Extermination

di Redazione Gamesurf
La tipologia del survival horror é, forse, il simbolo più rilevante di una nuova generazione di videogiocatori e del moderno concetto d'intrattenimento videoludico. Se le ultime preferenze di mercato insistono sui dati di vendita clamorosi di prodotti come Onimusha: Warlords o la stessa saga di Resident Evil, non può quindi essere un caso che il sopraccitato genere si sia ormai ritagliato una considerevole fetta fra le preferenze di giocatori e software house

Inevitabile però che, soprattutto negli ultimi tempi, lo schema di gioco portato avanti dai titoli Capcom perdesse parte del fascino originario e cominciasse a patire una certa mancanza di varianti: ben vengano, quindi, i diversi approcci alla tematica provenienti da altri sviluppatori che, oltre a donare nuova linfa al genere, incentiveranno il colosso giapponese a rinnovare le proprie idee. Sony Computer Entertainment, con la preziosa collaborazione del team di sviluppo Deep Space, si getta nella mischia in prima persona con Extermination: che Resident Evil abbia le ore contate?

PRENDO LA MACCHINA
In primis, cerchiamo di scordarci manieri infestati e le classiche orde di zombie sanguinolenti. Extermination fonda la sua struttura su una storia probabilmente non troppo originale ma che, a differenza della saga Capcom, attinge con decisione al filone fantascientifico
Nei panni di Dennis Riley, esperto agente operativo e membro dell'unità RECON nominata "Red Light", inizieremo la nostra avventura a bordo di un cargo militare, accanto al fedele amico e compagno Roger, divisi fra i fantasmi di un recente passato, del quale verremo fatti partecipi solo nel proseguio del gioco, e la preoccupazione degli ormai prossimi avvenimenti. Il Pentagono, come sempre, non si é sprecato troppo nell'istruire i suoi uomini in missione, ma la meticolosità nel briefing del Maggiore Mike Madigan lasciava presagire il peggio, sensazione suffragata dagli scarni ordini pervenuti: sterminio totale del nemico e recupero dei superstiti. Sembra infatti che a Fort Stewart, laboratorio di ricerca chimico dislocato nel freddo Antartico, qualcosa sia andato storto e l'ultimo messaggio di soccorso, prima che cessasse ogni contatto, era piuttosto confuso e farneticava su un'apparente minaccia derivante dall'acqua