Gun
di
Gabriele Cazzulini
"La vita è una sceneggiatura che ha meno varianti di un buon film western"
(Sam Peckinpah, 1925-1984, tra i grandi padri del film western americano)
VIDEO-GUN
Il titolo non è casuale: "gun", cioè arma, rappresenta il simbolo di un'epopea storica e di uno stile di vita spicciolo, rude e aggrappato alla difesa personale e all'accumulo di ricchezze. All'interno di questa cornice le armi sono come il pennello che dipinge la tela. Gun diventa l'arto artificiale di ogni western, e la morte violenta un rituale della vita quotidiana. Uccidere per difendersi. Gun non sbava di una virgola nella fedeltà alla ricostruzione storica. Niente fantascienza, niente magia solo polvere e pallottole.
"Chi ne ha accoppati quattro, ci mette poco a fare cinque" ("C'era una volta il West")
QUELLA SPORCA STORIA NEL WEST
America, Montana, metà ';800. Colton White è un giovane cacciatore cresciuto insieme al vecchio Ned, vivendo tra le foreste a caccia di quaglie, lupi e cervi senza finire tra i denti di qualche orso grizzly. La vita trascorreva calma e piatta fino a che Ned e Colton, non si ritrovarono a bordo di un battello a vapore in viaggio per raggiungere amici lungo il fiume Missouri. Ma su quel battello il destino aveva segnato la sua impronta, custodendovi un manufatto sul quale aleggiava un'ombra di mistero. Assaltato da fuori legge in cerca dello strano oggetto, il battello e il suo equipaggio sono sterminati. Le ultime parole del buon vecchio Ned, ferito mortalmente, esortano Colton a raggiungere Dodge City, dove potrà comprendere il significato di quel manufatto e scoprire l'identità del suo vero padre. Sembra di leggere le parole di un fumetto di Sergio Bonelli, chiudendo gli occhi per immaginarsi una cavalcata sul tramonto della Grand Valley, con un sottofondo musicale degno di Ennio Morricone.
"Quando un uomo col fucile incontra un uomo con la pistola, l'uomo con la pistola è un uomo morto" ("Per un pugno di dollari")
UN UOMO, UN CAVALLO, UNA PISTOLA
Il pedaggio per entrare nel soleggiato mondo del west è sottoporsi ad un tutorial per imparare l'arte delle rivoltella e della sella, ovvero come sparare e cavalcare insomma: l'abc per sopravvivere. I movimenti fondamentali non sono legati al corpo nella sua interezza (abbassarsi, saltare, afferrare) quanto alla mano che spara e all'occhio che mira. La regola è: muoviti per sparare. L'interazione con l'ambiente è quindi essenzialmente mediata da questa regola.
La struttura di gioco alterna missioni basate sul conseguimento di obiettivi e "free-roaming", parolina insignificante che i ragazzini si mettono in bocca (in assenza di migliori alternative) riferendosi alla possibilità di bighellonare in lungo e in largo senza occuparsi di eseguire il compito della missione e portare avanti la storia. Da quest'angolatura Gun stenta ad equilibrare questi due momenti. Se le missioni sono costituite da sotto-obiettivi rigidamente concatenati, imponendo un ritmo accelerato all'azione, il free-roaming si dimostra troppo "free" perché ambientato in luoghi chiusi, dentro ai quali c'è ben poco da fare e fuori dai quali ci sono deserto o foreste. Niente a che vedere con una moderna metropoli qualcuno intendeva forse paragonare un'affollata "City" con un villaggio di cow-boys? D'accordo, c'è Dodge "City", ma qualunque confronto è impietoso per Gun.
Neanche a metà del gioco e ho già perso il conto di quanti uomini ho rispedito al creatore. Non è una battuta uscita dalla bocca di un John Wayne che guarda l'orizzonte del Grand Canyon. E' la pura constatazione del principale prodotto sfornato giocando a Gun: morti ammazzati. Si spara e si muore ovunque: carovane, stazioni, ponti, saloon, strade, città, ovunque. Dunque le armi. Colton dispone di un ottimo arsenale di armi, ma l'elemento che cattura la giocabilità "sparandola" in alto è la possibilità di usare le armi con visuale in prima persona e tempo rallentato. Il nonno del bullet time. Ci guadagna l'efficacia della mira e la spettacolarità delle scene. Ma ciò è consentito solo con pistole fucili ed altri armamenti offrono sia la visuale in terza persona, sia la visuale dal mirino. Spassosa anche l'implementazione del cavallo come mezzo di spostamento sulle lunghe distanze; una specie di "cavallino" ante litteram. Combinare poi cavalcate e sparatorie sprigiona grosse quantità di divertimento perché l'alta velocità del destriero quadrupede si accoppia splendidamente col bullet time.
"Dio li crea...io li ammazzo" (1967)
PER UNA MANCIATA DI PIXEL
Parlare della grafica di Gun significa disporsi l'animo alla quaresima: bisogna rinunciare alla qualità, agli effetti speciali, alle luci sfavillanti, a sontuose architetture poligonali. Oltre alle inspiegabili bande nere sullo schermo che appiattiscono la superficie visiva, l'impressione su xbox360 è quella di un'oscurità diffusa, probabilmente derivante da tonalità troppo aspre. C'è una considerazione di fondo. Progettare graficamente un titolo sul far west espone al rischio di avere a che fare con maestosi ambienti aperti e ricchi scenari chiusi, richiedendo uno sforzo tecnico superiore ad un altro genere. L'esito su ps2 e xbox è sufficiente, anche se un passo indietro rispetto ai parametri raggiunti. Ma così l'hardware dell'xbox360 resta ampiamente inutilizzato. E allora perché una versione per xbox360 quando si rischia di clonare quella per xbox? Forse per dare un assaggio della perfetta retrocompatibilità.
Stop alle critiche! Gun resta un titolo graficamente solido, forse spartano ma funzionale ad un action game. Non manca niente: dall'arredo del tipico saloon ai manifesti delle taglie, dallo sceriffo al ranch e al battello con la sala da gioco. Il design dei personaggi è particolarmente riuscito sotto il profilo della riproduzione storica sembra di rivedere le foto ingiallite della fauna che popolava il lontano west. Le animazioni sono impeccabili nella precisione e capaci anche di regalare movimenti spettacolari specialmente le sparatorie.
"Il mondo si divide in due categorie: chi ha la pistola, e chi scava. Tu scavi" (Il buono, il brutto, il cattivo, 1966)
LE PISTOLE NON DISCUTONO
Un doppiatore d'eccezione per Ned: Kris Kristofferson, guest star di molti film di successo, è uno dei numerosi sprazzi di qualità che illuminano il comparto audio. Niente da eccepire sulle voci, ma sono i rumori ambientali ad imprimersi sull'udito: sparatorie, grida, esplosioni, nitriti e quant'altro è la voce del lontano west qui ruggisce virilmente. Si avverte comunque la nostalgia di una colonna sonora, più che mai necessaria per amalgamare le differenti missioni, o per scandirne le fasi.
(Sam Peckinpah, 1925-1984, tra i grandi padri del film western americano)
VIDEO-GUN
Il titolo non è casuale: "gun", cioè arma, rappresenta il simbolo di un'epopea storica e di uno stile di vita spicciolo, rude e aggrappato alla difesa personale e all'accumulo di ricchezze. All'interno di questa cornice le armi sono come il pennello che dipinge la tela. Gun diventa l'arto artificiale di ogni western, e la morte violenta un rituale della vita quotidiana. Uccidere per difendersi. Gun non sbava di una virgola nella fedeltà alla ricostruzione storica. Niente fantascienza, niente magia solo polvere e pallottole.
"Chi ne ha accoppati quattro, ci mette poco a fare cinque" ("C'era una volta il West")
QUELLA SPORCA STORIA NEL WEST
America, Montana, metà ';800. Colton White è un giovane cacciatore cresciuto insieme al vecchio Ned, vivendo tra le foreste a caccia di quaglie, lupi e cervi senza finire tra i denti di qualche orso grizzly. La vita trascorreva calma e piatta fino a che Ned e Colton, non si ritrovarono a bordo di un battello a vapore in viaggio per raggiungere amici lungo il fiume Missouri. Ma su quel battello il destino aveva segnato la sua impronta, custodendovi un manufatto sul quale aleggiava un'ombra di mistero. Assaltato da fuori legge in cerca dello strano oggetto, il battello e il suo equipaggio sono sterminati. Le ultime parole del buon vecchio Ned, ferito mortalmente, esortano Colton a raggiungere Dodge City, dove potrà comprendere il significato di quel manufatto e scoprire l'identità del suo vero padre. Sembra di leggere le parole di un fumetto di Sergio Bonelli, chiudendo gli occhi per immaginarsi una cavalcata sul tramonto della Grand Valley, con un sottofondo musicale degno di Ennio Morricone.
"Quando un uomo col fucile incontra un uomo con la pistola, l'uomo con la pistola è un uomo morto" ("Per un pugno di dollari")
UN UOMO, UN CAVALLO, UNA PISTOLA
Il pedaggio per entrare nel soleggiato mondo del west è sottoporsi ad un tutorial per imparare l'arte delle rivoltella e della sella, ovvero come sparare e cavalcare insomma: l'abc per sopravvivere. I movimenti fondamentali non sono legati al corpo nella sua interezza (abbassarsi, saltare, afferrare) quanto alla mano che spara e all'occhio che mira. La regola è: muoviti per sparare. L'interazione con l'ambiente è quindi essenzialmente mediata da questa regola.
La struttura di gioco alterna missioni basate sul conseguimento di obiettivi e "free-roaming", parolina insignificante che i ragazzini si mettono in bocca (in assenza di migliori alternative) riferendosi alla possibilità di bighellonare in lungo e in largo senza occuparsi di eseguire il compito della missione e portare avanti la storia. Da quest'angolatura Gun stenta ad equilibrare questi due momenti. Se le missioni sono costituite da sotto-obiettivi rigidamente concatenati, imponendo un ritmo accelerato all'azione, il free-roaming si dimostra troppo "free" perché ambientato in luoghi chiusi, dentro ai quali c'è ben poco da fare e fuori dai quali ci sono deserto o foreste. Niente a che vedere con una moderna metropoli qualcuno intendeva forse paragonare un'affollata "City" con un villaggio di cow-boys? D'accordo, c'è Dodge "City", ma qualunque confronto è impietoso per Gun.
Neanche a metà del gioco e ho già perso il conto di quanti uomini ho rispedito al creatore. Non è una battuta uscita dalla bocca di un John Wayne che guarda l'orizzonte del Grand Canyon. E' la pura constatazione del principale prodotto sfornato giocando a Gun: morti ammazzati. Si spara e si muore ovunque: carovane, stazioni, ponti, saloon, strade, città, ovunque. Dunque le armi. Colton dispone di un ottimo arsenale di armi, ma l'elemento che cattura la giocabilità "sparandola" in alto è la possibilità di usare le armi con visuale in prima persona e tempo rallentato. Il nonno del bullet time. Ci guadagna l'efficacia della mira e la spettacolarità delle scene. Ma ciò è consentito solo con pistole fucili ed altri armamenti offrono sia la visuale in terza persona, sia la visuale dal mirino. Spassosa anche l'implementazione del cavallo come mezzo di spostamento sulle lunghe distanze; una specie di "cavallino" ante litteram. Combinare poi cavalcate e sparatorie sprigiona grosse quantità di divertimento perché l'alta velocità del destriero quadrupede si accoppia splendidamente col bullet time.
"Dio li crea...io li ammazzo" (1967)
PER UNA MANCIATA DI PIXEL
Parlare della grafica di Gun significa disporsi l'animo alla quaresima: bisogna rinunciare alla qualità, agli effetti speciali, alle luci sfavillanti, a sontuose architetture poligonali. Oltre alle inspiegabili bande nere sullo schermo che appiattiscono la superficie visiva, l'impressione su xbox360 è quella di un'oscurità diffusa, probabilmente derivante da tonalità troppo aspre. C'è una considerazione di fondo. Progettare graficamente un titolo sul far west espone al rischio di avere a che fare con maestosi ambienti aperti e ricchi scenari chiusi, richiedendo uno sforzo tecnico superiore ad un altro genere. L'esito su ps2 e xbox è sufficiente, anche se un passo indietro rispetto ai parametri raggiunti. Ma così l'hardware dell'xbox360 resta ampiamente inutilizzato. E allora perché una versione per xbox360 quando si rischia di clonare quella per xbox? Forse per dare un assaggio della perfetta retrocompatibilità.
Stop alle critiche! Gun resta un titolo graficamente solido, forse spartano ma funzionale ad un action game. Non manca niente: dall'arredo del tipico saloon ai manifesti delle taglie, dallo sceriffo al ranch e al battello con la sala da gioco. Il design dei personaggi è particolarmente riuscito sotto il profilo della riproduzione storica sembra di rivedere le foto ingiallite della fauna che popolava il lontano west. Le animazioni sono impeccabili nella precisione e capaci anche di regalare movimenti spettacolari specialmente le sparatorie.
"Il mondo si divide in due categorie: chi ha la pistola, e chi scava. Tu scavi" (Il buono, il brutto, il cattivo, 1966)
LE PISTOLE NON DISCUTONO
Un doppiatore d'eccezione per Ned: Kris Kristofferson, guest star di molti film di successo, è uno dei numerosi sprazzi di qualità che illuminano il comparto audio. Niente da eccepire sulle voci, ma sono i rumori ambientali ad imprimersi sull'udito: sparatorie, grida, esplosioni, nitriti e quant'altro è la voce del lontano west qui ruggisce virilmente. Si avverte comunque la nostalgia di una colonna sonora, più che mai necessaria per amalgamare le differenti missioni, o per scandirne le fasi.
Gun
6.5
Voto
Redazione
Gun
Il far west come non lo avete mai visto? Assolutamente no! Gun è un far west a portata di pistola, che da sola dovrebbe trascinare avanti l'intero gioco. Troppo sforzo. Sparare e cavalcare, arrestare e parlare sono azioni in sé godibili ma diventano monotone se non inquadrate in una robusta trama o contornate da una visuale eccezionale. Meglio soprassedere sulla delusione grafica della versione xbox360, asciugarsi le lacrime di dolore e aspettare tempi migliori. Cosa resta? Un divertimento pronto all'uso, una buona varietà di missioni, con ampi spazi di libertà. Non è poco. Anche se non era l'effetto voluto da Activision. Va bene così. Promosso per l'impegno ma non per la qualità.