Driven
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Si chiama la Zona, e va in funzione quando si riempie un counter nella parte bassa sinistra dello schermo. In questo caso un effetto blur come di guida ipnotica riempirà il bordo dello schermo, dando l'impressione di muoversi in un sogno a tutta velocità. Non si tratta soltanto di un'illusione, perché in realtà in questo stato la vostra macchina guadagnerà sui quaranta km all'ora, accelererà e frenerà più rapidamente, e potrete recuperare metri preziosi agli avversari. Lo stato di grazia finisce improvviso quando si tocca un qualche ostacolo, che farà riportare alla dura realtà.
Controlli così così
Tutto bene dunque? Con Driven saremmo di fronte al primo racing game cinematografico? Purtroppo gli sviluppatori non sembrano aver colto completamente nel segno. Innanzitutto, specie nella modalità storia, il livello di difficoltà è tarato troppo in alto. Per poter sperare di gareggiare decentemente fin dalla prima gara seria, occorre costruirsi un curriculum di pilota di tutto rispetto. Non molto facile, perché i controlli non aiutano certo nell'impresa. La decisione di utilizzare i tasti posteriori R e L come acceleratore e freno, a causa della scomodità della posizione e della lunghezza d'escursione, si rivela completamente fallimentare.
Tanto vale tornare ai classici A e B mossi col pollice, lasciando ai due pulsanti dietro l'incombenza di scegliere tra le visuali disponibili (ingiocabili quelle laterali, vanno bene quelle da dietro, dal rollbar e da dentro, anche se quest'ultima graficamente poverissima) e la vista dal dietro, visto che gli specchietti ci sono, ma giacciono oscurati.
E la fisica?
Purtroppo è anche la mancanza di un'adeguata fisica di guida, seppur arcade, a rendere difficile il compito di seguire la scia degli avversari. Le monoposto non svoltano come dovrebbero nelle curve a stretto raggio, né frenano con decisione come dovrebbe fare una Formula Uno o una macchina di Formula Indy più pesante, a dir la verità-. Il problema si evidenzia soprattutto sui circuiti più guidati, Angel's Bay, una versione californiana di Monte Carlo e New York City, con le sue svolte ad angolo retto tra i grattacieli.
Più semplici invece il saliscendi di Manley Park, in Inghilterra e l'ovale di The Desert Palace, in Arizona dove ci si può dimenticare fin dalla partenza del tasto del freno. Il design dei fondali di tutti i circuiti è abbastanza dignitoso, ed accoglie bolidi sfreccianti regolarmente a 60 fps senza rallentamenti. Nonostante l'applicazione di effetti di riflessione su scocche e caschi dei piloti, le monoposto non convincono per la scarsità di poligoni utilizzati e l'aspetto altalenante tra il realistico ed il cartoonistico.
Alcuni particolari (gomme, volante, specchietti...) paiono davvero poco curati, e si avvicinano all'aspetto di racing game di un lustro fa. Peccato, perché non mancano chicche particolari, come pezzi delle vetture che rimangono come ostacoli sull'asfalto, o il passaggio impercettibile dalla schermata di caricamento, fatta in stile cartoon, a quella reale del circuito.
Bandiera a scacchi
Tanto meglio giocare in multiplayer contro un avversario umano, o iniziare un campionato in due, sommando i punti per prevalere nella classifica a squadre. Accompagneranno le nostre peripezie alcune tracce musicali techno che, a dire il vero, risultano a breve piuttosto fastidiose (non siamo in Wipeout!). Tanto meglio abbassare il loro volume, gustando il solo rombo dei motori. Non delle sgommate, perché nel gioco non sono previste. Ecco Driven, il videogioco di un film che assomiglia d un videogioco.