Fire Emblem: Path of Radiance
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La storia ci racconta come il gioco di ruolo strategico secondo Intelligent Systems nacque su Famicom nel lontano 1990 e, dopo alcuni episodi su NES e Super NES, esso vide nuovamente la luce per mezzo del piccolo Game Boy Advance (grazie al quale i fan scoprirono, con ben tre episodi, come ancora fosse appagante condurre le proprie truppe nel nome del Bene).
"Rekka no Ken" prima - da noi semplicemente Fire Emblem - e "Seima no Kouseki" dopo - il recente The Sacred Stones -, hanno esportato in occidente un mito che, com'è noto, rischiava di rimanere confinato nei soli mercati orientali. Oggigiorno, anno Domini 2005, l'emblema di fuoco sbarca in occidente con una certa puntualità, e dai primi di novembre è pure tornato su home console (in un Gamecube che sembrerebbe attendere più di ogni altra cosa l'avvento di Zelda e del proprio rivoluzionario successore).
A differenza di Advance Wars, la trasposizione dalle due alle tre dimensioni di Fire Emblem non è stata affatto affidata a terze parti (di Battallion Wars si sono invece occupati gli inglesi Kuju), né, tanto meno, ha subito modifiche radicali per quanto concerne e le meccaniche di gioco e l'atmosfera fantasy di cui da sempre si avvale.
Pertanto, quanto si è detto a suo tempo per il "Weapon Triangle" e la "Trinity of Magic", ossia i punti di forza e debolezza insiti nelle tipologie d'armi e di incantesimi, vale ancora oggi per Path of Radiance.
Così, giusto per ripassare, si ricordi che le spade danneggeranno i portatori d'ascia, quest'ultimi saranno letali nei confronti dei lancieri e le aste, a loro volta, si mostreranno efficaci contro gli spadaccini.
Non si dimentichi poi che i tomi magici, se di carattere sacro primeggeranno su quelli oscuri, se oscuri sopprimeranno la magia Anima e se ispirati a madre natura saranno avvantaggiati contro le tecniche della luce. Come sempre, inoltre, non vanno tralasciate né le armi dalla distanza (archi e giavellotti, ad esempio), né quelle che esulano dagli schemi sopraccennati (più rare ma non per questo irrilevanti nell'economia di gioco). All'appello rispondono infine presente le classi belligeranti (la promozione sarà automatica per la maggior parte dei personaggi che sorpasserà il ventesimo livello), i combattimenti a turni e la tanto amata da alcuni -quanto odiata dai più- scomparsa effettiva dei commilitoni caduti in battaglia. Nessun artefatto e nessuna magia gli restituirà il virtua-respiro: cosicché i perfezionisti (o, semplicemente, coloro che si fossero affezionati ad un "X" personaggio poi morto per proprio errore) dovranno iniziare nuovamente, se lo vorranno, il capitolo incriminato (la perdita del lord, chiaramente, combacia col game over). Il che è eventualmente frustrante e tedioso, ma comunque verosimile e coerente con una severa strategia qual'è quella qui offerta.
Dal canto loro le aggiunte, come ad esempio il comando "Spinta", sono senz'altro tali da non sconvolgere il canonico assetto tattico (eccessivi mutamenti avrebbero probabilmente indispettito gli appassionati di vecchia data, ma avrebbero anche potuto convincerne altri).
La più importante delle novità è insita comunque nella mitologia e nel racconto di Path of Radiance, giacché all'interno del mondo di fantasia ospitante, e più precisamente nel continente di Tellius, risiedono delle tribù che si differenziano dal genere umano qui noto come Beorc ed i cui componenti sono fatti a immagine della divinità. Una di esse è la tribù delle bestie, dai tratti felini, ed è residente in quel di Gania; un'altra si trova a sud, in isole custodite dagli uomini-uccello; la terza abita infine Goldoa ed è la possente tribù dei draghi.
Tradizionalmente queste tre etnie sono dette "laguz" (che in idioma locale significherebbe "seme del potere") e da sempre combattono i propri nemici (il peggiore dei quali è il razzismo che ovunque li insegue).
Da un punto di vista prettamente ludico, invece, i laguz che verranno arruolati nelle schiere gestite dal giocatore si esibiranno in quelle che sono le loro peculiarità combattive, ossia la metamorfosi animalesca e l'uso di armi non certo convenzionali come gli artigli (cessata la trasformazione essi saranno, d'altra parte, alla mercé del nemico).
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L'incipit narrativo vede Ike, ossia il protagonista principale, fianco a fianco del padre Greil, che oltre ad essere il mentore del primo è anche alla guida di una combriccola di mercenari fra i quali spicca la paladina Titania.
Tutto procede come dovrebbe, con briganti ricacciati nell'ombra e sequestri sventati, con aiuti ai villaggi vicini e con le prime battaglie dell'ancora inesperto Ike (il cui destino di condottiero è però segnato). Un'invasione imprevista è certamente nell'aria (che Fire Emblem sarebbe altrimenti?) ed i loschi eserciti di Daein attaccano la nazione che abbraccia noi ed i nostri cari: Ozna. Nulla sarà più come prima: tragedie ed intrighi scorreranno come il sangue, scontri ed incontri (a partire dalla principessa Elincia) si susseguiranno incessantemente, reclutamenti e missioni plasmeranno pian piano decine e decine di personaggi (una quarantina circa faranno parte del nostro party). Ed è questa del resto una serie dal ritmo pacato, che può piacere invero a quanti apprezzino una simile "lentezza", presente sia nel gameplay (l'essere strateghi richiede su tutto riflessione), sia nella fruizione della trama (laddove i dialoghi -da leggere- costellano l'intera avventura e non temono certo di prendersi tutto il tempo che ritengano necessario).
Esteticamente, poi, il discorso sarà tanto breve per il reparto acustico (colonna sonora come sempre eccellente), quanto invero più sfaccettato per quello visivo. Laddove la lode spetta sicuramente ai filmati (autentici cartoni animati) ed alla qualità delle illustrazioni bidimensionali (ivi incluso il character design), ben più modesto risulta essere il motore poligonale, sia nelle animazioni interne ai duelli (che in 2d risultano di gran lunga più spettacolari) sia nella resa generale degli ambienti ove effettuare tutti gli spostamenti tattici. Due anime (una votata alla meraviglia, l'altra alla funzionalità) che in teoria configgerebbero (considerati anche i propri, diversissimi obiettivi), ma che alla prova dei fatti sanno convivere in totale tranquillità.
"Rekka no Ken" prima - da noi semplicemente Fire Emblem - e "Seima no Kouseki" dopo - il recente The Sacred Stones -, hanno esportato in occidente un mito che, com'è noto, rischiava di rimanere confinato nei soli mercati orientali. Oggigiorno, anno Domini 2005, l'emblema di fuoco sbarca in occidente con una certa puntualità, e dai primi di novembre è pure tornato su home console (in un Gamecube che sembrerebbe attendere più di ogni altra cosa l'avvento di Zelda e del proprio rivoluzionario successore).
A differenza di Advance Wars, la trasposizione dalle due alle tre dimensioni di Fire Emblem non è stata affatto affidata a terze parti (di Battallion Wars si sono invece occupati gli inglesi Kuju), né, tanto meno, ha subito modifiche radicali per quanto concerne e le meccaniche di gioco e l'atmosfera fantasy di cui da sempre si avvale.
Pertanto, quanto si è detto a suo tempo per il "Weapon Triangle" e la "Trinity of Magic", ossia i punti di forza e debolezza insiti nelle tipologie d'armi e di incantesimi, vale ancora oggi per Path of Radiance.
Così, giusto per ripassare, si ricordi che le spade danneggeranno i portatori d'ascia, quest'ultimi saranno letali nei confronti dei lancieri e le aste, a loro volta, si mostreranno efficaci contro gli spadaccini.
Non si dimentichi poi che i tomi magici, se di carattere sacro primeggeranno su quelli oscuri, se oscuri sopprimeranno la magia Anima e se ispirati a madre natura saranno avvantaggiati contro le tecniche della luce. Come sempre, inoltre, non vanno tralasciate né le armi dalla distanza (archi e giavellotti, ad esempio), né quelle che esulano dagli schemi sopraccennati (più rare ma non per questo irrilevanti nell'economia di gioco). All'appello rispondono infine presente le classi belligeranti (la promozione sarà automatica per la maggior parte dei personaggi che sorpasserà il ventesimo livello), i combattimenti a turni e la tanto amata da alcuni -quanto odiata dai più- scomparsa effettiva dei commilitoni caduti in battaglia. Nessun artefatto e nessuna magia gli restituirà il virtua-respiro: cosicché i perfezionisti (o, semplicemente, coloro che si fossero affezionati ad un "X" personaggio poi morto per proprio errore) dovranno iniziare nuovamente, se lo vorranno, il capitolo incriminato (la perdita del lord, chiaramente, combacia col game over). Il che è eventualmente frustrante e tedioso, ma comunque verosimile e coerente con una severa strategia qual'è quella qui offerta.
Dal canto loro le aggiunte, come ad esempio il comando "Spinta", sono senz'altro tali da non sconvolgere il canonico assetto tattico (eccessivi mutamenti avrebbero probabilmente indispettito gli appassionati di vecchia data, ma avrebbero anche potuto convincerne altri).
La più importante delle novità è insita comunque nella mitologia e nel racconto di Path of Radiance, giacché all'interno del mondo di fantasia ospitante, e più precisamente nel continente di Tellius, risiedono delle tribù che si differenziano dal genere umano qui noto come Beorc ed i cui componenti sono fatti a immagine della divinità. Una di esse è la tribù delle bestie, dai tratti felini, ed è residente in quel di Gania; un'altra si trova a sud, in isole custodite dagli uomini-uccello; la terza abita infine Goldoa ed è la possente tribù dei draghi.
Tradizionalmente queste tre etnie sono dette "laguz" (che in idioma locale significherebbe "seme del potere") e da sempre combattono i propri nemici (il peggiore dei quali è il razzismo che ovunque li insegue).
Da un punto di vista prettamente ludico, invece, i laguz che verranno arruolati nelle schiere gestite dal giocatore si esibiranno in quelle che sono le loro peculiarità combattive, ossia la metamorfosi animalesca e l'uso di armi non certo convenzionali come gli artigli (cessata la trasformazione essi saranno, d'altra parte, alla mercé del nemico).
L'incipit narrativo vede Ike, ossia il protagonista principale, fianco a fianco del padre Greil, che oltre ad essere il mentore del primo è anche alla guida di una combriccola di mercenari fra i quali spicca la paladina Titania.
Tutto procede come dovrebbe, con briganti ricacciati nell'ombra e sequestri sventati, con aiuti ai villaggi vicini e con le prime battaglie dell'ancora inesperto Ike (il cui destino di condottiero è però segnato). Un'invasione imprevista è certamente nell'aria (che Fire Emblem sarebbe altrimenti?) ed i loschi eserciti di Daein attaccano la nazione che abbraccia noi ed i nostri cari: Ozna. Nulla sarà più come prima: tragedie ed intrighi scorreranno come il sangue, scontri ed incontri (a partire dalla principessa Elincia) si susseguiranno incessantemente, reclutamenti e missioni plasmeranno pian piano decine e decine di personaggi (una quarantina circa faranno parte del nostro party). Ed è questa del resto una serie dal ritmo pacato, che può piacere invero a quanti apprezzino una simile "lentezza", presente sia nel gameplay (l'essere strateghi richiede su tutto riflessione), sia nella fruizione della trama (laddove i dialoghi -da leggere- costellano l'intera avventura e non temono certo di prendersi tutto il tempo che ritengano necessario).
Esteticamente, poi, il discorso sarà tanto breve per il reparto acustico (colonna sonora come sempre eccellente), quanto invero più sfaccettato per quello visivo. Laddove la lode spetta sicuramente ai filmati (autentici cartoni animati) ed alla qualità delle illustrazioni bidimensionali (ivi incluso il character design), ben più modesto risulta essere il motore poligonale, sia nelle animazioni interne ai duelli (che in 2d risultano di gran lunga più spettacolari) sia nella resa generale degli ambienti ove effettuare tutti gli spostamenti tattici. Due anime (una votata alla meraviglia, l'altra alla funzionalità) che in teoria configgerebbero (considerati anche i propri, diversissimi obiettivi), ma che alla prova dei fatti sanno convivere in totale tranquillità.