Dynasty Warriors 9
Magari qualcuno era convinto davvero che l’open world fosse la soluzione per qualsiasi problema. Non è così, purtroppo e basta farsi una piccola gita nella Cina dai tratti fiabeschi teatro del frenetico gameplay di Dynasty Warriors 9 per rendersene conto. Il nono capitolo della saga ispirata, assai liberamente, alle battaglie che insanguinarono la Cina nel periodo altomedioevale dei Tre Regni, non presenta di primo acchito grosse novità, rispetto ai titoli suoi predecessori, inclusi gli spin-off come Samurai Warriors, Orochi Warriors, Warriors: Legends of Troy, Godseekers e… caspita! Manca solo un capitolo con i moschettieri del Re Sole e magari uno con i Puffi e ci sono tutti. Squadra che vince non si cambia? Devono pensarla così, alla Koei Tecmo se continuano da decenni a riproporre la stessa minestra hack’n’slash al loro pubblico, riscuotendo un successo di vendite sufficiente a giustificare i loro stipendi e le loro auto aziendali. Arriva per tutti, però, è successo anche a Clive Cussler e ai Rolling Stones, il momento in cui s’impone quel minuto di autocritica di fronte allo specchio, seguito dalla fatidica ma improcrastinabile decisione di smettere di ripetersi a oltranza, pena una damnatio memoriae che rischia di offuscare anni di onorata carriera.
Invece di passare la mano e iniziare a pensare a qualche idea davvero nuova, però, gli sviluppatori Koei hanno preferito un “all in” che rimettesse ancora una volta in gioco lo stesso copione di sempre, lanciando sul tavolo quella che pensavano potesse essere la vera carta vincente. L’open world, appunto.
Anche se la Cina è grande, però, nessun giocatore sano di mente è davvero disposto a percorrerla tutta in lungo e in largo alla ricerca disperata di qualche millemila scagnozzi oligofrenici da sterminare. I chilometri quadrati di paesaggio della sterminata mappa sulla quale il gioco è ambientato, tra l’altro, sta in spettacolarità a quelle di Skyrim o di The Witcher III come il cortile del mio condominio sta al parco della Venaria Reale di Torino. La piattezza, lo squallore e la ripetitività d’infinite pianure intervallate ad altrettanto interminabili boschetti di bambù o simili, riuscirebbe a rubare uno sbadiglio anche a uno strafatto di Red Bull e il pensiero di doverci vagare per ore, velocizzati ma non di molto, talvolta, dalla possibilità di montare a cavallo di equini acrobati, capaci di evoluzioni che non ti vengono nemmeno se incroci un mulo con una moto da trial, è scoraggiante.
Dopo qualche ora di gioco, quindi, ci ritroviamo tutti a rimpiangere la vecchia impostazione, anche perché i tentativi di copiare il modello occidentale di RPG sand box si sono tradotti in minigiochi imbarazzanti. Dalla pesca con la canna (no comment, siamo ai livelli di Ultima Online) alla raccolta di risorse e minerali sparsi in giro senza alcun criterio logico, da recuperare passandoci sopra come si faceva con le monete di Super Mario Bros. Fino alla caccia, che consiste nel tiro al bersaglio contro le sagome statiche e immobili di tigri, leoni e altre bestie che mostrano la stessa combattività di un bradipo la mattina di capodanno. Mamma mia!
L’unica, visto l’andazzo, è concentrarsi sulla trama principale che, in modalità Storia, si snoda in 13 capitoli ambientati, pensate un po’, durante il periodo dei Tre Regni dell’alto Medioevo cinese. Scelto il nostro alter ego tra quelli disponibili, il che comporta qualche diverso approccio ma uno snodarsi della storia più o meno identico, non ci resta che lanciarci alla scoperta del pletorico open world, a caccia della prima missione. Come nei precedenti capitoli, il nostro compito è difendere la Cina dalle grinfie di invasori di diversa provenienza ma animati tutti dal medesimo istinto rapace. Eccoci allora a scegliere un obiettivo, raggiungerlo, sterminare tutti i nemici eliminando infine il miniboss che blocca (era ora!...) il respawn e proseguire verso quello successivo.
Fino al climax della missione che consiste nell’uccisione (ma va?...) di un boss finale, raggiungibile dopo aver completato gli obiettivi secondari che avranno l’effetto di ammoribidire le sue difese, oppure dritto per dritto, in un assalto frontale che non di rado, perlomeno ai livelli più bassi, ci consentirà di sbaragliarlo senza troppi patemi d’animo, accorciando il tempo di completamento del gioco e risparmiando ulteriori sevizie ai bottoni del nostro gamepad.
Il gameplay, in pratica, è tutto qui. Localizzare l’obiettivo, avvicinarsi, scalare con il rampino il muro esterno della fortezza, saltare dentro e dare il via al massacro di nemici gestiti da un’intelligenza artificiale indegna di questo nome. Se quello che cercavate era un titolo che vi regalasse sessioni interminabili di button mashing accompagnate dalla soddisfazione (boh?) di annichilire milioni di nemici tutti uguali a loro stessi a colpi di combo volanti e fulmini magici variopinti, Dynasty Warriors 9 potrebbe davvero essere il gioco che fa per voi. D’altronde, non è forse vero che treni e vagoni della metro sono affollati di gente che passa ore a far scoppiare bolle colorate e schiacciare cristalli invece, che so, di leggere un libro o guardarsi un telefilm scaricato sul palmare?
Guai a voi, però, se siete alla ricerca di un titolo dotato di un minimo di trama, profondità e qualità tecnica. Anche in quel campo, infatti, il titolo Koei non solo esibisce spavaldo un apparato grafico che sarebbe risultato al massimo sufficiente su una PS3 di dieci anni fa. Lo fa anche male, condendo il tutto con un framerate penoso, carico di glitch, pop-up, texture appiccicate male e/o compenetrate tra loro. Accompagnando il gioco con una colonna sonora tematica più piatta del mio monitor Ultra HD, assolutamente dimenticabile.
La prima responsabilità di un recensore è verso quei lettori che attendono di leggere un commento onesto, prima di decidere come spendere il loro denaro. Stavolta, con tutta la buona volontà, non riesco a trovare un solo buon motivo, che non passi per un’affezione monomaniacale al franchise e per la necessità compulsiva di provare ogni titolo della serie oppure per un gusto speciale per l’hack’n’slash meccanico, scacciapensieri, per promuovere Dynasty Warriors 9 e invitarvi a provarlo. Al massimo, per come la vedo io, potrebbe rappresentare l’opzione di riserva per svoltare una serata in cui proprio non ci va di pensare a niente, ritrovandolo per caso sull’hard disk dopo averlo scaricato gratis da PS Network approfittando di qualche promozione destinata agli utenti Plus. Il franchise, come si dice in gergo finanziario, è decotto. Ora che il team di sviluppo Koei la smetta di provare a campare di rendita sul buon nome di un titolo che forse poteva piacere dieci anni fa, cambiare tutto e inventare qualcosa di davvero nuovo. Finalmente.