Fortnite

di Simone Rampazzi

Apocalisse zombie. Un tema particolarmente reiterato in qualsivoglia salsa multimediale, soprattutto in un periodo storico dove la forza dei non-morti si è fatta strada, letteralmente, con i piedi di piombo (e qualche dito lasciato per terra). Ed è così che anche Epic Games, conosciuta al mondo per Unreal Tournament e il motore grafico Unreal Engine, ultimamente si è messa al lavoro cercando di sfruttare alcuni generi che adesso vanno per la maggiore.

Dopo aver tirato fuori dal cilindro Paragon, basato sulle meccaniche dei MOBA ma con una grafica in terza persona, la casa di sviluppo ha deciso di buttarsi sul team-building con qualche nota action ed alcune, gradevoli, parti gestionali e ruolistiche.

La Terra è perduta, o forse no?

In Fortnite un cataclisma di proporzioni bibliche ha colpito la Terra, a tutti gli effetti riducendone la popolazione del 98%. Questa non meglio definita “tempesta” viola ha teletrasportato sul nostro pianeta i famosi mangiatori di morte, al fine di annientare qualsiasi forma di vita senza il minimo scrupolo.

Ed è proprio in questo contesto, reso comunque più leggero da una piacevole grafica cartoon, che il protagonista entra in gioco, guidando una resistenza composta da sopravvissuti e macchine senzienti. La cinematica d’inizio sarà seguita da un tutorial completo, che farà muovere al nostro alter ego i suoi primi passi nell’ambientazione dandoci in pasto tutte le informazioni basilari di cui abbiamo bisogno, come la configurazione dei comandi e, nondimeno, i primi rudimenti della modalità costruzione.

Muovendoci infatti nello scenario, grazie a un’impostazione da titolo action in terza persona, abbiamo l’opportunità di raccogliere una discreta quantità di risorse mediante l’utilizzo di un piccone, da utilizzare poi in un secondo momento per costruire un campo base di fortuna, composto praticamente da mura, pavimenti, scale e trappole.

Seguendo una serie di missioni ordinate ad hoc per farvi seguire una timeline ben precisa, i primi minuti volano passandoli in giro per i vari scenari dedicati, tutti appartenenti a quattro macro-aree, separate unicamente dal livello minimo consigliato per giocarvi. Può capitare di trovarsi in una città vicina con l’intento di salvare i superstiti nascosti in qualche rifugio di fortuna, oppure di dover scortare qualcuno o, meglio ancora, di dover difendere la propria base al fine di ampliare il campo di protezione generato da quest’ultima.

La struttura del gioco, una volta scesi in campo, segue delle fasi ben delineate: si parte dal reperimento delle risorse di qualsivoglia tipologia, passando poi per la costruzione del fortino che dovrà difendere il punto missione dall’invasione zombie. Arriva quindi la fase del combattimento, nella quale il team (di massimo quattro giocatori) dovrà difendersi da varie ondate di zombie, ognuna contente tipologie di nemici dalle abilità peculiari.

Il passaggio tra una modalità e l’altra è stato reso molto naturale dagli sviluppatori, fattore che rende quasi ogni partita dinamica e divertente, anche se a tutti gli effetti il succo è sempre quello. Il che non vuole essere una critica eccessiva, ma piuttosto un piccolo elogio per una struttura che sfrutta in maniera virtuosa questa tipologia di meccaniche.

Il gameplay ne risente in positivo, accompagnando il giocatore in un cammino soddisfacente dove ogni caratteristica viene spiegata “a tempo debito”. Gli innumerevoli pannelli nell’interfaccia gestionale, consultabili tra una missione e l’altra, sono così stratificati al punto che diventa importante capirne i funzionamenti.

Si parte con delle missioni molto easy, solo per arrivare a capire come potenziare al meglio le proprie abilità, sbloccarne di nuove per gestire il proprio esercito personale di sopravvissuti e infine comporre delle squadre che potenziano le caratteristiche del vostro campo base.

Ma alla lunga...

Il problema di Fortnite, pensando nell’ottica dell’end-game, è che purtroppo sembra non esserci una vera e propria caratterizzazione, e relativa diversificazione, dei nemici schierati in campo.

Anche se sembrano comparire all’orizzonte, scenario dopo scenario, nemici che possono mettervi alla prova sul campo, dall’altra parte vediamo come la struttura free-to-play sembri lasciare spazio alle micro-transazioni, utili più che mai al fine di ottenere personaggi diversi e/o bonus considerevoli al level-up.

Mancando effettivamente un grado di sfida soddisfacente, appesantito da una ripetitività a livello di scenari, il gioco perde leggermente mordente sulle fasi avanzate, dimostrando che forse si poteva fare qualcosa di più in fase di sviluppo sino ad oggi.