God Eater 3

di Fabio Fundoni

Arriva anche in occidente God Eater 3, terzo capitolo della saga targata Namco Bandai che in Giappone ha mietuto discreti numeri tanto da meritare la creazione di un anime e un abbondante numero di fan. Siamo in un futuro distopico, nella migliore delle tradizioni nipponiche, dove il mondo che conosciamo è ormai letteralmente devastato da due elementi che viaggiano costantemente a braccetto: Cenere e Aragami. La Cenere (che scriviamo al maiuscolo proprio per la sua importanza) è arrivata sulla Terra all’improvviso, portando distruzione e morte, andando a corrodere ogni elemento e a corrompere l’equilibrio naturale delle cose. Tradotto in soldoni: pochi minuti a contatto con l’ambiente invaso dalla Cenere e ci si lasciano le penne come il più classico di topo che ha divorato con gusto una succosa esca velenosa.

Che uno già pensa: “bella roba, il prossimo anno vacanze a Bellaria e che si fo**a il Giappone!”. Se non fosse che manca la ciliegina sulla torta. Una ciliegina che, tendenzialmente, misura dai tre ai venti metri, ha la ferocia di un demonio e attacca chiunque voglia sfidare il già letale clima. Stiamo parlando degli Aragami, mostri comparsi sulla terra per completare il diversamente idilliaco ambiente creato dalla Cenere. E gli esseri umani, in tutto questo? Con la loro proverbiale capacità di adattamento, gli uomini (o quel poco che ne è rimasto) si sono rintanati in città sotterranee più che altro simili ad accampamenti gestiti con ferree regole militari.

In tutto questo, l’unica arma efficace della razza umana per contrastare gli Aragami, sono i God Eater, combattenti appositamente addestrati a “ospitare” il potere delle cellule (chiamate Oracle) degli Aragami per combatterli e resistere alla Cenere. Un esercito di elite, direte voi (magari dopo aver giocato gli episodi precedenti…)? Quasi… se non fosse che il resto dell’umanità li ritiene poco più che belve addomesticate e ammaestrate per compiere il lavoro sporco, al punto di tenerle segregate in condizioni disumane per utilizzarle unicamente quando c’è la necessità di mettere il naso fuori dai luoghi sicuri.

Qui entriamo in gioco noi, andando a costruire con un semplicissimo editor il nostro protagonista che, per andare a “disturbare” il meno possibile le vicende di una trama preimpostata, si limiterà a combattere, a non aprire bocca se non per qualche risposta ai personaggi non giocanti e a rappresentare nuovi standard nelle linee di combattimento dei God Eater. Senza andare a spoilerare troppo la trama, dopo qualche missione preparativa, il nostro eroe e i suoi compagni di cella verranno salvati, durante la distruzione del loro luogo di aggenazione, dalla nave Chrysanthemum dove finalmente inizieranno a respirare un minimo di libertà diventando parte dell’equipaggio, ovviamente sempre con il compito di dover buttare giù orde di Aragami.

God Eater 3 è, appunto, il terzo episodio del franchising (potete sicuramente recuperare a poco prezzo i primi due, entrambi contenuti nel precedente God Eater 2: Rage Burst, sempre su PlayStation 4) che parte da una base di gioco palesemente cugina di quella di Monster Hunter, nonostante God Eater abbia una propria identità capace di dare una personale filosofia di gioco al sistema “manciata di giocatori contro enormi mostri”. Tutto inizia sempre da una base operativa dove chiacchierare (poco, molto poco) con gli altri personaggi e prepararsi alle missioni che via a via ci verranno offerte per portare avanti la trama e migliorare le nostre capacità.

Queste missioni si svolgeranno in mappe non troppo grandi e nemmeno troppo curate, in cui combatteremo gli Aragami e recupereremo qualche utile risorsa, per poi tornare alla base e riprendere da capo il ciclo appena descritto. Vi sembra un sistema noioso? No, assolutamente no, perché in casa Namco Bandai sono riusciti ad affinare il gameplay in modo soddisfacente, nonostante l’eccellenza sia ancora lontana.

Per combattere abbiamo, infatti, tantissime variabili, a partire dall’utilizzo dei God Arc, delle armi derivate dalle cellule Aragami che potremo selezionare in una decina di modelli differenti, tra doppie lame, falci, spadoni e via dicendo, ognuna con peculiarità che si sanno adattare ai desideri di ogni utente. Sebbene ogni God Arc abbia un utilizzo differente in base a portata e peso specifico, il gameplay si rivela subito molto più rapido e frenetico di quello visto in Monster Hunter, cosa che ci costringerà a affinare i riflessi e adattarci senza troppi indugi ai diversi Aragami, anch’essi profondamente differenti tra loro e quindi da approcciare con un minimo di tattica.

Non mancano anche scudi vari e le armi da fuoco, da alternare a quelle da mischia con una rapida mutazione del proprio God Arc, ma ancora più interessante l’attacco basato sul divorare con il proprio Arc gli Aragami. In base al momento in cui pasteggeremo con la carne del mostro, guadagneremo materiali o ci avvicineremo al Burst Mode, modalità in cui scatenarci con le combo più distruttive. In quello che sembra essere un combat system abbastanza classico, si inseriscono tantissime variabili, tra mosse speciali, combo, proiettili differenziati, abilità da comprare e sviluppare.

In tutto questo si incastrano anche i Grilletti Acceleratori, ulteriori potenziamenti con capacità di crescita (sarà la trama stessa a presentarveli) e la gestione dei compagni che scenderanno in campo con noi. Ognuno potrà essere sviluppato per molteplici aspetti, senza dimenticare che in battaglia potremo anche sfruttare alcune affinità definite “Attacco”, cioè bonus che si attiveranno quando due guerrieri saranno vicini e nelle corrette condizioni.

Aggiungete un sistema (abbastanza semplice) di crafting, una grande quantità di oggetti e abilità e avrete più o meno capito quante variabili sono presenti in questo God Eater 3. Padroneggiarle tutte non sarà assolutamente facile, e la trama stessa porterà qualche novità a riguardo col passare delle missioni. Consigliamo caldamente di fare con attenzione le missioni tutorial e di leggere il database che riassume tutte le funzionalità. Il rischio è quasi di perdersi in mezzo al mare di opzioni. Se inizialmente vi sembrerà che per portare a casa le missioni basterà buttarsi a testa bassa sugli Aragami, andando avanti nella trama potreste avere qualche brutta sorpresa. Meglio prendere tempo e studiare per bene, senza dimenticarsi di potenziare il vostro personaggio.

Un bell’impegno, non c’è che dire, quasi un tessuto ludico perfetto per creare un gioco capace di convincere al 100%. Purtroppo però, non è tutto oro quello che luccica. Anzi, in God Eater 3, a luccicare in senso strettamente visivo, c’è davvero poco. Se il gameplay è profondo e gradevole, accompagnato da un background elaborato e affascinante (le distopie non deludono mai), il comparto grafico è davvero arretrato, lasciando inizialmente pensare a un progetto che non avrebbe fatto fatica a girare sulla scorsa generazione di console.

Modelli poligonali rivedibili, dove solo gli Aragami donano qualche gioia, ambientazioni povere da ogni punto di vista (qualche miglioria comunque la vedrete, dopo molte ore di gioco) e arene con sin troppi muri invisibili, sebbene dover giocare in ambienti limitati sia parte del gioco stesso. Insomma, un colpo d’occhio deludente. Meglio il sonoro, soprattutto grazie al sempre graditissimo doppiaggio in giapponese (che preferiamo a quello anglofono), mentre la colonna sonora rimane nella media. A differenza di diversi titoli nipponici, per fortuna God Eater 3 è completamente sottotitolato in italiano e vi assicuriamo che anche con una discreta conoscenza dell’inglese, avreste trovato più di un problema a districarvi tra l’enorme mole di testo del database.

Le missioni in singolo sono tante e portano avanti una trama ben studiata (ma che povertà di contenuti, quando ci troveremo sulla nave in attesa di una nuova battaglia…), dovendo però chiarire che non ci è stato possibile testare la modalità online visto che, non essendo ancora uscito ufficialmente il gioco, durante la nostra prova non si poteva accedere ai server di gioco. Ad ogni modo, la modalità non dovrebbe distanziarsi troppo dal gioco in singolo: organizzare un gruppo di God Eater e andare felicemente a mazzuolare feroci Aragami.

Insomma, un prodotto creato con intelligenza e dovizia, sino ad arrivare alla resa tecnica che, diciamocelo francamente, è abbastanza anacronistica, per quanto il frame rate sia stabile. Un buon gameplay non perfetto ma funzionale e con la giusta profondità, per un gioco che ha una identità sempre più propria e lontana da Monster Hunter, grazie ad una maggiore leggerezza nei movimenti e nei colpi d’attaco.. Se siete pronti a passare sopra a certi difetti, un acquisto da considerare, anche senza aver giocato i precedenti capitoli.