Grand Theft Auto: San Andreas

di Giuseppe 'Sovrano' Schirru
Vasto e pretenzioso, immane per concezione, sbalorditivo nel riprodurre fin nei minimi particolari tre città come Los Angeles, San Francisco e Las Vegas (rispettivamente Los Santos, San Fierro e Las Venturas), provare con mano l'ultimo pupillo di casa Rockstar equivale a schiantarsi a cento orari contro il muro della magnificenza ludica senza che si aprano gli airbag. Che botta! Perché la software house, stavolta più che mai, si è messa in testa di fare le cose in grande, montando su un prodotto che tranquillamente ha le carte in regola per diventare million seller e killer application in un sol colpo. Anzi, seguendo diligentemente i dettami delle nuova moda videoludica, sicuramente uno dei giochi più apprezzati di questa generazione sul monolite nero di casa Sony. Anche solo sfogliando la cartina di GTA: San Andreas ci si può fare una vaga idea dell'immensità del teatro messo in piedi dai programmatori Rockstar, abili nel creare un gioiello videoludico che, non accontentandosi di regalare la più grande libertà mai concessa a un videogiocatore, si diverte a intrecciare stili e generi videoludici riunendoli sotto lo stesso tetto.
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Il concept alla base del titolo non è cambiato, è stato ampliato, ingigantito ed elevato a potenza. Ancora una volta, malgrado i più e più personaggi da cui recarsi per svolgere nuove missioni e nonostante la libertà concessa che sfocia presto e volentieri in divagazione non strettamente necessaria ai fini dell'avventura (ma indispensabile ai fini di una maggiore fruizione del prodotto), la trama e i suoi intrecci risultano plausibili e concatenati saldamente al proemio dell'avventura. CJ, il protagonista, ha una maggiore dose di personalità rispetto ai personaggi finora proposti nella serie, e anch'esso segue le linee guida che finora hanno decretato buona parte del successo del prodotto: la Rockstar non si fa scrupolo di abolire scene dalle tinte forti, o di tagliare dialoghi dal linguaggio colorito e volgare o immagini scurrili. Anzi, il bollino che troneggia in copertina e vieta l'uso del titolo ai minori di diciotto anni è un attestato di come dal punto di vista pedagogico San Andreas sia peggio di una settimana nel carcere di San Vittore. I dialoghi sono improntati su un'esauribile vivacità e volgarità che ben traduce la situazione dei bassifondi dove le varie gang dominano il territorio: tutto convince, dal plot narrativo fino alla caratterizzazione dei personaggi, fattori non di poco conto ma tasselli fondamentali del mosaico che ora andremo sommariamente a valutare, con la consapevolezza dell'impossibilità di sviscerarne ogni sua parte.

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Dopo cinque anni passati a Liberty City, Carl Johnson ritorna alla sua città natale, Los Santos. Il quartiere è notevolmente cambiato: la sua gang non ha più l'importanza che rivestiva un tempo, i nemici delle bande avversarie si fanno sempre più forti e numerosi e, come se non bastasse, dovrete far luce sull'omicidio di vostra madre. Aggiungete che al vostro arrivo in città l'ufficiale Frank Tenpenny vi abbia accusato dell'omicidio di un collega - pur lasciandovi a piede libero - e che spesso vi verrà a trovare col collega Eddie Pulasky (i due agenti sono rispettivamente doppiati da Samuel L. Jackson e Chris Penn), e avrete un quadro della situazione che non promette nulla di buono. O almeno così crederete, perché ora un'immensa città vi aspetta. La storia viene narrata da filmati, peraltro in numero incommensurabile, realizzati col motore grafico del gioco, o da parti dialogate durante le varie corse in macchina o tramite cellulare. Il dipanarsi della trama segue le stesse metodologie narrative già apprezzate nei precedenti capitolo: recandosi dai vari amici o datori di lavoro, tra una missione e l'altra, assisteremo a delle scene che evolveranno la vicenda.

Il gameplay brilla per ingegno, vivacità, varietà, senza abusare degli stereotipi ludici facilmente identificabili nei prodotti di ultima generazione ma implementandoli attivamente. Trovate sfavillanti e svariati generi affollano l'ultima creatura di casa Rockstar, ma mentre alcuni nei passati capitoli erano estremamente fragili (componenti sparatutto o beat'em up), qua vengono ampliati e rinvigoriti grazie alla straordinaria maestria dei programmatori. E' indubbio che in San Andreas spesso e volentieri si senta l'eco di altri titoli blasonati, ma udirli in questo contesto non può far altro che piacere: la possibilità di modificare le auto è più che una flebile citazione da Need for Speed Underground, o ancora l'evoluzione fisica del personaggio riporta alla mente un titolo che i più non faticheranno ad indovinare. Il pregio di GTA: San Andreas non consiste nella scoperta di forme e generi nuovi, ma nella visione di insieme che offre, senza per questo scendere a compromessi sul livello qualitativo delle parti che lo compongono e anzi, imprimendo in queste uno spirito tutto nuovo.

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