Go Home Annie, un'interessante ma contenuta anomalia basata sull'universo SCP

Chi è davvero Annie e cosa nasconde la SCP nei suoi confronti?

di Alessandra Borgonovo

Se volete approcciare Go Home Annie, la prima cosa che dovete fare è avere contezza di cosa sia SCP Foundation (o Fondazione SCP in italiano): un super appassionato di horror potrebbe non averne bisogno ma questo dipende molto dal fatto di essere più o meno conoscitori dei creepypasta, motore alla base della creazione di SCP Foundation. Trattasi dunque di un'organizzazione segreta fittizia facente parte di un omonimo progetto di scrittura collettiva online. L'obiettivo della SCP è trovare, catalogare e soprattutto mettere in sicurezza qualsiasi elemento possa essere legato al paranormale. Si parla quindi di entità, luoghi, fenomeni od oggetti che risultano anomali dal punto di vista scientifico e soprattutto pericolosi per l'umanità, data la difficoltà nel tenerli sotto controllo. Non starò a farvi la cronistoria di come sia nato il progetto, tutte le informazioni sono comodamente reperibili online, ma come ho scritto poche righe sopra è opportuno sapere a cosa si va incontro prima di giocare a Go Home Annie, che altrimenti potrebbe risultare un thriller psicologico come tanti e anche piuttosto parco di informazioni rilevanti.

Queste in realtà ci sono ma si trovano all'esterno, per l'appunto tramite il sito web o in generale altre fonti che ne parlano. Go Home Annie non è l'unico progetto videoludico legato alla SCP Foundation: ad esempio nel 2025 ne è previsto un altro dal titolo SCP Foundation: Universe Horror, oppure quest'anno c'è stato anche SCP: Containment Breach Multiplayer. Insomma, l'universo legato alla SCP è ricco di spunti e opere che si trovano un po' ovunque ma è anche comprensibile che possa essere sfuggito dai vostri radar. Leggete qualcosa in merito e sarete pronti per affrontare un gioco come Go Home Annie, sviluppato dal team Misfit Village proprio con l'aiuto di moltissimi autori della SCP Foundation, un contributo essenziale per la realizzazione dell'esperienza soprattutto dal punto di vista narrativo.

Di cosa stiamo parlando, dunque? Di un thriller psicologico che ci mette nei panni di Annie, un'impiegata di basso livello proprio presso la SCP Foundation. L'obiettivo dell'organizzazione l'abbiamo già anticipato, tuttavia nel caso in questione ci troviamo di fronte a un fatto curioso: se il suo motto è "Secure, Contain, Protect", per quale motivo si è messa a ricreare e testare eventi paranormali di sorta ed entità ugualmente pericolose? Soprattutto, perché ad Annie viene costantemente chiesto di ripetere la stessa simulazione, ancora e ancora, senza che questa cambi in modo particolare? Stanca di essere trattata quasi più come una cavia che come un'impiegata, Annie decide di prendere in mano la situazione e scoprire di più sul suo caso - in particolare, capire se sia legato alla scomparsa del padre, un fatto che l'ha portata su una cattiva strada per poi finire impiegata dalla SCP per via delle sue qualità. Confinata dentro la struttura a seguito di un codice rosso, Annie dunque approfitta della situazione per cercare la verità.

Dal punto di vista narrativo, pur comprendendo tutte le strizzate d'occhio all'universo SCP e la necessità di guardare anzitutto all'esterno del gioco per meglio comprenderne le fondamenta, ho avuto la sensazione che si potesse fare di più: la storia prosegue senza particolari intoppi, in particolare una volta che si colgono le basi necessarie per contestualizzare le bizzarrie che ci circondano, ma è proprio sul finale che sembra mancare un piccolo tassello che tenga tutto assieme. Per assurdo, il coinvolgimento nelle vicende è tale che avrei voluto averne di più, magari con qualche sezione aggiuntiva all'interno della SCP dove possiamo vedere alcune delle anomalie lì replicate.

Ad esempio, sappiamo che Annie forma un buon legame con altre due persone all'interno, un soldato e un'addetta alla sicurezza, tanto da diventare la cosiddetta Skeleton Crew: non sarebbe stato male approfondire un po' di più il loro rapporto, che al di là di qualche stralcio sul passato di John (il soldato) è molto lasciato a se stesso. A un certo punto del gioco ci sono addirittura le premesse perché si spinga l'acceleratore sul fattore horror, invece questa parte risulta estremamente contenuta e meno inquietante di quanto aveva suggerito potesse essere. Ecco, la sensazione principale è che si sia, piuttosto, tirato il freno a mano: forse perché il mondo di SCP è talmente vasto che il rischio sarebbe stato, al contrario, di farsi prendere dall'entusiasmo e aggiungere troppa carne al fuoco, ma tirando le somme è come se in alcuni punti ci venisse dato un assaggio di qualcosa d'intrigante per poi togliercelo di bocca.

Molto apprezzabile, in ogni caso, il doppiaggio e la scrittura sia nei dialoghi, che suonano naturali per quanto un contesto tanto assurdo possa concedere, sia nella messa in scena generale. Non credo che la presenza di risposte multiple possa portare a esiti diversi, guardando la lista trofei non ci sono alternative al percorso che si andrà a giocare ed eventuali extra sono dovuti a scoperte effettuate o altre azioni compiute durante la partita, ma pur non portando a nulla permettono di dare un tono alle nostre occasionali conversazioni e vedere come cambia l'approccio.

Dal punto di vista del gameplay, Go Home Annie è piuttosto lineare: si segue il proprio obiettivo spostandosi verso la direzione designata, si risolvono enigmi e molto raramente si evita di essere uccisi sul colpo muovendosi in modo furtivo. La risoluzione degli enigmi è l'aspetto più interessante perché può avvenire in due modi: classico, per cui si interagisce con l'ambiente fino a trovare la soluzione, oppure tramite una speciale videocamera che consente di richiamare nel presente situazioni, oggetti o persino persone che non ne fanno parte. Per fortuna la telecamera non ha l'odiosa meccanica delle batterie che si scaricano dopo due passi, per cui siamo liberi di utilizzarla senza dover cercare forsennatamente nuove pile. Quando le riprese iniziano a farsi disturbate, è il segnale che c'è qualcosa in giro da controllare con maggior attenzione: in alcuni casi possiamo sbloccare l'elemento nascosto solo guardando bene nei dintorni, in altri invece dobbiamo ricostruire la scena esattamente come mostrato da alcune videocassette.

Una volta raccolte, possiamo visionarle quante volte vogliamo per capire come dev'essere impostato l'ambiente attorno a noi affinché quello che stiamo cercando si renda visibile. Una meccanica interessante che, anche in questo caso, avrei voluto veder sfruttata di più proprio per la sua particolarità. Verso la fine del gioco diventa poi possibile spostarsi tra due mondi, andando così a enfatizzare la parte dedicata agli enigmi con una risoluzione che deve essere portata avanti tra le due realtà: anche in questo caso non posso negare che il tempo dedicato a questa meccanica sia stato meno di quanto avrebbe potuto essere. La durata contenuta del gioco non permette di dare il giusto spazio a tutte le meccaniche, o eventuali anomalie, chiamate in causa ed è un po' un peccato perché soprattutto su determinati elementi si sarebbe potuto spendere di più soprattutto per calcare la mano su quel lato horror che si affaccia a un certo punto ma diventa sempre meno percettibile, lasciando invece spazio a quello psicologico.

La curiosità nel sapere di più sul passato di Annie e sul motivo per cui la SCP, o nello specifico il coordinatore responsabile della ragazza, sia così ossessionata da lei è il motore che ci spinge ad andare fino in fondo. Pur nella sua linearità, il gameplay accompagna bene quest'avventura sovrannaturale ma avrei preferito si concentrasse su certi elementi in particolare e li espandesse, facendone il vero perno dell'esperienza, anziché mettere un po' di tutto ma non approfondendo mai davvero nulla. Rimane un'esperienza ben costruita, con un'ottima atmosfera e che potrebbe gettare le basi per ulteriori capitoli sempre con la giovane Annie come protagonista.