Front Mission 2: Remake, i fasti e le ruggini di un vecchio mech – Recensione PC
La recensione del remake di Front Mission 2 di Storm Trident, uno strategico di culto di cui però si sente tutto il peso degli anni trascorsi
Debuttato circa 6 mesi su Nintendo Switch, Front Mission 2: Remake approda ora sulle altre piattaforme in commercio, tra cui PC tramite Steam, la versione da noi provata. Lo strategico a turni a base di robottoni di Storm Trident e Forever Entertainment ripropone (o forse dovremmo dire propone, visto che si tratta della prima iterazione del titolo a uscire dal Giappone) il classico Front Mission 2 per PS1 dell'allora Square in tutta la sua gloria (e i suoi acciacchi) con una rinnovata veste grafica, mantenendo inalterate storia, interfacce e dinamiche di gioco. Le recensioni della stampa specializzata dell’epoca non furono particolarmente lusinghiere in quel di Nintendo, ma forse il rinnovato ambiente e tutte le patch avranno sortito un qualche effetto sulla bontà dell’opera? Scopriamolo.
Front Mission 2: Remake, tre protagonisti e un Wanzer
Sulla scia del primo capitolo per SNES (e relativo remake uscito qualche anno fa un po’ dappertutto) Front Mission 2 vanta una storia dal taglio maturo, ambientata 12 anni dopo gli eventi dell’originale e vissuta dalla prospettiva di ben tre diversi protagonisti, che il gioco seguirà a fasi alterne (finché non si ricongiungeranno tutti per il rush finale). L’idea di avere un punto di vista cangiante è sicuramente utile per aiutare lo spettatore ad avere un’idea quanto più completa del conflitto, una guerra civile in un paese sull’orlo del collasso, però, e questa è un’opinione personale, abbiamo trovato la vicenda un pelo meno interessante rispetto a quella di Front Mission, forse per via del ritmo più lento e l’assenza di un “cattivo” ben definito.
Quella di Front Mission 2 è una guerra piena di zone grigie, il che la rende di sicuro più verosimile, ma mancano quelle “romanzate” atte a dare un po’ di colore al tutto, o almeno spessore al cast di protagonisti e comprimari, abbastanza anonimi salvo rare occasioni. Colpa dei dialoghi? Della poca atmosfera? Difficile dirlo, ma già che ci siamo evitate come la peste l’adattamento italiano, realizzato con qualche strumento di traduzione automatica, e preferite quello inglese, non perfetto, ma se non altro più pulito e contestualizzato correttamente. È il 2024, espressioni gergali tradotte in modo letterale non si possono proprio vedere.
Front Mission 2: Remake, strategia mecha vecchio stampo
Il punto di forza di Front Mission come saga però è sicuramente la formula di gioco strategica, che in questo il secondo capitolo è stato espansa con nuove meccaniche che rendono gli scontri ancora più tattici e ragionati. Le tre tipologie di danno e relative resistenze “elementali” delle corazze (perforante, fuoco e impatto) influenzano l’equipaggiamento che ogni Wanzer dovrà montare per risultare versatile e competitivo sul campo di battaglia, il nuovo sistema di AP e l’elevato livello di difficoltà, anche ai settaggi più bassi, impedisce exploit di singole unità come nell’originale, che ora possono essere buttate giù se circondate anche da banali tank.
È un sistema minato tuttavia da un sacco di elementi randomici, come l’attivazione delle abilità e degli scudi, che sembrano premiare il più delle volte la fazione nemica e complica abbastanza gli scontri, obbligando sempre a considerare lo scenario peggiore possibile, come una sequenza di colpi a vuoto e il relativo contrattacco con critico sul braccio con l’arma migliore del loadout (ho perso il conto di quante volte ho sprecato turni o rischiato game over per cafonate del genere), e non c’è neanche modo di grindare per compensare in qualche modo la situazione; Front Mission 2 è spietato in tal senso e non si fa problemi a mettere il giocatore in situazioni proibitive che richiedono non poco ingegno (e fortuna) per scamparla.
Questo andazzo però rovina il bilanciamento del combat system, visto che già dalle prime battute si è praticamente costretti a impiegare la tattica più “safe”, e cioè riempire ogni wanzer di mitragliatrici e sviluppare i piloti nel combattimento a corto raggio, che vanta le abilità più interessanti e utili (quando si attivano, e quello è un altro paio di maniche), non si rischia di essere asfaltati prima di arrivare a tiro come con gli attacchi in mischia, e non si passa gran parte del tempo a fare la bella statuina sperando che un nemico entri nel limitato raggio dell’artiglieria (che poi puntualmente andrà a vuoto). Risultato? Un intero battaglione di Wanzer dove fanno tutti la stessa cosa nello stesso modo, e chi azzarda diversamente è destinato a restare indietro (e a diventare un peso nelle sortite avanzate). Qualcosa deve cambiare.
E noi partiremmo dalle interfacce prima che dal gameplay. Front Mission 2 non ha un tutorial in-game, i rudimenti si apprendono sulla propria pelle, e questo ci può stare, ma alcune meccaniche e diversi parametri meriterebbero una spiegazione più dettagliata, come gli AP (o Action Point), che determinano movimento e costo degli attacchi, il sistema di panico, che influenza il recupero di suddetti AP; le chance di attivazione e lo sblocco delle abilità, la cui descrizione degli effetti è pure abbastanza vaga, e altro legato alle statistiche di piloti e componenti. E non abbiamo neanche menzionato la UI durante gli scontri, che meriterebbe un controllo più celere (l’accoppiata mouse e tastiera in parte risolve), una funzione di zoom, infografiche più dettagliate e una griglia in generale più pulita e funzionale. Va bene restare fedeli all’opera originale, ma qui gli estremi per un ritocco c’erano tutti.
Front Mission 2: Remake, lastricarsi di buone intenzioni
Finora siamo stati piuttosto critici nei confronti del titolo Storm Trident, ma questo perché ci aspettavamo di più da questo remake, e perché apprezziamo davvero le dinamiche di gioco e l'enorme livello di customizzazione delle unità, sebbene risulti piagata da menù farraginosi, esattamente come nello scorso episodio. Il level design abbandona la “verticalità” del primo capitolo in favore di mappe più ampie e variegate, che valorizzano il posizionamento e lo sfruttamento del terreno di gioco. Anche qui, il costo in AP delle diverse superfici non viene spiegato, ma ci si fa presto il callo. Un’IA più performante sarebbe stata cosa gradita, ma tocca arrangiarsi con avversari molto passivi, che se non altro sembrano concentrare gli attacchi sui bersagli più vulnerabili una volta entrati nel loro ristretto raggio operativo.
Quanto alla presentazione, la nuova veste grafica è “ok”, decisamente indietro rispetto all’anno corrente e con alcune transizioni bruttine (specie ogni qualvolta entrano in scena dei caccia), ma comunque funzionale; l’obiettivo è dare a Wanzer e ambienti un look più realistico rispetto al giocattoloso remake di Front Mission 1st, e in tal senso l’operazione è riuscita, anche se effetti speciali ed animazioni non fanno certo gridare al miracolo, anzi; come promesso però, i tempi di caricamento sono appena percettibili. Non mancano poi bug, come il bloom rotto in una particolare missione, reticoli che ogni tanto non si vedono a schermo, menù che non funzionano e musiche che si “incastrano”. E a proposito della colonna sonora, i nuovi brani si accompagnano all’azione alla grande, così come gli originali di Noriko Matsueda, presenti e selezionabili dalle opzioni, ma personalmente avevo preferito il feeling retrò del primo capitolo (o forse dovrei dire ancora più retrò NdR). Discreto il sound design delle armi, con effetti sonori chiassosi e metallici al punto giusto; niente doppiaggio, ma forse è meglio così.