Drive on Moscow

di Marco Modugno

L’aspetto è quello di un ibrido tra un Risiko, o un Axis & Allies evoluto e un war game da tavolo anni Novanta, di quelli con mappa a esagoni e partite interminabili, che finivano per monopolizzare il tavolo da pranzo del soggiorno per settimane. O di un gioco pensato per il tablet (cosa che infatti è). Un approccio minimalista, quindi, ricercato e voluto, che prescinde da qualsiasi effetto grafico accattivante per principio, al punto che probabilmente, se non fosse per un’intelligenza artificiale che s’intuisce malevola e astuta sin dalle prime battute, il gioco potrebbe girare alla grande su un Pentium di prima generazione.

Colonna sonora limitata quindi alla solita marcetta che accompagna il menu, a qualche mp3 di canzoni patriottiche russe e tedesche, discorsi del Führer e così via. Oltre al fastidiosissimo ronzare di eliche di un singolo apparecchio (da ricognizione?) onnipresente quanto invisibile, che aleggia sul campo di battaglia durante il gioco peggio di una zanzara in una notte d’estate al campeggio. Nulla di che anche sul versante del comparto video, al di là delle diverse palette di colori rappresentati sulla mappa, al variare delle stagioni dell’anno. Le pedine sono rappresentate da segnalini quadrati con simboli e punteggi che tradiscono il retaggio dei giochi cartacei e, quando si danno battaglia, si dispongono semplicemente sui due lati di un riquadro pop-up scambiandosi colpi al suono di raffiche di mitraglia ed esplosioni che, al confronto, quelle che facevamo noi con la bocca ai giardinetti da ragazzini, prima che scoppiasse la moda delle bandiere arcobaleno, erano roba da Industrial Light & Magic.

Tutto qui, e verrebbe quindi da pensare di aver buttato i (pochini, 9,99 euro) soldi spesi per acquistare la versione da super console di un titolo che gira alla grande anche sul nostro iPad (costando meno della metà). In effetti, vista la possibilità di collegare con facilità il tablet di Apple a qualsiasi televisore fabbricato dopo il tramonto dell’era dei quiz seriali di Mike, la domanda è legittima. La risposta, altrettanto immediata, è che il titolo, presente sullo Store con la mela, non lo è invece nel Google Play, orbando la metà Android del cielo della possibilità di gustarsi quello che, superata la diffidenza iniziale verso un minimalismo che appare un tantino eccessivo, almeno all’inizio, si rivela una gustosa chicca per gli amanti della strategia.

Tanto per cominciare il gioco, invece di millantare pretese megalomaniache tipo la ricostruzione puntuale dell’intera campagna di Russia del secondo conflitto mondiale, restringe le sue attenzioni a un obiettivo ben preciso. Ovvero una ricostruzione fedele e realistica dello scenario dell’Operazione Taifun, con la quale la Wehrmacht intendeva catturare la capitale sovietica al termine della vittoriosa offensiva del 1941 contro Stalin, e della successiva controffensiva invernale con la quale i russi riuscirono dapprima a impedire la caduta della città e poi a spezzare l’assedio e la sequenza ininterrotta di vittorie che le armate tedesche avevano collezionato sul campo a partire dal settembre 1939.

Coniugare semplicità di approccio con una inevitabile profondità strategica del titolo, che mettesse in gioco fattori essenziali come le linee di rifornimento e le condizioni meteorologiche (che influenzarono pesantemente le condizioni di vittoria sul campo, nella realtà) non era compito facile e si capisce allora come mai i ragazzi degli Shenandoah Studios abbiano deciso di rinunciare a un dettaglio grafico accurato, di quelli che magari vedi i bulloni del carro armato che saltano via nell’esplosione, o le budella del fantaccino che imbrattano il fango, ma poi le meccaniche di gioco sono appena poco più sofisticate di quelle di Kandy Krush. Invece… La sorpresa, almeno per chi si fosse perso Battle of the Bulge, analogo titolo incentrato sulla controffensiva tedesca nelle Ardenne del 1944, è che il titolo mostra muscoli assai ben definiti e prestanti non appena si mette da parte un po’ di comprensibile delusione visiva (anche l’occhio vorrebbe la sua parte, e qui invece ottiene ben poco) e ci si comincia a confrontare con il gameplay in senso stretto.

E’ a questo punto, scremata la platea dai fan dell’azione tout court e del tank rush alla Command & Conquer, che i seri appassionati di giochi strategici iniziano a sentirsi a casa, e a sudare! Il modello di gioco è volutamente semplificato rispetto ai suoi epigoni cartonati, ma non bisogna lasciarsi ingannare dal fatto, ad esempio, che la mappa sia divisa in zone ciascuna con il suo nome, invece che in classici esagoni, come nel più famoso dei giochi da tavolo di strategia. Drive on Moscow sta infatti al Risiko come il calcolo differenziale sta alle addizioni.

Il modello matematico del motore del gioco riesce infatti a gestire in modo assai efficace le diverse fasi della campagna, dalle sue fasi iniziali in cui i tedeschi paiono in sovrannumero e avvantaggiati nell’iniziativa, a l sopraggiungere delle piogge autunnali, che bloccano fin troppo spesso le baldanzose avanguardie meccanizzate germaniche proprio quando sembrano sul punto di sfondare il fronte, fino al contrattacco invernale, quando dilaganti rinforzi sovietici di truppe fresche finiscono per invertire i rapporti di forza, costringendo la Wehrmacht ad aggrapparsi disperatamente a ogni zona faticosamente conquistata, tentando il tutto per tutto contro il tempo e la neve per raggiungere Mosca, mentre i rifornimenti a singhiozzo minacciano ogni ora di più la riuscita dell’operazione.

Le fasi di gioco, sia che si competa contro l’IA sia che si possa contare su un avversario umano, sono divise in turni a loro volte divisi in spazi orari variabili e imprevedibili, durante i quali sarà possibile muovere una sola volta un numero altrettanto oscillante di unità. Ciascun segnalino corrisponde più o meno a una divisione (sono presenti sul campo la fanteria, i meccanizzati, la cavalleria, i mezzi corazzati e i paracadutisti) normale o d’elite, dotata di un diverso punteggio d’attacco, di un numero limitato di “punti ferita” che, una volta esauriti, ne sanciranno l’annientamento e di diverse capacità di movimento a seconda del tipo, del terreno, della presenza di strade o ferrovie (queste ultime nel 1941 giovavano solo ai russi, dato che i treni tedeschi adoperavano come il resto d’Europa un diverso scartamento dei binari, e questo aspetto, assieme a tanti altri, è riprodotto fedelmente nel gioco) o dalla necessità, a volte, di attraversare un corso d’acqua o una foresta.

Terminando il movimento in una casella occupata dal nemico è inevitabile lo scontro, effettuato secondo un principio classico sasso-carta-forbice nel quale intuiamo però una componente di casualità che non esclude qualche clamoroso colpo di scena. Una barra colorata, infatti, avvisa prima di un combattimento delle perdite previste ma si assiste non di rado a risultati inaspettati. L’esito di una battaglia campale può risolversi in uno stallo, nella forzata ritirata del nemico o nel suo annientamento, consentendo in quest’ultimo caso la conquista del territorio. Che in taluni casi può conferire al giocatore tedesco dei punti vittoria a fine partita. La somma di un certo numero di punti, oppure la conquista del territorio di Mosca (ferocemente difeso, provate ad avvicinarvi se ci riuscite!) può regalare una vittoria ucronica alla Wehrmacht mentre i sovietici, per replicare il risultato sul campo del 1941, dovranno proteggere la capitale e sloggiare le forze nemiche dai capisaldi più paganti.

Un compito, per entrambi, che si rivela fin dalle prime partite tutt’altro che agevole, vista la necessità di gestire con attenzione le mosse, i rinforzi (per i russi) e i rimpiazzi (per i tedeschi), le linee di rifornimento e la possibilità che, inaspettatamente, il nemico approfitti magari di una nostra puntata offensiva troppo audace per tagliarci fuori dal resto delle forze, chiudendoci in una sacca dove potremo riuscire a fare poco o niente, privi di benzina e munizioni. Senza contare l’influenza fortissima delle condizioni meteo, dal fango autunnale al gelo invernale, sulle prestazioni delle nostre forze (soprattutto quelle tedesche). Insomma, sia che si scelga una partita breve che copre solo una parte dello scenario, sia che si opti per la campagna completa, vincere non sarà davvero una passeggiata.

Certo, la totale assenza di fronzoli risulta dissuasiva sia per i non appassionati del genere sia per eventuali neofiti che preferiranno sicuramente, per un primo approccio a questo tipo di giochi, qualche titolo dalla grafica più accattivante e dall’aspetto maggiormente cinematico. Inoltre, ben difficilmente un cliente Apple Store sceglierà l’interfaccia del gamepad, più ostica del touch screen per il quale il gioco è progettato, pagando più del doppio per la versione Xbox One. Il mondo è bello, però, perché è vario e non dubitiamo che il titolo Shenandoah saprà ritagliarsi, tra i fan della strategia virtuale, una fetta di affezionati giocatori che popoleranno i server online a disposizione.

Panzer, marsh!