Gears of War
di
Luca Gambino
Abbiamo appena finito Gears of War. Anche l'ultimo boss è stato abbattuto ed è ora di riporre le armi per prendere in mano la penna e raccontare di un titolo a lungo atteso e il cui day one è stato addirittura ribattezzato come "Emergency Day". Ci troviamo di fronte al titolo "definitivo" per la console Microsoft? No, anche se tecnicamente parlando esisterà un pre-Gears of War e un post-Gears of war, dal momento che il titolo Epic è quanto di meglio gli occhi dei videogiocatori abbiano potuto vedere su Xbox360. Ma il gioco?
Lo strano caso del Dott. "Cliffy B."
Curioso il documento con cui Epic ha messo su carta il lato tecnico di Gears of War. Dice il teorema dell Dott. Bleszinki che: "date le 30 schermate al secondo costanti, calcolare il numero di poligoni e oggetti in movimento da visualizzare sullo schermo". Può sembrare uno scherzo, ma non lo è. Il numero di frame al secondo di Gears of War è dato dalla volontà del proprio capo progettista di esaltare al massimo le potenzialità tecniche della console Microsoft, sacrificando sull'altare della bellezza estetica un numero di frame rate che in un altro gioco farebbe storcere il naso ai più. E invece Cliffy B. ha avuto ragione, dando vita ad uno dei titoli che farà da spartiacque per la prossima generazione di titoli su Xbox360 e riscrivendo interi trattati sull'uso delle strutture architettoniche nel mondo dei videogames. Tutto in Gears of War è rappresentato spremendo fino all'ultimo le risorse della console. Texutre ad alta definizione, effetti luminosi e particellari al proprio meglio, ambientazioni riprodotte fin nei minimi particolari, per noi parlare poi delle ottime animazioni dei protagonisti e degli avversari. Certo, i difetti non mancano e qua e là si può assistere a qualche piccola magagna ma si sa, la perfezione non è di questo mondo.
E a dare ragione al "muscolo pensante" di casa Epic, arriva anche una fluidità complessiva che, a parte qualche sporadico caso, si conferma stabilmente sulle trenta schermate al secondo, senza infastidire minimamente lo svolgersi del gioco. I primi minuti di Gears of War sono un continuo guardarsi intorno, ammirare lo stile gotico adottato per riprodurre palazzi, strade e ogni singolo elemento dell'ambiente di gioco. Passano quasi in secondo piano i modelli "superpalestrati" dei protagonisti, abilmente riprodotti e mossi dall'Unreal Engine 3. Certo, dimenticatevi gli sconfinati spazi esterni di Oblivion, tanto per fare un titolo, o i panorami "a perdita d'occhio" visti in altri giochi. In Gears of War tutto è concentrato in poche decine di metri di visuale dal vostro personaggio (sempre inquadrato in terza persona o con una visuale "a tre quarti") ma tale scelta è da ricercare con la precisa volontà di voler concentrare tutto il "succo" del gioco sull'unico elemento scaturito sulle tre righe dedicato al gameplay contro interi tomi destinato alle features tecniche: gli scontri a fuoco.
...e il gameplay?
E' chiaro che con tutte le risorse destinate a voler abbacinare il giocatore di turno, il gameplay sia stato stretto in un angolo e praticamente costretto alla resa. Tratto sempre dal teorema di Bleszinki: "Il giocatore si sposterà dal punto A al punto B, dove affronterà un tot di avversari. Si sposterà quindi dal punto B al punto C dove affronterà un tot di avversari. CTRL-C + CTRL-V". Ecco fatto, il gameplay di Gears of War è bello che preparato. La trama di "Gears of War" ci porterà sul pianeta Sera, una delle tante colonie umane sparse per l'universo, e racconterà le eroiche gesta di un soldato, tale Marcus Fenix, ingiustamente imprigionato per aver disobbedito ad un ordine del suo comandante. Il carcere non è certo un bel posto, ma dal momento in cui la porta della sua cella verrà aperta da Dominic Santiago (Dom per gli amici), il povero Marcus scoprirà che fuori da quelle mura non è che si sta poi tanto meglio. Il pianeta è, infatti, interessato da una sanguinosa guerra tra la razza umana ed i Locust, esseri mostruosi chiamati così per la deprecabile abitudine di uscire fuori dal terreno, e la fastidiosa resistenza a tutti gli insetticidi conosciuti tranne uno; il piombo. Non manca quindi un solido canovaccio narrativo che faccia da collante ai cinque "atti" che compongono l'intero arco di gioco, compreso anche qualche colpo di scena, ma si avverte fin dalle prime ore di gioco che la ripetitività delle situazioni è senza ombra di dubbio la pecca più grave ed evidente di Gears of War. Sebbene in molti potrebbero obbiettare sul fatto che questo è un tratto distintivo di quasi tutti gli sparatutto sul mercato, Gamesurf (appena reduce dall'ultimo Call of Duty), non può far finta di non notare come il pargolo della Epic sia sprovvisto anche di quel carisma che ha contraddistinto il prodotto Activision, ad esempio, né tantomeno possiede quella classe da "sparatutto di trincea" visto in Killzone.
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GOW è il classico gioco fast-food, fatto per essere compreso in fretta, ingurgitato in fretta e altrettanto velocemente dimenticato. Il reiterato utilizzo del tasto A per nascondersi gli innumerevoli ripari sparsi per tutta la mappa e una struttura di gioco che vorrebbe diperatamente renderlo più "tattico", si scontra con nemici coriacei ma tutt'altro che furbi, con una team di compagni quasi impossibile da assecondare ai propri voleri e con una linea di gameplay che vuole solo rendere particolarmente furiosi (e divertenti, sia chiaro), i continui scontri a fuoco. Call of Duty (giusto per citarne uno) è stato un gioco capace di afferrarci direttamente per la zona pelvica e trasportarci direttamente "nel" gioco. GOW cerca di farlo ma non riesce a superare quel cristallo che separa il monitor dal giocatore. E' giovane e il carattere magari si formerà con l'andare del tempo, ma al momento dimostra ancora di essere immaturo. Anche il sistema di controllo, per quanto efficace e preciso sia nel momento in cui andremo ad affrontare il nemico "de visu" sia quando invece daremo fondo al versante più tattico del gioco uscendo dal nostro riparo solo quando saremo sicuri di poter colpire agevolmente il nostro avversario. Ottimo anche l'armamentario, che non si abbandona troppo a futuristici voli pindarici ma si affida alle sane e vecchie mitragliatrici accompagnate da shotgun, pistole di varia natura e granate.
Unica eccezione il "Martello dell'Alba" che con particolari condizioni climatiche e la disponibilità del satellite, si limita a "Puntare" il nemico di turno (meglio se un boss di fine livello) e a lasciar fare tutto ad un raggio mortale che arriva direttamente dal cielo. Peccato invece per la sciagurata decisione di affidare lo switch delle armi al D-Pad che per definizione è piuttosto lento e impreciso. Da dimenticare anche l'unica sezione del gioco in cui potremo prendere possesso di un mezzo di locomozione. Una inutile parentesi fatta più per rispettare le mode del momento che non per dare all'utilizzo dei mezzi stessi una connotazione ben precisa all'interno del gameplay. Gears of War si rivela quindi un titolo interessante, ma solo a metà da affrontare possibilmente al livello massimo di difficoltà, tenendo ben presente che questo non modificherà di sicuro gli script che regolano l'intelligenza artificiale avveraria, ma che li renderà soltanto più resistenti ai nostri colpi e più precisi nell'utilizzo delle armi.
Multy Gears
Appurato il fatto che alla Epic ancora non hanno capito come realizzare un single player veramente degno di nota (Unreal 2, avete presente?), arriva finalmente il momento dei veri onori per il "Bleszinki 's team" dal momento che Gears of War trova nella modalità multigiocatore la massima espressione del gioco in Live. E non è un caso che nel preciso momento in cui scriviamo questa recensione, GOW abbia scalzato dalla vetta dei titoli più giocati su Xbox Live quel mostro sacro che risponde al nome di Halo 2. Effetto novità o effettivamente il costrutto che sta dietro al prodotto Epic è veramente la killer application per il multiplayer? Siamo portati a optare per la seconda opzione, dal momento che la natura "multipla" di GOW sembra trasudare da ogni riga di codice e da ogni singola mappa studiata per il multiplayer. Bastano poche partite per riuscire a dare un senso a tutto il lavoro svolto da Epic e per capire che ancora una volta il gioco in singolo è un piacevole passatempo (mica tanto, poi, dal momento che in 6 ore scarse abbiamo visto i titoli di coda) tra una partita multiplayer e l'altra. Spicca tra le modalità di gioco presenti anche un "Co-Op" che ci permetterà di affiancare un secondo giocatore (o di ospitarlo nella nostra partita) per affrontare assieme le normali missioni del single player. Veramente ottimo, soprattutto se si tiene conto che al contrario di tante altre produzioni, anche il multiplayer presenta le stesse caratteristiche tecniche del versante singolo del gioco, senza nessun visibile decadimento grafico. Realmente impressionante.
Insomma, è palese dalla nostra recensione. Non siamo completamente soddisfatti di Gears of War. Certo, un buon gioco, un capolavoro tecnico di rara bellezza che segna profondamente la produzione ludica su Xbox360 e innalza di un gradino lo standard qualitativo con cui dovranno confrontarsi le prossime produzioni, Halo 3 compreso. Peccato però che tutto questo non lo salvi dalle immense pecche di un gameplay che in mezzo a questa enorme tech demo viene relegato in un angolo e costretto alla resa. Piatto, monotono e anche di breve durata, il single player di Gears of War si rivela un allenamento per il piatto forte della produzione Epic, ovvero il multiplayer.
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Lo strano caso del Dott. "Cliffy B."
Curioso il documento con cui Epic ha messo su carta il lato tecnico di Gears of War. Dice il teorema dell Dott. Bleszinki che: "date le 30 schermate al secondo costanti, calcolare il numero di poligoni e oggetti in movimento da visualizzare sullo schermo". Può sembrare uno scherzo, ma non lo è. Il numero di frame al secondo di Gears of War è dato dalla volontà del proprio capo progettista di esaltare al massimo le potenzialità tecniche della console Microsoft, sacrificando sull'altare della bellezza estetica un numero di frame rate che in un altro gioco farebbe storcere il naso ai più. E invece Cliffy B. ha avuto ragione, dando vita ad uno dei titoli che farà da spartiacque per la prossima generazione di titoli su Xbox360 e riscrivendo interi trattati sull'uso delle strutture architettoniche nel mondo dei videogames. Tutto in Gears of War è rappresentato spremendo fino all'ultimo le risorse della console. Texutre ad alta definizione, effetti luminosi e particellari al proprio meglio, ambientazioni riprodotte fin nei minimi particolari, per noi parlare poi delle ottime animazioni dei protagonisti e degli avversari. Certo, i difetti non mancano e qua e là si può assistere a qualche piccola magagna ma si sa, la perfezione non è di questo mondo.
E a dare ragione al "muscolo pensante" di casa Epic, arriva anche una fluidità complessiva che, a parte qualche sporadico caso, si conferma stabilmente sulle trenta schermate al secondo, senza infastidire minimamente lo svolgersi del gioco. I primi minuti di Gears of War sono un continuo guardarsi intorno, ammirare lo stile gotico adottato per riprodurre palazzi, strade e ogni singolo elemento dell'ambiente di gioco. Passano quasi in secondo piano i modelli "superpalestrati" dei protagonisti, abilmente riprodotti e mossi dall'Unreal Engine 3. Certo, dimenticatevi gli sconfinati spazi esterni di Oblivion, tanto per fare un titolo, o i panorami "a perdita d'occhio" visti in altri giochi. In Gears of War tutto è concentrato in poche decine di metri di visuale dal vostro personaggio (sempre inquadrato in terza persona o con una visuale "a tre quarti") ma tale scelta è da ricercare con la precisa volontà di voler concentrare tutto il "succo" del gioco sull'unico elemento scaturito sulle tre righe dedicato al gameplay contro interi tomi destinato alle features tecniche: gli scontri a fuoco.
...e il gameplay?
E' chiaro che con tutte le risorse destinate a voler abbacinare il giocatore di turno, il gameplay sia stato stretto in un angolo e praticamente costretto alla resa. Tratto sempre dal teorema di Bleszinki: "Il giocatore si sposterà dal punto A al punto B, dove affronterà un tot di avversari. Si sposterà quindi dal punto B al punto C dove affronterà un tot di avversari. CTRL-C + CTRL-V". Ecco fatto, il gameplay di Gears of War è bello che preparato. La trama di "Gears of War" ci porterà sul pianeta Sera, una delle tante colonie umane sparse per l'universo, e racconterà le eroiche gesta di un soldato, tale Marcus Fenix, ingiustamente imprigionato per aver disobbedito ad un ordine del suo comandante. Il carcere non è certo un bel posto, ma dal momento in cui la porta della sua cella verrà aperta da Dominic Santiago (Dom per gli amici), il povero Marcus scoprirà che fuori da quelle mura non è che si sta poi tanto meglio. Il pianeta è, infatti, interessato da una sanguinosa guerra tra la razza umana ed i Locust, esseri mostruosi chiamati così per la deprecabile abitudine di uscire fuori dal terreno, e la fastidiosa resistenza a tutti gli insetticidi conosciuti tranne uno; il piombo. Non manca quindi un solido canovaccio narrativo che faccia da collante ai cinque "atti" che compongono l'intero arco di gioco, compreso anche qualche colpo di scena, ma si avverte fin dalle prime ore di gioco che la ripetitività delle situazioni è senza ombra di dubbio la pecca più grave ed evidente di Gears of War. Sebbene in molti potrebbero obbiettare sul fatto che questo è un tratto distintivo di quasi tutti gli sparatutto sul mercato, Gamesurf (appena reduce dall'ultimo Call of Duty), non può far finta di non notare come il pargolo della Epic sia sprovvisto anche di quel carisma che ha contraddistinto il prodotto Activision, ad esempio, né tantomeno possiede quella classe da "sparatutto di trincea" visto in Killzone.
GOW è il classico gioco fast-food, fatto per essere compreso in fretta, ingurgitato in fretta e altrettanto velocemente dimenticato. Il reiterato utilizzo del tasto A per nascondersi gli innumerevoli ripari sparsi per tutta la mappa e una struttura di gioco che vorrebbe diperatamente renderlo più "tattico", si scontra con nemici coriacei ma tutt'altro che furbi, con una team di compagni quasi impossibile da assecondare ai propri voleri e con una linea di gameplay che vuole solo rendere particolarmente furiosi (e divertenti, sia chiaro), i continui scontri a fuoco. Call of Duty (giusto per citarne uno) è stato un gioco capace di afferrarci direttamente per la zona pelvica e trasportarci direttamente "nel" gioco. GOW cerca di farlo ma non riesce a superare quel cristallo che separa il monitor dal giocatore. E' giovane e il carattere magari si formerà con l'andare del tempo, ma al momento dimostra ancora di essere immaturo. Anche il sistema di controllo, per quanto efficace e preciso sia nel momento in cui andremo ad affrontare il nemico "de visu" sia quando invece daremo fondo al versante più tattico del gioco uscendo dal nostro riparo solo quando saremo sicuri di poter colpire agevolmente il nostro avversario. Ottimo anche l'armamentario, che non si abbandona troppo a futuristici voli pindarici ma si affida alle sane e vecchie mitragliatrici accompagnate da shotgun, pistole di varia natura e granate.
Unica eccezione il "Martello dell'Alba" che con particolari condizioni climatiche e la disponibilità del satellite, si limita a "Puntare" il nemico di turno (meglio se un boss di fine livello) e a lasciar fare tutto ad un raggio mortale che arriva direttamente dal cielo. Peccato invece per la sciagurata decisione di affidare lo switch delle armi al D-Pad che per definizione è piuttosto lento e impreciso. Da dimenticare anche l'unica sezione del gioco in cui potremo prendere possesso di un mezzo di locomozione. Una inutile parentesi fatta più per rispettare le mode del momento che non per dare all'utilizzo dei mezzi stessi una connotazione ben precisa all'interno del gameplay. Gears of War si rivela quindi un titolo interessante, ma solo a metà da affrontare possibilmente al livello massimo di difficoltà, tenendo ben presente che questo non modificherà di sicuro gli script che regolano l'intelligenza artificiale avveraria, ma che li renderà soltanto più resistenti ai nostri colpi e più precisi nell'utilizzo delle armi.
Multy Gears
Appurato il fatto che alla Epic ancora non hanno capito come realizzare un single player veramente degno di nota (Unreal 2, avete presente?), arriva finalmente il momento dei veri onori per il "Bleszinki 's team" dal momento che Gears of War trova nella modalità multigiocatore la massima espressione del gioco in Live. E non è un caso che nel preciso momento in cui scriviamo questa recensione, GOW abbia scalzato dalla vetta dei titoli più giocati su Xbox Live quel mostro sacro che risponde al nome di Halo 2. Effetto novità o effettivamente il costrutto che sta dietro al prodotto Epic è veramente la killer application per il multiplayer? Siamo portati a optare per la seconda opzione, dal momento che la natura "multipla" di GOW sembra trasudare da ogni riga di codice e da ogni singola mappa studiata per il multiplayer. Bastano poche partite per riuscire a dare un senso a tutto il lavoro svolto da Epic e per capire che ancora una volta il gioco in singolo è un piacevole passatempo (mica tanto, poi, dal momento che in 6 ore scarse abbiamo visto i titoli di coda) tra una partita multiplayer e l'altra. Spicca tra le modalità di gioco presenti anche un "Co-Op" che ci permetterà di affiancare un secondo giocatore (o di ospitarlo nella nostra partita) per affrontare assieme le normali missioni del single player. Veramente ottimo, soprattutto se si tiene conto che al contrario di tante altre produzioni, anche il multiplayer presenta le stesse caratteristiche tecniche del versante singolo del gioco, senza nessun visibile decadimento grafico. Realmente impressionante.
Insomma, è palese dalla nostra recensione. Non siamo completamente soddisfatti di Gears of War. Certo, un buon gioco, un capolavoro tecnico di rara bellezza che segna profondamente la produzione ludica su Xbox360 e innalza di un gradino lo standard qualitativo con cui dovranno confrontarsi le prossime produzioni, Halo 3 compreso. Peccato però che tutto questo non lo salvi dalle immense pecche di un gameplay che in mezzo a questa enorme tech demo viene relegato in un angolo e costretto alla resa. Piatto, monotono e anche di breve durata, il single player di Gears of War si rivela un allenamento per il piatto forte della produzione Epic, ovvero il multiplayer.
Gears of War
8
Voto
Redazione
Gears of War
La classe non è acqua, questo "Cliffy B." dovrebbe saperlo più che bene. Ancora una volta Epic non riesce a dare alle stampe un titolo piacevole in single player, affidando al multigiocatore il successo di Gears of War. Per il resto, GOW è un'autentica gioia per gli occhi, dal momento che il lavoro di Bleszinsky & Co. fissa un nuovo standard qualitativo che sarà il punto di riferimento per le generazioni future. Master Chief è avvisato.