Front Mission 1st: Remake, resuscitare un classico – Recensione Switch
Con il remake del secondo capitolo rimandato, vi ricordiamo del suo progenitore, presto disponibile su tutte le piattaforme
Quest’oggi sarebbe dovuto uscire Front Mission 2: Remake su Nintendo Switch, ma come saprete è stato rinviato in data da destinarsi. Un’ottima occasione, dunque, per parlarvi del suo predecessore, Front Mission 1st: Remake, sempre per la console ibrida Nintendo, assente dalle nostre pagine e in uscita il prossimo 30 giugno su PC, piattaforme Sony e Microsoft. Non che serva una scusa per tirare in ballo un classico come Front Mission.
Storie dal fronte
Front Mission nasce nel 1995 su SNES per mano dell’allora Square, per poi ricevere un porting esteso per PS1 nel 2003 (su cui si basa il remake) e un adattamento per DS nel 2007. Quest’ultima fu la prima versione del titolo a sbarcare in Occidente, e solo in America; ciò significa che la produzione Forever Entertainment per Switch segna il debutto ufficiale del gioco in Europa.
A guardare la copertina dell’epoca, illustrata da Yoshitaka Amano, e considerati i suoi creatori, è facile pensare a “Final Fantasy con i mech”, ma i due non potrebbero essere più distanti, e non solo a livello di ambientazione. Lontano dall’epica fantasy dei primi capitoli della saga di Sakaguchi, Front Mission propone uno scenario di guerra più verosimile, con un cast composto prima di tutto da persone che non da eroi, in cui gli scontri fra robottoni fanno da sfondo a una vicenda dove non ci sono davvero buoni o cattivi, soprattutto tra le fila di coloro che scendono in battaglia o le vittime della devastazione che si portano dietro. Intrighi politici, fedeltà alla causa o a sé stessi, tradimenti e crimini di guerra; del sano, vecchio, military drama, che ben si sposa con il genere mecha, come insegna un certo Mobile Suit Gundam da oltre 40 anni.
A dire il vero, la prima campagna nei panni dell’OCU è ancora molto sui generis, con un intreccio piuttosto lineare, che parte dal protagonista senza patria in cerca di vendetta, fino ad arrivare allo stereotipato epilogo “ammazza il dio malvagio di turno” che funesta le battute conclusive della stragrande maggioranza dei JRPG, praticamente da sempre.
Ecco perché ritengo che la trama trovi compimento solo con la seconda campagna, ai comandi dell’UCS, introdotta nella versione PS1; più breve nella durata, e compatta nei contenuti, la storia ci porta ai margini degli eventi principali del conflitto, consentendo di analizzarlo da un altro punto di vista, e completando al contempo il quadro narrativo, presentando nuovi volti e vecchie conoscenze, a cui viene dedicato più tempo per approfondirne i tratti, anziché girare a vuoto per la mappa, per un’esperienza nel complesso più gratificante. Non a caso l’espansione proviene da un’epoca in cui la componente narrativa nel media aveva subito sviluppi impressionanti e assumeva ormai un ruolo centrale in numerosi titoli.
30 anni e non sentirli (più o meno)
Da giocare le due avventure sono pressoché identiche, con l’OCU che sfrutta il maggior numero di missioni per spaziare meglio il rinnovo dell’equipaggiamento nei negozi, ma perde mordente nelle fasi conclusive. L’UCS propone invece scenari più interessanti; tuttavia, poiché condensa gli stessi contenuti in meno capitoli, si è spesso costretti a mettere mano al portafogli per mantenere l’arsenale al passo, e numerosi componenti restano inutilizzati, in quanto obsoleti sin dall’introduzione sugli scaffali. Completare entrambe le campagne vi porterà via tra le 30 e le 40 ore, con la possibilità di riavviarle a difficoltà superiori conservando abilità e inventario.
In termini di gameplay, ci troviamo innanzi alla stessa formula SRPG di quasi tre decadi fa. Forever Entertainment si è premurata di includere alcune gradite migliorie alla “quality of life”, come la possibilità di saltare o velocizzare le animazioni di battaglia, telecamera libera, mappa dettagliata dall’alto, più informazioni a schermo per alleati e nemici, e in linea generale un’interfaccia più pulita e funzionale, ma si poteva fare qualcosina in più per i menù, dove l’ammontare di click necessari per passare da un Wanzer all’altro durante il setup diventa avvilente dopo un po'. Presentare inoltre le stesse meccaniche intonse dell’originale per SNES è un proposito lodevole, ma forse l’esperienza avrebbe giovato da un paio delle aggiunte dai capitoli successivi, e lasciando magari la scelta al giocatore se attivarle o meno (come già avviene per diverse opzioni).
Allo stato attuale emergono molte delle “ingenuità” dell’epoca, che denotano un bilanciamento piuttosto scarso non appena ci si rende conto di come approfittarne, dalle migliori accoppiate di armi per staccare arti come se nulla fosse, alle scommesse nell’arena per ammassare soldi ed esperienza in quantità industriali e senza vincoli. Le prime battute sono infatti discretamente impegnative, ma i rapporti di forza scalano rapidamente in modo incontrollato a favore del giocatore e l’IA, già stupida di suo, non ha modo di controbattere. Alzare il livello di difficoltà attenua questa problematica, ma avremmo preferito fronteggiare piloti migliori su hardware di ultima generazione, e magari più rinforzi, rispetto ai soliti modelli con parametri pompati.
Detto ciò, assemblare e guidare un piccolo esercito di robottoni fa sempre la sua figura, e nonostante le lacune evidenziate Front Mission resta uno strategico a turni coinvolgente e divertente oggi come allora. Di nuovo, pad alla mano le due campagne non di distinguono granché, se non per una piccola introduzione che agevola non poco gli scontri con l’UCS: la possibilità di equipaggiare un backpack che permette alle unità di rifornire e riparare gli alleati adiacenti, rimuovendo dall’equazione il furgoncino di Pewie, inutile in battaglia e il più delle volte incapacitato dal primo scalino sul percorso; avere più “curatori” poi apre la strada a soluzioni tattiche più interessanti.
Dove si intravede il remake
Dal punto di vista tecnico, non sono un grandissimo fan della direzione intrapresa da Forever Entertainment. La veste grafica ricalca fedelmente stile e presentazione dell’opera 16-bit, adattandoli al nuovo motore grafico tridimensionale, realizzato in Unity. Tuttavia, su SNES avevamo a che fare con minuti sprite 2D, e quindi in un certo senso “obbligati” a sfoggiare fattezze esagerate per esaltarne i particolari; vedere le stesse proporzioni trasposte tali e quali sui nuovi modelli 3D non è altrettanto gradevole. I Wanzer sono oltremodo sgraziati, soprattutto quando si combinano componenti di diversi chassis. Non aiuta l’eccessiva saturazione dei colori, che fa sembrare i mech dei pupazzetti di plastica. A vedere i design dai trailer del remake di Front Mission 2 si direbbe una scelta deliberata, in virtù di una conversione quanto più fedele all’originale, ma il risultato finale non è il massimo. Nulla da eccepire invece per quanto riguarda la leggibilità dello schermo; la composizione di immagini e interfaccia consente sempre di avere tutto sotto controllo.
La colonna sonora di Yoko Shimomura e Noriko Matsueda è stata interamente riorchestrata, e i nuovi brani possono essere alternati a comando a quelli dell'epoca. Personalmente la scaletta per SNES ha quella marcia nostalgica in più che mi porta a favorirla, ma ciò non toglie alcun merito ai nuovi componimenti, che anzi catturano alla perfezione il tono e le atmosfere invocate dal titolo, e più in generale sono molto orecchiabili; qualunque sia la vostra scelta tra le due, è senza dubbio quella giusta.
Versione Testata: Switch
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Redazione