Generation Zero
Dopo i disastri del secondo conflitto mondiale, la Svezia corre ai ripari investendo su un programma bellico che mette ogni singolo abitante del Paese, nelle condizioni di poter imbracciare un’arma in caso di emergenza. Anni ‘80, in un giorno qualunque un intero arcipelago piomba nel silenzio: tutti gli abitanti spariscono. Al loro posto macchine da guerra battono sentieri e presidiano villaggi, pronte a sparare a vista a qualunque forma di vita si presenti di fronte a loro. Spetta a noi capire cosa sta succedendo. Queste le premesse di Generation Zero, l’ucronico action-survival in prima persona di Avalanche Studios. Il titolo ha delle buone premesse, ma cede sotto il peso di una realizzazione non all’altezza delle aspettative.
Sweden Things
Sulla carta la formula di Generation Zero sembra promettente: attingendo da titoli come Dayz il nuovo gioco di Avalanche ci getta in un contesto di guerriglia civile dove gran parte del nostro successo sarà dettato dalla nostra parsimonia. Raccogliere munizioni, armi, gadget e medicamenti per proseguire lungo la nostra avventura è parte integrante dell’esperienza e richiede una gestione oculata degli spazi del nostro inventario. Questa componente survival tuttavia perde immediatamente di spessore a causa di un problema strutturale del titolo: i nemici robotici che incontreremo lungo la nostra strada “memorizzano” i danni subiti, un aspetto strategico che ci permette di colpi a più riprese anche gli avversari più temibili, logorandoli un po’ per volta per avere la meglio su di loro.
Tuttavia, nessuna zona liberata del grande open world proposto da Avalanche lo rimarrà per molto, tornando qualche tempo dopo, sarà nuovamente infestata. Qui avviene il cortocircuito nel gameplay: di fronte a questa eventualità, rendere le risorse del gioco effettivamente limitate avrebbe sbilanciato il livello di difficoltà verso l’esasperazione, dunque allo stesso modo di come si rigenerano i nemici così accade anche per gli oggetti che di volta in volta raccoglieremo. Questo fenomeno non tiene conto dell’auto-save del titolo permettendo così al giocatore di accumulare ingenti quantità di materiale semplicemente partendo da un checkpoint precedente: il gioco sovrascrive i progressi della nostra dotazione, ma non il punto della loro provenienza. In questo modo tutta la tensione del dover centellinare le risorse, del sentirci inferiori di fronte a quel nemico meccanico così spietato, dell’essere braccati, viene meno soppiantata da un senso di invincibilità fin dalle prime ore.
Un vero peccato se consideriamo che l’atmosfera proposta funziona e crea il giusto mood. Il ciclo notte-giorno potrebbe pesare sull’esplorazione, muoversi alla luce della sola torcia crea illusioni tra i bucolici scenari svedesi, i nostri passi echeggiano in un silenzio occasionalmente inframezzato dalle tipiche note sintetiche del periodo. Elementi preziosi del concept che perdono di valore. A compromettere ulteriormente l’esperienza di gioco l’acerba intelligenza artificiale dei nemici: facili da eludere e da tenere a una distanza di sicurezza, non saranno mai una vera minaccia nonostante il loro progressivo aumentare di dimensioni. La loro varietà di comportamenti e letalità termina fuori dall’uscio degli edifici.
Open Hell
Aggirato il problema della sopravvivenza, non resta che concentrarsi sul racconto ma, anche in questa occasione, gli elementi utilizzati per imbastire la storia di Generation Zero purtroppo sembrano tradire l’entusiasmo dei creativi di Avalanche, e non legano a dovere. La mappa di gioco, evidentemente pensata per una narrazione implicita, non adempie alle sue funzioni a causa una trama fin troppo diluita lungo gli ettari scarsamente caratterizzati di questa Svezia autunnale.
Tra centri abitati tutti uguali e la possibilità di spostarsi solamente a piedi per tutta l’estensione del territorio, ci si perde nel cercare di rimanere orientati e nel ricordarsi il motivo per il quale stiamo attraversando quello che, da silenzio con una valenza narrativa, si trasforma presto in vuoto pneumatico. A inframezzare queste lunghe passeggiate solo gli spari delle parentesi di guerriglia che puntellano le zone, battaglie che diventano occasionalmente più entusiasmanti qualora si unissero altri giocatori. Questo a patto di ricongiungersi per tempo: entrando nella lobby di un altro giocatore verremo infatti catapultati indietro, ai posti di partenza della nostra faticosa maratona, disposti a cedere interamente il nostro inventario in cambio di un passaggio.
Voto
Redazione