Ghostbusters: The Video Game

di Davide Ottagono
Quando qualcosa di strano sbarca nel vostro vicinato, l'unica soluzione é chiamare loro: gli unici ed inimitabili acchiappa-fantasmi. Più o meno era questo che recitava il ritornello della loro celeberrima sigla. Celeberrima sigla che, nonostante i decenni passati dall'uscita dei lungometraggi, sembra non volerci abbandonare del tutto. Ed é proprio in onore del venticinquesimo anniversario del film che Terminal Reality ha confermato la propria intenzione di digitalizzare il quartetto più esplosivo di sempre, mettendo su un gioco completamente ispirato a loro (nonostante non sia la prima volta). La versione PSP, che oggi analizzeremo, é arrivato sul mercato leggermente in ritardo, come avrete potuto notare. Dopotutto, parliamo pur sempre della versione portatile di un titolo uscito svariati mesi fa.



Ovviamente, inutile aspettarsi da una console piccola come PSP il realismo e la ricercatezza di stile già ammirati sulle piattaforme maggiori. Ed ecco che ci ritroviamo tra le mani quello che, a conti fatti, non é nient'altro che un porting da PS2. Stessa trama, stessa ambientazione e copione, ma livelli completamente rivisti da zero per essere adattati all'hardware meno performante. Ghostbusters: The VideoGame può essere considerato come un vero e proprio seguito a quanto visto sul grande schermo: ormai all'apice del successo, il gruppo si vede costretto ad allargarsi per tenere testa alle crescenti richieste d'aiuto della metropoli. Qui entriamo in gioco noi, nei panni di un quinto personaggio inedito (peccato che l'editor si fermi alla sola scelta del sesso). Così come nel mondo reale, anche al nuovo arrivato toccherà far gavetta, testando la nuova (e pericolosa, a quanto pare) strumentazione costruita da Egon e soci.

Anche grazie alla magica mano dei registi originali, il gioco può vantare un copione accattivante, pieno di rimandi alle pellicole cinematografiche e di battute che sicuramente vi strapperanno qualche sorriso. Il carattere dei protagonisti é rimasto invariato, per fortuna, così come il loro scopo principale: scorrazzare a destra e a manca con l'immancabile automobile bianca alla ricerca di entità sovrannaturali da ingabbiare. La rivisitazione di scenari e situazioni già conosciute (chi ricorda il Gozer gigante?) non é nient'altro che la ciliegina sulla torta; un ammiccamento a chi, dal videogioco, cerca la stessa atmosfera che Aykroyd & Co. avevano creato a suo tempo.



La natura da sparatutto in terza persona é forse quella che più si addice al prodotto, certo. Peccato che, archiviato il fattore trama, ci sia ben poco altro da elogiare. Tutto questo per un semplice motivo: la mancanza di una seconda levetta analogica, come sempre, affossa qualunque tentativo da parte del giocatore di poter sparare comodamente in tre dimensioni. Non é la prima volta che i quattro tasti d'azione fungono da controlli per la telecamera. Non possiamo neanche più considerarla una scelta discutibile visto che, per quanto scomoda, resta l'unica soluzione possibile. Certo, anche evitare porting improponibili come questo sarebbe una gran cosa, ma capiamo comunque come il cospicuo giro di soldi celato dal marchio vada colto al balzo, soprattutto in un periodo di crisi come quello odierno. Per venirci incontro, gli sviluppatori hanno dotato il protagonista di una mira assistita (“assistita”, tanto per usare un eufemismo) che ci permetterà di colpire i nemici in automatico, una volta agganciati.

Nel momento in cui ci renderemo conto che ogni vittoria sarà dettata più dalla pazienza che dalla bravura vera e propria, allora sopraggiungerà velocemente la noia. Tempo un paio di livelli, ve lo assicuriamo. Ed é davvero un peccato, perché il gameplay - anche grazie alle armi fuori di testa - poteva ambire a vette ben più alte. Le vette della versione casalinga, ad esempio. Parliamo del solito raggio protonico, il flusso bicolore che sicuramente voi tutti conoscerete, fino ad arrivare a quello di intrappolamento, ai dardi bosoni e ad altre chicche che non vogliamo svelarvi. I controlli scomodi e la mancanza di sfida sopraccitati, uniti poi ad una struttura dei livelli molto lineare, prenderanno però il sopravvento su quel poco di buono che era stato fatto. Il classico gioco completamente inadatto alle console portatili, insomma.

Neanche il comparto tecnico riesce a risollevarne le sorti. Anzi, per quanto ci riguarda, é solo il colpo di grazia finale verso un titolo già evitabile di suo. Se le colonne sonore - e soprattutto il doppiaggio - riescono a farsi apprezzare, stessa cosa non possiamo dire per la veste grafica, scialba in quasi ogni suo aspetto. Potremmo stare a parlare per ore delle texture monocromatiche, degli scenari spaventosamente spogli o degli infiniti bug visivi in cui si incapperà ad ogni passo. Se non lo facciamo, é solo perché le immagini a corredo dell'articolo lo fanno al posto nostro. La sensazione generale é che, per l'ennesima volta, PSP sia stata trattata come l'ultima ruota del carro; siamo i primi a comprendere il bisogno di ridimensionarsi, soprattutto quando si sviluppa su un hardware “debole” come questo, ma i confronti diretti con altri giochi concorrenti - e sempre per il medesimo sistema - falciano via ogni scusante. Dal canto loro, lo stile cartoon dei personaggi, così come le simpaticissime espressioni facciali, riescono a coprire qualche magagna di troppo. O, almeno, lo fanno per un paio di minuti. Buona invece l'interazione con l'ambiente circostante, con oggettistica varia distruttibile o riutilizzabile in combattimento.