Fallout 76

di Simone Rampazzi

Sin dal primo momento del suo annuncio sul palcoscenico dell’E3 di quest’anno, Fallout 76 ha instillato nell’animo degli appassionati al brand, e non solo, diversi dubbi sulla nuova natura multigiocatore del titolo, che hanno trovato sfortunatamente un consenso durante i test online effettuati nel corso della B.E.T.A.

Il mondo distopico immaginato da Bethesda si è sempre contraddistinto per la sua natura ruolistica, condotta da storie capaci di tenerti incollato allo schermo, per ore e ore, alla ricerca di ogni possibile aneddoto legato alla storia dei Vault e all’inizio del conflitto nucleare.

Le prime ore in compagnia di Fallout 76 hanno ribaltato il concetto esposto poc’anzi, perché al posto di trovare un mondo ricco di sopravvissuti pronti a raccontarci una storia mediante attività collaterali da svolgere, tra incarichi principali e secondari, ci siamo invece trovati davanti a uno scenario desolato e avverso, popolato maggiormente da giocatori intenti a seguire la nostra stessa pista al fine di portare al termine la missione del momento.

Fallout 76 non può essere giudicato dunque seguendo soltanto i soliti parametri, visto e considerato che si tratta di un gioco in continuo divenire, paragonabile più a un MMO in fase embrionale, intervallato da una serie di circostanze così distinte tra loro da apparire ogni volta diverse agli occhi dei giocatori. La domanda sorge quindi spontanea: è possibile pubblicare un gioco diametralmente opposto alla linea del franchise senza suscitare, al netto di pregi e difetti presenti in ogni cosa, l’ira funesta dei giocatori?

I WAS BORN ONE MORNIN’, IT WAS DRIZZLIN’ RAIN

Le prime battute del gioco sono probabilmente quelle più difficili da affrontare, perché quando il nostro alter ego emerge dal Vault 76 alla ricerca di qualsiasi sopravvissuto pronto a soddisfare il bisogno primordiale di non sentirti soli a questo mondo, al contrario si affaccia su un mondo desolato sfigurato dal conflitto nucleare.

Se i titoli precedenti smorzavano questa condizione umana popolando le zone intorno a noi di sopravvissuti al conflitto, dandoci al contempo un’idea del background politico/sociale della zona in cui ci trovavamo, ora invece troviamo soltanto una marea di giocatori pronti a compiere le nostre stesse attività, comunicando con noi per mezzo di un sistema di emote piuttosto freddo, confezionato e brandizzato a dovere per rendere schietto e diretto ogni tipo di messaggio.

Il nostro viaggio ha inizio con la ricerca del sovrintendente del Vault e continua, passo dopo passo, intervallato dalla scoperta di nuovi luoghi devastati dal conflitto, popolati da creature terribili mutate dalle radiazioni. La cosa che risalta subito all’occhio, dopo la scoperta di un mondo apparente popolato di giocatori e non di PNG sopravvissuti, è che il ruolo di classico quest-giver viene affibbiato grazie ad alcuni escamotage agli olonastri, da trovare in giro, oppure ai robot.

Questa scelta invoglia il giocatore a tenere gli occhi aperti, guardarsi intorno con più attenzione e soprattutto esplorare da cima a fondo il mondo di gioco, perché magari potrebbe essere proprio un olonastro abbandonato, o una nota cartacea, su una scrivania a far partire una missione. Bethesda è stata capace di trasmettere su carta e note audio l’anima dei personaggi che avremmo dovuto incontrare in carne e ossa e su questo, al netto dei difetti e della difficoltà di adattarsi a un cambiamento così forte, bisogna solo che spendere buone parole sul coraggio di scegliere una strada completamente diversa dalle controparti di settore.

La complessità dietro alla costruzione del mondo di gioco emerge anche dagli eventi giornalieri, totalmente casuali e diversi tra loro, insieme a quelli mondiali, legati certo a una location particolare ma anch’essi possibili da portare a termine sia in solitaria, che in gruppo, o addirittura accompagnati da passanti trovatisi lì per caso. Queste occasioni randomiche incentivano il giocatore non solo a esplorare le zone più impervie dell’Appalachia, ma anche a cercare di scegliere con cura l’equipaggiamento con cui viaggiare, perché non sempre gli incontri saranno equiparati alle nostre attuali capacità. Grazie alle molteplici occasioni offerte dal gioco, il titolo vanta una longevità impressionante, avallata soprattutto dal fatto che l’endgame sembra lontanissimo anche dopo aver passato una quarantina di ore in compagnia del gioco.

INVENTARIO PIENO

Dal punto di vista del gameplay nudo e crudo, Fallout mantiene la stessa identica configurazione comandi del capitolo precedente, permettendo dunque di giocarlo sia in prima che in terza persona. Per diversificare un minimo la struttura, gli sviluppatori hanno pensato di rivoluzionare totalmente la gestione dello S.P.E.C.I.A.L. utilizzando, per l’occorrenza, delle carte appartenenti a una macro-caratteristica (Forza, Costituzione, Agilità e così via). Ogni carta presenta un segnalino di costo in alto a sinistra, che andrà calcolato in funzione del nostro punteggio di caratteristica al fine di associarle, in modo attivo, al nostro giocatore.

Al raggiungimento di ogni level-up, il giocatore si trova di fronte all’arduo compito di selezionare con cura il punteggio da implementare, considerando soprattutto che nei primi livelli non si può lavorare a una “via di mezzo” senza perdersi qualcosa per strada. L’esempio lampante lo abbiamo avuto noi durante il livellamento del nostro personaggio dal primo al decimo livello: seppur con qualche remora sul da farsi, la nostra scelta è stata quella di implementare da subito l’Intelligenza, poiché le carte fornite con questa macro-caratteristica prevedono alla lunga la possibilità di scassinare serrature o effettuare hacking (aprendo porte e forzieri) insieme alla capdaacità di riparare con maggior cura il proprio equipaggiamento e perfino ritoccarlo alla meglio con le modifiche.

Se vi state ancora chiedendo qual è il problema, ebbene, sappiate che un tipo intelligente non può sopravvivere da solo in Virginia, motivo per cui dal livello dieci al venti è stato necessario alzare qualche parametro di Forza per aumentare il peso trasportabile, insieme a qualche punteggio di Percezione per sfruttare un minimo lo SPAV. Fa parte del gioco, inutile negarlo, ma la lancetta della difficoltà in concomitanza del respawn dei mostri sembra obbligarci nella totalità dei casi a optare per un gioco di squadra, rinunciando a tantissimi oggetti interessanti impossibili da portare con noi per mancanza di spazio.

Si è parlato tantissimo del C.A.M.P. trasportabile in giro in completa autonomia, ma ricordatevi che anche quest’ultimo ha un limite di spazio. Soffermandoci ancora un momento sulle dinamiche del gameplay, non possiamo esimerci dal sottolineare diverse problematiche numeriche, legate spesso proprio alla casualità di alcuni eventi in cui possiamo incappare nel nostro percorso.

Durante il nostro pomeriggio esplorativo in solitaria, siamo incappati in una stazione radio dove avremmo dovuto montare un segnalatore, così da portare a termine il passaggio di una missione. Effettuato ciò siamo stati circondati, non si è capito bene come dato che sono spawnati dalle fottute pareti dei robot accompagnati da un epico di livello quaranta, un po' altino considerato che noi eravamo appena di livello venti, con le armi semi sfasciate e nemmeno uno stimpack nella nostra borsa.

Fallout 76 si è trasformato in un gioco frustrante intervallato da un continuo muori e resuscita, dove era opportuno sbrigarsi per tornare al punto e cercare di uccidere il robot prima che riprendesse i propri punti salute. Un calvario, specialmente quando finito il compito il gioco ha deciso di bloccarsi tornando al menù della console, facendoci perdere al riavvio tutto il loot non recuperato dal nostro corpo, insieme al blocco della missione perché il gioco riconosceva ancora attivo il punto con cui avevamo interagito poco prima. Ecco, forse questo è uno dei difetti che fanno storcere il naso quando si gioca in solitaria, perché vedi vanificare ogni sforzo per colpa di un difetto tecnico del gioco, che si è ripresentato comunque in altre occasioni e in altre quest. Nel momento in cui vi scriviamo abbiamo aggiornato il client di gioco con una patch di 50gb, in cui era presente una riga di comando tra le tante pronta a risolvere uno dei bug che impediva ai giocatori di interagire con un distributore di monete perché invisibile.

Se proprio vogliamo dirla tutta, un altro fattore che proprio ci lascia perplessi è l’utilizzo di una grafica praticamente identica a Fallout 4. Come se il tempo si fosse fermato per magia a quattro anni fa, Fallout 76 esce su tutte le piattaforme mantenendo gli stessi pregi e difetti del capitolo precedente, quasi come se il sunto della produzione del primo sia assimilabile a un semplice reskin del quarto capitolo. Tra un calo di framerate e l’altro, poi, le correzioni da fare in sede grafica sono notevoli.

C.A.M.P.ING IN WEST VIRGINIA

Oltre alla novità legata al C.A.M.P. il gioco prevede anche il posizionamento di alcune zone di costruzione, pensate per accrescere la mole di attività da svolgere durante la vostra esperienza in gioco. Durante l’esplorazione dell’Appalachia troverete delle zone contrassegnate da un indicatore univoco, che possono essere conquistate dal giocatore di turno al fine di sbloccare una zona di costruzione munita di alcune risorse extra naturale a cui poter attingere per produrre materie prime.

Non appena arrivati alla zona si sblocca una missione di pulizia del campo, seguita durante il vostro gameplay da altre randomiche in cui vi viene richiesto di difenderlo dall’attacco di diversi nemici. Queste zone però non vengono “bindate” all’account una volta conquistate, ma vengono assoggettate al continuo divenire del mondo di gioco, finendo per essere conquistate o sparire durante la nostra assenza dai server.

Ci è capitato di costruire un’intera base piena zeppa di difese per vederla spazzata via, quasi in un batter d’occhio, da altri personaggi pronti a depredarla per ottenere materiali di costruzione. A questo proposito vi consigliamo caldamente di sfruttare quasi solamente il C.A.M.P. perché rimane una vostra proprietà esclusiva e ogni volta che lo spostate, spendendo qualche tappo, gli oggetti costruiti in precedenza finiranno direttamente nel deposito senza essere distrutti.

Un po' questa funzionalità viene suggerita dal gioco, che vi invita caldamente a considerare il C.A.M.P. come un espediente adatto al nomadismo, pronto a supportarvi in ogni situazione vi troviate. Ricordatevi inoltre che il medesimo non sarà edificabile nelle vicinanze di una zona urbana, questo sicuramente allo scopo di evitare il farming delle risorse accanito.

MECCANISMO INCEPPATO

Arriviamo dunque al vero nodo focale del discorso: il cambio del franchise in favore del multigiocatore è servito? La nostra risposta è purtroppo ni. I motivi restano legati all’incapacità di fare gruppo dei giocatori presenti nel server, che spesso si trovano nelle vostre vicinanze per fare le stesse missioni ma si “rifiutano” di fare un vero e proprio gruppo, limitandosi a percorrere la stessa strada uccidendo i mostri presenti e sbrigandosi a interagire con l’oggetto missione prima di voi.

Ci sono anche gli infami, non ve lo nascondiamo, nel senso che alcune persone posso tenere attiva la modalità PvP e andare in giro a uccidere chiunque senza una vera e propria motivazione. Questo espediente si accosta perfettamente allo stile di gioco impostato dall’offerta, soprattutto a livello di ambientazione, ma perde quasi subito pathos perché la posizione di ogni giocatore viene indicata in tempo reale sulla mappa.