Final Fantasy I&II: Dawn of Souls

di Antonio Norfo
Le vicissitudini che videro la nascita di Final Fantasy e di cui spesso si legge sono ora miste a leggenda, ora parte di una storia reale. Certo è che dal nome stesso, implicante un finale, e dalle acque in cui navigava l'allora Squaresoft si può dedurre che le circostanze economiche non fossero di quelle felici. Tuttavia, a partire dall'uscita sul mercato (1987) bastò poco perché una compagnia allora sull'orlo del fallimento potesse garantirsi dapprima un futuro immediato, poi, col fluire degli anni, una rinomanza toccante il suo apice nell'unione societaria e consensuale con l'ex rivale Enix.
Il Family Computer Nintendo fu al contempo punto d'approdo e di partenza sia dell'intraprendenza di Hironobu Sakaguchi, sia delle concezioni artistiche di Nobuo Uematsu e Yoshitaka Amano (rispettivamente responsabili di pentagrammi e background grafico) e mentre ciascuno di essi ora inizia un'avventura parallela nel nome dei "Mist Walker", a partire dal dicembre dell'anno appena trascorso l'Europa ha accolto Final Fantasy I&II Dawn of Souls.


table1
Nel primo dei due tasselli, Final Fantasy, si respira basilarmente aria di vecchia scuola J-Rpg, con una narrazione genuina e lineare per nulla volenterosa di spingersi in sentieri pseudo-psicologici ed in peripezie che trascendano dalla "consuetudinaria" vita di eroi, predestinati cioè a riportare l'ordine in un mondo immerso nel caos. I quattro protagonisti vengono scelti e nominati dal videogiocatore il quale fra sei classi, poi evolvibili, potrà selezionare quanto preferisca (Mago Rosso, Bianco e Nero, Guerriero, Ladro e Monaco). La trama sfiora a tratti la fiaba e il che è non aprioristicamente un male se non per chi si ritenga pretenzioso nelle richieste fatte al copione. L'essenzialità si ripercuote di fatto anche sul gameplay, sia nei combattimenti (assenti ad esempio le file che a partire da Final Fantasy II proteggeranno i meno esposti al nemico), sia nell'esplorazione. Quest'ultima è suddivisa secondo le tripartite ambientazioni: lande, borghi abitati e dungeon ed a riguardo si possono avanzare alcune problematiche. Anzitutto i villaggi propongono una appena accennata simulazione di vita cittadina, ottemperando principalmente alla necessità della compra-vendita. In secondo luogo un potenziale affanno è dato, secondo solo alla generosa frequenza di scontri casuali, da come è stata allestita la navigazione (la quale peraltro non sarà l'unico mezzo di locomozione). Mancando infatti spesso di qual che sia indicazione testuale, raggiungere talune tappe potrebbe essere una mansione quantomeno dispersiva, fermo restando che per aggirare l'assenza della "bussola" sia bastevole girovagare per mari e monti (portando gioie e dolori potenziali a chi ami o detesti una simile mansione).

Alti e bassi, in definitiva, dipendono strettamente dalla formula recitata d'archetipo del genere (con mancanze e canoni annessi), una formula che già Final Fantasy II, sin dalla sua prima apparizione (1988), decise prontamente di rinnegare parzialmente. Considerato troppo spesso come anello debole della catena da una buona fetta di giocatori di vecchia data, il titolo si dimostra al contrario, almeno idealmente, un buon esempio innovativo. E' peraltro singolare come certe trovate per parte abbiano lasciato la matrice principale e siano approdate sulla serie SaGa, per altra abbiano contribuito all'evolversi storico di Final Fantasy.


Tale contributo ha inizio dalla trama, con personaggi definiti ed inseriti in una storia ora non più semplice pretesto per incanalare il giocatore alla fonte. Si dà inizio alla graduata carenza di riempire un avatar con la propria interpretazione (peculiarità certamente meno videoludica e più cartacea), ma si assiste a storici ingressi nella sceneggiatura quali ad esempio un impero da ostacolare e specialmente alcuni personaggi secondari ben curati nel profilo interiore. Per quanto concerne l'aspetto bellico (gli scontri anche qui saranno molti) le testé accennate file strategiche, o se vogliamo gli schieramenti, sono qui presenti e l'intera fenomenologia di apprendimento delle tecniche ed esperienza combattiva viene completamente rinnovata. Non vi è infatti una crescita numerica strettamente legata al livello, semmai un ponderato accrescersi delle statistiche nelle voci strettamente interessate: usare l'arco ne comporta ad esempio delle migliorie, così come avviene per qualsiasi altra arma, equipaggiamento o magia (comportando insomma una grande personalizzazione delle tecniche e del loro progredire).

Il tandem qui analizzato apparve invero già su PsOne nella raccolta Final Fantasy Origins e, andando a ritroso, si presentò separatamente sui soli lidi nipponici del Wonderswan, ma rispetto a tali controparti, la versione Game Boy Advance condivide da una parte il divenire principale della narrazione (il reparto audio-visivo è riveduto e corretto rispetto all'originale 8 bit), dall'altra ne emerge, apportando delle aggiunte che comprendono (in ordine decrescete d'importanza) tanto l'incremento numerico del Bestiario (il cui grado di completamento è dato in percentuale), quanto la possibilità di salvare ovunque fuorché durante i combattimenti, quanto, soprattutto, la presenza di labirintiche nuove locazioni (si veda, a tal proposito, il box integrativo). Sebbene, in definitiva, l'interesse cresca al diminuire delle volte cui si è visto e provato il duo ludico in questione, con un nome così roboante due classici al prezzo di uno risultano sempre appetibili. I più assidui appassionati della serie e del genere sapranno certamente esserne soddisfatti fruitori, con la pur presente considerazione che a disposizione di chi li abbia ampiamente assaporati nelle precedenti due riproposte (di cui una, quella del portatile Bandai, solo in ideogrammi) vi sono sì novità e citazioni di contorno, ma non rivoluzioni che possano sconvolgere l'esperienza finale, a meno che (ovviamente) la traduzione italiana ora presente non sia da considerarsi come tale.

215