la scorza razionale - covano la speranza che proprio quando il sentiero pare interrompersi nel mare del nulla, giunga l'ora di salpare per il vero longest journey.
La ventenne Zoe Castillo, al principio di Dreamfall, è come si suol dire "più di là che di qua"; un coma profondo la separa da una stanza d'ospedale e dall'amore di un padre in attesa, ma il giocatore\spettatore può sentire la sua voce narrante, che dall'alto di un'esperienza extra-corporea si accinge a raccontare gli eventi del recente passato.
Eventi che le permettono di non nutrire incertezze riguardo l'esistenza di piani alternativi della realtà, che le hanno regalano un obbiettivo importante da perseguire, che l'hanno coinvolta in un intrigo involuto fatto di tecnologia informatica e predestinazione.

Nel futuro fanta-tecnologico di Zoe, droga e degrado rappresentano ancora una triste realtà
Nel futuro fanta-tecnologico di Zoe, droga e degrado rappresentano ancora una triste realtà
La protagonista avrà accesso a strani mondi paralleli; eccola in un oscuro lago sotterraneo
La protagonista avrà accesso a strani mondi paralleli; eccola in un oscuro lago sotterraneo
April Ryan in posa sotto la neve, sullo sfondo di uno scorcio cittadino invernale
April Ryan in posa sotto la neve, sullo sfondo di uno scorcio cittadino invernale

Dreamfall si presenta con il biglietto da visita di avventura grafica in accezione moderna, non solo perchè allestito su uno scenario inequivocabilmente fantascientifico e visionario ma anche e sopratutto per l'impostazione arcade dell'interfaccia.
A dispetto di ciò che il sistema di controllo in stile action basato sulla possibilità di libero movimento negli ambienti 3d e l'origine da avventura grafica dura e pura potrebbero suggerire in un primo momento, il gameplay appare ridotto all'osso. I puzzle proposti non arrivano in nessun frangente a richiedere ragionamento laterale, spiccate doti intuitive o abilità enigmistiche, tenendosi sul semplificato anche per quanto concerne la gestione di un inventario limitato; la sequenza delle azioni da compiere seguirà sempre un evidente filo logico, dando adito a rarissime, trascurabili occasioni di stallo (si pensi come innocente esempio alla necessità di utilizzare il proprio strumento di hacking direttamente su un monitor, anzichè sull'eventuale computer o centralina di controllo di cui si ricerca invano la presenza). Il resto dell'offerta puramente ludica è rappresentato da ricorrenti fasi stealth e da sporadiche sessioni di combattimento, attività fondate su meccaniche superficiali che paiono fungere da mero riempitivo negli intermezzi dello sviluppo narrativo; basti pensare alla lentissima camminata furtiva - l'unica abilità d'infiltrazione a propria disposizione, per giunta causa di noiosi cali di ritmo - o agli scambi di colpi e parate nella lotta corpo a corpo, approssimativi nelle collisioni, legnosi e poco divertenti.

Kian, il monaco guerriero, testimonia la gradevole modellazione dei personaggi
Kian, il monaco guerriero, testimonia la gradevole modellazione dei personaggi
I combattimenti, legnosi e monotoni, costituiscono la parte meno riuscita del gameplay
I combattimenti, legnosi e monotoni, costituiscono la parte meno riuscita del gameplay
L'interfaccia risulta semplice e molto intuitiva, ma forse poco reattiva nell'utilizzo
L'interfaccia risulta semplice e molto intuitiva, ma forse poco reattiva nell'utilizzo

Una simile mancanza di significativi spunti di giocabilità è mitigata dal principale intento di Dreamfall, quello di narrare una storia intricata, stimolante ma soprattutto impreziosita dalla cura nella definizione della personalità dei protagonisti; il mezzo privilegiato dell'approfondimento sono i dialoghi, lontani dalla stringatezza funzionale o dal superficiale tono umoristico a cui molte avventure grafiche recenti ci hanno abituato.
Le conversazioni, scritte seguendo criteri di verosimiglianza e autenticità, potrebbero tranquillamente rivaleggiare con quanto generalmente proposto in un buon romanzo o in un buon film, rivelandosi in grado di svelare in maniera sottile, quasi implicita, le sfumature caratteriali degli interlocutori e di intrattenere piacevolmente l'ascoltatore anche quando protratte per una decina di minuti; venire a conoscenza della piccola crisi esistenziale della giovane Zoe Castillo o delle coraggiose scelte di vita della rediviva Apryl Ryan diventa un processo quasi naturale, a beneficio dell'immedesimazione. Positivo l'inserimento di alcune opzioni di scelta multipla, sulla falsariga di Fahrenheit; rimane comunque impossibile alterare in maniera concreta gli sviluppi della vicenda, dato che il solo risultato ottenibile sono variazioni sul tema sfocianti nelle medesime conseguenze. Purtroppo l'adattamento in italiano non è riuscito a riproporre integralmente la notevole qualità del lavoro di doppiaggio originale; il livello generale della recitazione si mantiene ad ogni modo più che discreto, l'espressività e l'intonazione generalmente convincono, ma è andato completamente perduto ogni "filtro contestuale", in particolare l'effetto di distorsione associato alle voci radiotelevisive, robotiche e sovrannaturali: l'audio può apparire "delocalizzato" rispetto agli eventi su schermo, perdendo così di incisività.

Un altro limite parziale all'espressività di Dreamfall deriva dall'impianto tecnologico poco evoluto; il character design, per quanto gradevole dal punto di vista dell'immagine statica, soffre di una certa obsolescenza in particolare nel reparto animazioni. Se il movimento dei modelli poligonali, per quanto tendenzialmente rigido e poco fluido, può passare in secondo piano senza troppi rimpianti, i volti umani immobilizzati nella stessa espressione neutra - se si escludono casi remoti di sopracciglia inarcate o di alzate d'occhi al cielo - compromettono la comunicazione esteriore dei sentimenti e di riflesso la totale partecipazione emotiva dell'osservatore.
Rimanendo sul fattore estetico, le varie locazioni mostrano un look pulito e gradevole, una tavolozza di colori brillante, un design sobrio ma ispirato; d'altro canto, la semplicità delle architetture, la vuotezza di molti ambienti ed una altalenante cura nella resa degli interni si addicono più ad un Xbox mediamente sfruttato che ad un hardware PC performante.

I dialoghi presentano talvolta interessanti opzioni di scelta multipla, mai determinanti
I dialoghi presentano talvolta interessanti opzioni di scelta multipla, mai determinanti
La fasi di infiltrazione pseudo-stealth sono ricorrenti, spesso occorrerà travestirsi
La fasi di infiltrazione pseudo-stealth sono ricorrenti, spesso occorrerà travestirsi
Ambientazioni particolarmente estese rivelano un dettaglio poligonale solo modesto
Ambientazioni particolarmente estese rivelano un dettaglio poligonale solo modesto
Dreamfall: The Longest Journey
7

Voto

Redazione

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Dreamfall: The Longest Journey

Dreamfall lascia il lavoro a metà, dimostrandosi tanto pregevole dal punto di vista della narrazione quanto insignificante sul piano del gameplay. Le fasi puramente giocabili rivestono un ruolo marginale, alternando un puzzle solving elementare ma gradevole a sessioni stealth e combattimenti che di divertente hanno ben poco; di contro, una storia orchestrata con maestria, dialoghi maturi e personaggi dal notevole spessore psicologico non possono che riscuotere pieno consenso, assurgendo al grado di metro di paragone per i futuri esponenti del genere adventure. Ulteriori fattori, quali un finale fin troppo "aperto" e una cura estetica modesta il rimpianto maggiore riguarda l'assenza di animazioni facciali, che compromette la comunicazione emotiva finiscono per trasformare un potenziale capolavoro assoluto in un titolo solo parzialmente riuscito.

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