F.E.A.R.
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È la triade, come Moggi, Giraudo e Bettega. PlayStation 3, PC e Xbox 360 sembrano muoversi ormai all'unisono, con un gran numero di giochi in cantiere che sfruttano più o meno le potenzialità dei tre hardware. A più di un anno di distanza dall'uscita di F.E.A.R. su PC e ad un semestre dalla versione per Xbox 360, lo sparatutto in soggettiva di Day 1 Studios approda finalmente anche su PlayStation 3. Una conversione fortemente voluta, soprattutto perché nel periodo di vita iniziale della console Sony ben pochi titoli appaiono realmente appetibili e degni di un possibile acquisto. Purtroppo ciò che ha colpito positivamente un anno fa è ora meno sconvolgente, senza contare che su PlayStation 3 il gioco si è fatto carico di un downgrade grafico non indifferente. Sono soprattutto le texture ad aver subito i danni più ingenti, ma anche il frame rate poco costante concorre ad appesantire la valutazione del comparto tecnico. Ma non è certo nella caratura visiva che F.E.A.R. trova la sua ragione d'esistere...
INCEDERE LENTO
In quanto parte della divisione speciale Firts Encounter Assault Recon, dedicata a creature e fenomeni paranormali, il protagonista dell'avventura si ritrova invischiato nel tentativo di recuperare il diabolico Paxton Fettel, a capo di un'armata di cloni pronta a tutto pur di raggiungere il proprio scopo. Il problema risiede nel fatto che il nemico di turno è controllato da una misteriosa bambina fantasma (simile nelle fattezze all'odiata Samara di The Ring), che tra l'altro pare ossessionare di continuo anche l'indomito alter ego digitale del giocatore. All'interno di una trama semplice ma ricca di colpi di scena si nascondono dinamiche di gioco invero sin troppo classiche, legate ai dettami e clichè del genere. Si avanza sostanzialmente all'interno di angusti corridoi e spazi aperti alla ricerca del checkpoint successivo e di nuovi avversari da crivellare di colpi o da riempire di pugni. Il diversivo è qui rappresentato dai poteri innati del protagonista, capace di muoversi più velocemente dei nemici: tale possibilità risponde al nome di SlowMo e rappresenta una rivisitazione di quanto già visto in Max Payne ed altri titoli simili. In presenza di più cloni è infatti consigliabile attivare questa sorta di bullet time e sfruttare la maggiore velocità per scansare le pallottole e colpire con più facilità gli obbiettivi in movimento. Va da sé che questa abilità diventa il leit motiv dell'intera avventura, visto che in condizioni di più nemici su schermo l'utilizzo dello SlowMo rappresenta il modo migliore e più semplice per arrivare indenni alla fine del livello. Sebbene l'eliminazione indiscriminata dei cloni sia il cuore pulsante dell'intero pacchetto ludico, non mancano spaventi, flashback e sezioni maggiormente legate alla tradizione horror giapponese. Una commistione tutto sommato riuscita, soprattutto in termini puramente ludici.
INTELLIGENZA
È necessario sfruttare nel migliore dei modi lo SlowMo soprattutto per merito di una Intelligenza Artificiale raramente così verosimile e ben integrata nell'esperienza di gioco. I nemici tendono a rintanarsi nelle vicinanze di qualche riparo e attaccano solo dopo aver pianificato un adeguato accerchiamento: capita poi di trovarli intenti a rovesciare scrivanie nella speranza di evitare i proiettili o di chiamare rinforzi nel qual caso si trovino in palese difficoltà. Insomma, è difficile vederli caricare a testa bassa in direzione del protagonista, elemento che aumenta il realismo e obbliga l'utente ad un'attenta pianificazione delle azioni da compiere in battaglia. Basta infatti un passo falso per veder sfumare quanto di buono compiuto in precedenza o per vedere dimezzati i preziosi medikit recuperati. Va detto che per ritrovarsi con un'Intelligenza Artificiale davvero adeguata è doveroso affrontare il gioco a livello difficile o estremo, in modo da tastare con mano l'effettivo valore del lavoro svolto dai programmatori di Day 1 Studios. Un lavoro ottimo nel puro gameplay, ma non altrettanto nel comparto audiovisivo. Ai già citati problemi di texture e frame rate si aggiungono caricamenti al limite del soporifero ed ambientazioni a volte troppo avare di dettagli. A migliorare l'appagamento della pupilla c'è un'ottima fisica di base degli oggetti, affiancata da effetti visivi e particellari tendenzialmente convincenti (soprattutto il blur visibile all'attivazione dello SlowMo). Sul fronte sonoro si registrano musiche adeguate perfettamente al contesto ludico e rumori di sottofondo capaci di regalare più di qualche sussulto.
La campagna per il singolo giocatore ha una durata variabile sulla base del livello di difficoltà scelto, ma in linea di massima la si può completare in un massimo di dodici ore. Un numero sufficiente, soprattutto considerando la presenza di un multiplayer in rete per sedici persone, condito dalle solite modalità (deathmatch, conquista la bandiera, eliminazione) e dalla possibilità di scegliere le regole di utilizzo del bullet time. Sarà anche una triade, ma PlayStation 3 sembra rimetterci quasi sempre. F.E.A.R. porta il peso di un comparto grafico troppo al di sotto delle aspettative e privo del mordente che ha caratterizzato le versioni per PC e Xbox 360. Si spera in un migliore sfruttamento di ogni singolo hardware già nell'immediato futuro...
INCEDERE LENTO
In quanto parte della divisione speciale Firts Encounter Assault Recon, dedicata a creature e fenomeni paranormali, il protagonista dell'avventura si ritrova invischiato nel tentativo di recuperare il diabolico Paxton Fettel, a capo di un'armata di cloni pronta a tutto pur di raggiungere il proprio scopo. Il problema risiede nel fatto che il nemico di turno è controllato da una misteriosa bambina fantasma (simile nelle fattezze all'odiata Samara di The Ring), che tra l'altro pare ossessionare di continuo anche l'indomito alter ego digitale del giocatore. All'interno di una trama semplice ma ricca di colpi di scena si nascondono dinamiche di gioco invero sin troppo classiche, legate ai dettami e clichè del genere. Si avanza sostanzialmente all'interno di angusti corridoi e spazi aperti alla ricerca del checkpoint successivo e di nuovi avversari da crivellare di colpi o da riempire di pugni. Il diversivo è qui rappresentato dai poteri innati del protagonista, capace di muoversi più velocemente dei nemici: tale possibilità risponde al nome di SlowMo e rappresenta una rivisitazione di quanto già visto in Max Payne ed altri titoli simili. In presenza di più cloni è infatti consigliabile attivare questa sorta di bullet time e sfruttare la maggiore velocità per scansare le pallottole e colpire con più facilità gli obbiettivi in movimento. Va da sé che questa abilità diventa il leit motiv dell'intera avventura, visto che in condizioni di più nemici su schermo l'utilizzo dello SlowMo rappresenta il modo migliore e più semplice per arrivare indenni alla fine del livello. Sebbene l'eliminazione indiscriminata dei cloni sia il cuore pulsante dell'intero pacchetto ludico, non mancano spaventi, flashback e sezioni maggiormente legate alla tradizione horror giapponese. Una commistione tutto sommato riuscita, soprattutto in termini puramente ludici.
INTELLIGENZA
È necessario sfruttare nel migliore dei modi lo SlowMo soprattutto per merito di una Intelligenza Artificiale raramente così verosimile e ben integrata nell'esperienza di gioco. I nemici tendono a rintanarsi nelle vicinanze di qualche riparo e attaccano solo dopo aver pianificato un adeguato accerchiamento: capita poi di trovarli intenti a rovesciare scrivanie nella speranza di evitare i proiettili o di chiamare rinforzi nel qual caso si trovino in palese difficoltà. Insomma, è difficile vederli caricare a testa bassa in direzione del protagonista, elemento che aumenta il realismo e obbliga l'utente ad un'attenta pianificazione delle azioni da compiere in battaglia. Basta infatti un passo falso per veder sfumare quanto di buono compiuto in precedenza o per vedere dimezzati i preziosi medikit recuperati. Va detto che per ritrovarsi con un'Intelligenza Artificiale davvero adeguata è doveroso affrontare il gioco a livello difficile o estremo, in modo da tastare con mano l'effettivo valore del lavoro svolto dai programmatori di Day 1 Studios. Un lavoro ottimo nel puro gameplay, ma non altrettanto nel comparto audiovisivo. Ai già citati problemi di texture e frame rate si aggiungono caricamenti al limite del soporifero ed ambientazioni a volte troppo avare di dettagli. A migliorare l'appagamento della pupilla c'è un'ottima fisica di base degli oggetti, affiancata da effetti visivi e particellari tendenzialmente convincenti (soprattutto il blur visibile all'attivazione dello SlowMo). Sul fronte sonoro si registrano musiche adeguate perfettamente al contesto ludico e rumori di sottofondo capaci di regalare più di qualche sussulto.
La campagna per il singolo giocatore ha una durata variabile sulla base del livello di difficoltà scelto, ma in linea di massima la si può completare in un massimo di dodici ore. Un numero sufficiente, soprattutto considerando la presenza di un multiplayer in rete per sedici persone, condito dalle solite modalità (deathmatch, conquista la bandiera, eliminazione) e dalla possibilità di scegliere le regole di utilizzo del bullet time. Sarà anche una triade, ma PlayStation 3 sembra rimetterci quasi sempre. F.E.A.R. porta il peso di un comparto grafico troppo al di sotto delle aspettative e privo del mordente che ha caratterizzato le versioni per PC e Xbox 360. Si spera in un migliore sfruttamento di ogni singolo hardware già nell'immediato futuro...