.Hack: Infection
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Insieme ad essi percorreremo intricati labirinti infestati da nemici e una volta esplorati i dungeon si potrà proseguire in una trama pregevolmente orchestrata e degna del miglior cartone animato giapponese. I dungeon sono influenzati da tre parole-chiave che noi andremo a scegliere e che stabiliranno svariati campi (tra i quali la forza dei nemici, l'ambientazione e l'elemento naturale dominante del luogo) e attraverso tutte le fonti dello scibile di "The World" (ovvero BBS, mail e suoi abitanti) collezioneremo ed immagazzineremo questi preziosi dati. E' chiaramente nei combattimenti (invero non rimarchevoli quanto il concept che muove il gioco) che l'aiuto dei nostri amici si rivelerà maggiormente apprezzabile, giacché al tasto quadrato è affidato il prezioso compito di aprire un menu in cui selezionare un loro intervento sia esso benefico (nei nostri confronti) o offensivo (contro chi ci sarà ostile). Per quanto riguarda Kite e pertanto il personaggio che gestiremo direttamente, premendo X attaccheremo in real time (il suddetto tasto subirà presumibilmente un vero e proprio tapping) mentre con triangolo, mettendo il gioco momentaneamente in pausa, sarà possibile navigare nei menu di magie e skills varie (quest'ultime determinate dall'equipaggiamento correntemente utilizzato). Una volta appreso come gestire le telecamere, le belligeranze non saranno un problema (si consideri tuttavia che il titolo è incline al level up). Maggiormente interessante l'utilizzo dell'abilità "Data Draining", attraverso la quale Kite una volta indebolito un nemico potrà ucciderlo più facilmente e ottenere un oggetto raro. Sempre mediante la medesima skill, Kite potrà ottenere i "Virus Cores", indispensabili per rendere accessibili zone altrimenti precluse. Il tutto ha chiaramente dei pro ma anche dei contro, un abuso della tecnica darà infatti luogo a degli effetti negativi sull'intero party (differenti nell'entità a seconda della percentuale di infezione del virus ai danni del nostro corpo). Giunti invece nei borghi abitati (il cuore pulsante dei server immaginari di "The World") sarà possibile chiamare al party altri personaggi (basta avere la loro e-mail) e godersi un po' di meritato riposo. Ogniqualvolta si entra ed esce dal sistema The World passeremo per il desktop (in seguito personalizzabile nello sfondo e nell'accompagnamento musicale), sbirciando magari fra le news (con tutti gli aggiornamenti e simpatiche trovate pubblicitarie di turno) e dando spesso un'occhiata al BBS che, lungi dall'essere solamente un iniziale tutorial, presenta importanti discussioni e utenti da conoscere (con tanto di post cancellati da imperscrutabili moderatori).
Sul piano audiovisivo il titolo Bandai (in Europa distribuito sotto etichetta Atari) non solo vanta delle buone animazioni e delle piacevoli colorazioni (benché siano un po' disadorni i dungeon e risulti meno curata la texturizzazione paesaggistica), ma dall'alto del suo stile e dei suoi tocchi di classe sa raggiungere ottime vette estetiche a dispetto del fatto che il gioco comincia ad avere la sua età, non veneranda ma significante. Il progetto risale infatti al 2001, e nel 2002 DotHack ha fatto la sua prima comparsa in terra nipponica spalleggiato dalla serie animata (.hack//Sign, 26 episodi) e da un romanzo (.hack/Ai Buster), ambedue anticipatori degli eventi che narra e narrerà la tetralogia videoludica. Questa sua altisonanza stilistica è dettata in primo luogo da un illustre nome: Yushiyuki Sadamoto, che già ha contribuito a plasmare capolavori dell'animazione (e del fumetto) di matrice giapponese come "Neon Genesis Evangelion" e "Fushigi no Umi no Nadia" (da noi noto come "Il mistero della pietra azzurra"). Suoi sono infatti il character design del titolo (correlato da mirabili ritratti) e gli artworks che insieme contribuiscono a creare un background artistico dall'indubbio fascino e qualità, plasmato da un tratto encomiabile. Per quanto concerne l'intero lavoro tecnico, i menu (quest'ultimi visivamente notevoli) e quant'altro componga il reparto grafico, si sono invece adoperati gli addetti al settore dei Cyber Connect 2 (studio di sviluppo interno a Bandai) che, senza pretendere di minacciare mostri sacri dell'attuale generazione, hanno donato forza alla loro creazione cercando di colpire più sotto il profilo delle scelte stilistiche che sotto l'apparente virtuosismo tecnico.
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Anche musicalmente DotHack//Infection è degno di nota, eccettuando la ripetitività di alcune tracce sonore all'interno di alcuni dungeon. Per il resto, la colonna sonora è globalmente pregevole ed orecchiabile, varia nelle situazioni che accompagna e pertanto completamente adempiente al ruolo che le è richiesto. Inoltre in alcuni frangenti sa raggiungere la meraviglia (qualora spalleggiata dall'accompagnamento melico), il fine a cui ogni creazione dovrebbe invero aspirare. L'ottimo parlato è presente (con l'ausilio dei sottotitoli, anche in italiano) sia in inglese che in giapponese.
Idee: Archetipi del "Mondo"
Prima ancora del suo affascinante reparto stilistico e della sua struttura prettamente ludica (invero non rivoluzionaria) il fattore che maggiormente merita di essere premiato è l'unicità e il fascino dell'idea portante del primo episodio (di quattro) della saga a volumi DotHack, nata e destinata a concludersi sotto l'ala protettiva Playstation 2 (in America e in Giappone i quattro tasselli del mosaico sono già tutti usciti).
Gli episodi che lo susseguiranno (Mutation, Quarantine e Outbreak) saranno tutti accompagnati dal parallelo evolversi della mini serie animata DotHack//Liminality il cui primo episodio (In the case of Mai Minase) accompagna come DvD aggiuntivo questo DotHack//Infection.
Un progetto dunque vasto ed ambizioso che di certo non è orfano di nomi importanti e soprattutto di idee, i mezzi principali con cui portare evoluzione in un genere che molti (e forse troppi) considerano erroneamente alieno alla crescita.