#DRIVE Rally, arcade e simulazione si incontrano sullo sterrato – Recensione PC 

La recensione del racing game fuoristrada di Pixel Perfect Dude, un piacere da guidare, con qualche piccola lacuna in termini di varietà 

di Jacopo Retrosi
Riprendiamo da dove ci eravamo lasciati con l’anteprima della demo di #DRIVE Rally, il simcade rallystico di Pixel Perfect Dude, in uscita in questi giorni in early access su PC tramite Steam. Si torna a correre in mezzo alla natura, con un’offerta arricchita da nuove vetture, nuove location e nuovi co-piloti; basteranno a rendere il titolo un acquisto imperdibile? Scopriamolo. 
 
 
La principale novità di questa versione early access è sicuramente la modalità Campionato, più impegnata della classica Quick Race, in cui avremo modo di scegliere uno di quattro team e gareggiare in una competizione apposita, scandita da numerose tappe, cambi di auto e aggiornamenti estetici. Ogni team vanta tre vetture ben distinte, e dovremo guidarle tutte e tre attraverso le altrettante categorie, ovvero CL, RS e XR (in pratica le controparti virtuali di Rally 4, Rally 2 e WRC). Non solo, scegliendo una scuderia in particolare ci impegneremo a correre solo in una determinata location, tuttavia è possibile cambiare contratto quando si preferisce e conservare i progressi.
 
Per farvi un esempio, scegliendo il team Benzin Motors potremo guidare solo attraverso le fitte foreste della Germania, al volante di quella che dovrebbe essere una Golf Mk.1, il cugino goffo di una Serie 3 degli anni ‘80 e un’Audi Quattro presa su Wish. I modelli super deformed e l’alterazione di alcuni dettagli chiave aiutano con il copyright, ma è palese l’ispirazione delle varie auto, e noi apprezziamo, tra icone del Gruppo B e alcuni curiosi outsider, come quelle che crediamo essere una Jeep Cherokee e una vecchia Dodge Charger, bestie che dubitiamo abbiano mai solcato le regolari piste da rally.

Tra le altre location abbiamo i deserti e i canyon del Nord America, le distese innevate della Finlandia, e le giungle tropicali del sud-est asiatico. Il numero di tappe per ogni territorio non è affatto male, ma al di là di una manciata di sporadici punti di riferimento si nota una certa ripetizione del layout dei tracciati e dei fondali. Non aiuta il fatto che le istruzioni dei co-piloti sono molto limitate, con soli tre numeri per indicare la difficoltà della curva in arrivo, square per le tornate ad angolo retto e hairpin per i tornanti, niente salti, cunette o altri elementi che renderebbero le traversate un pelo più interessanti. 

E a proposito di co-piloti, come la demo aveva lasciato intendere, i tizi al nostro fianco sono decisamente sopra le righe, e purtroppo alcuni sono più seccanti e monotoni di altri. L’idea di una spalla “colorita” mitiga l’assenza di una colonna sonora durante le sessioni di guida, ma sentire in continuazione battute del tipo “andiamo come X” viene presto a noia. Le indicazioni poi non sono sempre accurate, e in caso di curve in rapida successione la prima istruzione viene tagliata per far posto alla seguente. Manca un po’ di pulizia insomma.

Discorso diverso per il modello di guida. Mettersi al volante in #DRIVE Rally è un vero piacere, merito del comportamento della vettura a cavallo tra arcade e simulazione davvero ben riuscito, un ottimo senso di velocità, e controlli puntuali e precisi. Le varie vetture, considerato il fondo stradale sconnesso, hanno tutte un comportamento molto simile, con il retrotreno che tende a sgusciare via non appena si prova a sterzare, ma qui e lì si notano sfumature che rende ciascuna auto una bestia leggermente diversa da domare, come ad esempio la tendenza della “Countach” di classe CL a lasciarsi andare un po’ troppo per via della trazione posteriore, o quella della “Focus” di classe XR a irrigidirsi quando si calca troppo il pedale del freno. Diverse categorie di potenza, peso e trazione determinano piccole variazioni nel temperamento di ogni bolide, e questo aiuta a trovare quello perfetto per i propri gusti, con cui poi dilettarsi nella caccia ai record. 

Tornando all’esperienza di guida, la mancanza di scossoni e la ripetitività dei settori rende la pratica tanto piacevole nei rudimenti quanto all’effettivo un po’ statica, ragion per cui gli sviluppatori hanno aggiunto del pepe inserendo una serie di penalità per incentivare una guida pulita. Uscire dal tracciato corrisponde a una serie di decimi aggiunti sul cronometro pari al numero di paletti abbattuti e di paratie “verniciate” con il proprio paraurti, e sia mai che non vi tocchi essere ripescati per un fuori pista.

Una soluzione dal profumo arcade che non ci ha convinto del tutto, anche perché i tagli sono la norma nel mondo del rally, penalizzare così tanto ogni singola sbavatura ci pare un tantino eccessivo. A questo punto tanto valeva mettere qualche sasso o implementare dei dislivelli sul bordo della carreggiata (o direttamente un bel muro) in punti strategici per assicurarsi che i giocatori non tirassero troppo la corda. Ma forse trovare il giusto compromesso è parte degli obiettivi dell’early access. 

Vincere le varie tappe del campionato non è un’impresa affatto ardua (salvo per un paio di spike anomali in cui il gioco esige perfezione anche solo per arrivare sul podio), ma tanto anche se si arriva ultimi, a minuti dalla competizione, il premio si intasca a prescindere e si può proseguire la corsa senza impedimenti di sorta. Non è possibile in compenso rigiocare gli eventi passati, quindi eventuali pessimi risultati rimarranno marchiati a fuoco, una scelta di design alquanto bizzarra. Si dà valore alla mera partecipazione, tuttavia si viene stuzzicati mettendoci contro sempre e comunque un fantasma dalle leaderboard online, pronto a umiliarci nonostante gli ottimi risultati contro la CPU.

Gradevole e colorata al punto giusto la veste grafica in cel-shading, anche se un po’ carente di effetti speciali (c’è solo il pulviscolo sollevato dagli pneumatici). Solide le prestazioni, con il già menzionato ottimo senso di velocità e nessun bug da segnalare. Buono anche il rombo dei motori, ma ci aspettavamo più varietà: la “Charger” non può emettere lo stesso rombo della “Peugeot”, sembra quasi che l’unico elemento distintivo sia la classe e non il modello. Legittimo, visto che le prestazioni sono livellate (e presumiamo anche i componenti sotto il cofano siano molto simili), ma da buon arcade che si rispetti un po’ di esagerazione non avrebbe guastato. Abbiamo a disposizione jeep, muscle car, JDM e supercar storiche, perché non sfruttarle appieno? 

Una nota finale sugli achievement: è giusto stimolare i giocatori con obiettivi impegnativi, come raggiungere la vetta delle classifiche un certo numero di volte. Tuttavia, giocare per 125 ore? Sul serio? Bastano 5-6 ore per completare i campionati, e l’entusiasmo per migliorare i tempi nella modalità Quick Race ha un limite. Questo non è un JRPG. A meno che gli sviluppatori non abbiano in canna una serie di corposi aggiornamenti con nuovi contenuti, ma anche così la cifra ci sembra assurda.