Dungeons & Dragons: Chronicles of Mystara

di Tommaso Alisonno
Era il 1993 - si fatica a crederlo, ma son già passati 20 anni - quando Capcom rilasciò nelle sale-giochi un videogame intitolato Dungeons & Dragons: Tower of Doom. Per i fan del gioco di ruolo firmato Gary Gygax e Dave Arneson fu un colpo al cuore, e una valanga di gettoni buttati nelle innumerevoli battaglie votate alla distruzione dell'arch-lich Deimos, arroccato nella torre di Sable. Il gioco si basava su un concept che era ben affermato sin dai tempi di Golden Axe: quattro personaggi tra cui scegliere - Guerriero, Nano, Chierico ed Elfa - e una montagna di mostri da picchiare. Ma era D&D, neppure “Advanced D&D”, proprio il D&D semplice e “caciarone” che ha basato la sua fortuna sull'Hack'n'Slash più spinto piuttosto che sull'interpretazione - una differenza che oggi potremmo vedere, per dire, tra un Diablo e un The Elder Scrolls.




Il successo fu tale che tre anni dopo Capcom tornò alla carica con Dungeons & Dragons: Shadow over Mystara, sequel diretto di ToD che portava l'esperienza di gioco “ad alti livelli” - sempre in chiave D&D, ovviamente - aggiungendo due delle tre classi mancanti, il mago e la ladra, e relegando definitivamente in panchina il povero Halfling, probabilmente il personaggio più bistrattato (leggasi “inutile”) dell'allora TSR. I due titoli rimasero però confinati quasi esclusivamente alle sale-giochi, con l'unica conversione per console nel 1999 su SEGA Saturn che li ha riuniti sotto il nome di D&D Collection. Adesso, nel ventennale di Tower of Doom, i due giochi tornano sotto il vessillo di Chornicles of Mystara.

Presi nella loro forma più semplice, i due giochi rispecchiano il concept classico del picchiaduro arcade a scorrimento: procedendo (normalmente) da sinistra verso destra e smazzulando senza pietà i numerosi goblin, trogloditi e quant'altro che il gioco ci manderà contro, cercheremo di arrivare incolumi agli immancabili scontri boss. Una delle caratteristiche più interessanti di entrambi i giochi é quella di fornire più volte al giocatore la possibilità di scegliere come procedere nell'avventura: in determinati punti saremo infatti chiamati a decidere che percorso prendere tra due o tre disponibili, e disseminate qua e là saranno presenti stanze opzionali o segrete il cui unico scopo sarà quello di offrirci nuove sfide e nuove ricompense.



Entrambi i giochi, pur fornendo qualche differenza nel sistema di attacchi e combo (quello di SoM prevede più mosse rispetto al “papà” ToD), condividono la medesima interfaccia, basata su quattro tasti: l'attacco, il salto, la selezione e l'utilizzo dell'inventario. Da questo punto di vista la conversione pecca un po' di pigrizia: é certamente vero che i titoli originali si basavano su 4 comandi, ma quando si ha in mano un controller con il doppio degli input si digerisce a fatica il fatto che la metà di questi siano inutilizzati. Eppure le possibili implementazioni non sarebbero mancate: la parata, per esempio, va eseguita mantenendo premuto il tasto d'attacco oppure selezionando lo scudo nell'inventario, ma sarebbe certamente stata più pratica se avesse avuto un comando apposito. L'inventario stesso, che racchiude anche gli incantesimi, ruota inoltre 8 caselle in un solo senso (c'é un solo tasto a gestirlo!), laddove l'utilizzo dei grilletti avrebbe consentito una fruizione più flessibile.

Se da un lato queste limitazioni possono infastidire il giocatore moderno (e viziato), dall'altro contribuiscono ad incrementare ulteriormente un parametro che la compilation mantiene di base decisamente elevato: la difficoltà. Intendiamoci: non siamo al cospetto dei più vampirici macina-gettoni della storia dei coin-op, ma certamente i due titoli erano concepiti perché i giocatori mettessero ripetutamente mano al borsellino per proseguire nell'avventura, a meno di non diventare in effetti degli artisti del joystick. Per dirne una, solo il Chierico può curarsi mediante i (limitati) incantesimi, mentre gli altri avranno accesso alle costose pozioni solo tra un livello e l'altro. Certamente la selezione della difficoltà può essere d'aiuto, ma prima di riuscire a terminare i due giochi “senza crediti” dovrete impratichirvi non poco.



Dal punto di vista tecnico, il gioco si comporta ne più ne meno come ci si potrebbe aspettare da un prodotto a bassa definizione riproposto sui moderni schermi con un filtro adattivo abbastanza semplice, sebbene regolabile in base alle esigenze. L'ambiente di gioco é comunque ben proposto, la grafica fluida e il risultato gradevole; certo, in un vero e proprio remake ci aspetteremmo degli sprite ad alta risoluzione, ma non é questo il caso in esame. Il sonoro ripropone il banco originale adattandolo ai moderni riproduttori - spostando, per intenderci, gli effetti da una cassa all'altra a seconda della posizione sullo schermo - ed offre una resa sonora più che dignitosa considerando i campionamenti dell'epoca. Sebbene i menù siano interamente in Italiano, solo ToD presenta i testi nella nostra lingua (tra l'altro con una traduzione discutibile): SoM é invece limitato alla lingua Inglese. Inglesi anche i doppiaggi, limitati alle esclamazioni da battaglia.

Ciò che rende particolarmente interessante il pacchetto Chronicles of Mystara é l'implementazione del multiplayer online che permette di vivere entrambe le avventure fino in quattro giocatori (la versione Saturn era limitata ai due locali, ma i coin-op son sempre stati concepiti per quattro), mischiando liberamente locale e remoto. Rimangono le limitazioni dei giochi originali, ossia quella di dover utilizzare tutti personaggi differenti in ToD o uguali a due a due in SoM, ma si tratta di un dazio sostenibile quando il roster, soprattutto nel secondo caso, é comunque vario ed equilibrato. La possibilità di variare personaggio, i quattro livelli di difficoltà e le sfide extra che il gioco propone - tutte da effettuare in seno al gioco stesso - rendono l'opera anche piuttosto longeva.

Chronicles of Mystara é dunque un gran bel gioco che ha il solo “difetto” di essere comunque frutto di una concezione di vent'anni fa che potrebbe non solleticare troppo i neofiti, soprattutto considerando che, come s'é detto, l'interfaccia non fa alcuno sforzo per rendersi più fruibile. Ma per chi non teme di fare un tuffo nel passato o ancora di più per chi ha avuto modo di apprezzare i titoli originari in sala-giochi, il prodotto costituisce indubbiamente un acquisto obbligatorio.