Hatred
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Può la violenza gratuita essere una caratteristica centrale di un'esperienza ludica? O meglio, può bastare per caratterizzare e rendere un videogioco divertente ed appagante? I ragazzi di Destructive Creations ci hanno creduto fino in fondo e nonostante le polemiche e le difficoltà sono riusciti a completare il loro Hatred. Esperimento riuscito?
In Hatred vestirete la giacca di pelle di un uomo nelle cui vene scorre solo odio e rabbia. Il suo nome non é importante, quello che conta é che nessuna vita merita di continuare, nemmeno la sua. Per questo lo vediamo armarsi di tutto punto, mitragliatrice in una mano, granate nella tasca interna della giacca, pistola nella fondina e via, l'uomo senza nome é pronto per fare una strage. Lo vediamo uscire di casa, in un sobborgo americano come tanti altri. Ecco che ci viene dato il controllo sul protagonista; cosa dobbiamo fare? Aprire il fuoco sui passanti e fare una strage. E' proprio l'obettivo della prima missione, sterminare la gente che abita nel nostro quartiere.
Il motivo? Nessuno, rabbia, ci siamo svegliati col piede storto. Violenza, insomma, senza motivazione alcuna. Hatred si gioca con una visuale isometrica, ovvero con la telecamera che inquadra l'azione dall'alto, ad un certa distanza. Con la tastiera muoviamo il nostro alter ego mentre col mouse prendiamo la mira. I controlli sono quelli di un qualsiasi sparatutto. Il salto é automatico, si può scattare e possiamo chinarci per migliorare la precisione e divenire bersagli più difficili. Perché ben presto qualcuno si ribellerà alla carneficina gratuita, e le forze dell'ordine inizieranno a darci la caccia. Gli stessi passanti, l'uomo della strada, in preda ad un raptus di coraggio, qualche volta potrà decidere di raccogliere un'arma da terra ed iniziare a spararci. Ciò non cambia molto purtroppo le dinamiche del gioco, che si risolve nel massacro indiscriminato di chiunque ci passi davanti.
Ogni livello offre alcuni obiettivi secondari ed uno finale, ma questi tendenzialmente si risolvono sempre nello sterminio di gruppi di persone. "Entra nel supermercato e uccidi tutti", "Raggiungi la stazione di rifornimento e distruggi tutto e uccidi tutti", "Stermina i partecipanti del party" e così via. Come avrete capito, prima ancora della violenza gratuita, il problema vero di Hatred é la varietà. Detto in poche parole, il titolo viene a noia dopo poco.
E' un vero peccato che Destructive Creations si sia dedicata così tanto a creare un prodotto controverso e non abbia invece spinto sulle idee. Lo diciamo perché il sistema di controllo funziona piuttosto bene e le sensazioni pad o tastiera alla mano sono decisamente positive, segno che gli sviluppatori non sono degli sprovveduti. Lo stesso vale per la calibrazione dell'esperienza, difficile ma non frustrante, così come per il comparto tecnico, piacevole e curato.
Inoltre si fa notare una grande interattività degli ambienti, con un sistema che gestisce la distruzione di edifici ed elementi vari da far invidia a produzioni ben più note. Tutto questo viene sprecato per "far parlare di sé", per creare un'esperienza gratuitamente violenta, perfetta per un servizio del TG dell'ora di cena. Non é una violenza contestualizzata e matura alla GTA, né una violenza esagerata e grottesca alla Carmageddon o alla Mortal Kombat.
Non é neanche una violenza eccessivamente grafica, un po' per il bianco e nero che smorza fortemente l'impatto visivo, ed un po' anche per la visuale distante dal cuore dell'azione. E' l'idea che disturba. Il giocatore si ritrova costretto a sparare a decine, centinaia di persone innocenti, persone che passeggiano, come se domani il vostro vicino uscisse di casa armato ed iniziasse a sparare per le strade del vostro quartiere.
Questo ci ha infastidito, tanto che non ci ha permesso di goderci quel poco di buono che il titolo ha da offrire a livello strettamente ludico. Manca un vero contesto, perché se vogliamo il Trevor di GTA V non é poi tanto diverso dal protagonista di Hatred. Ma nel titolo Rockstar c'é una storia, una spiegazione, una caratterizzazione, che fa funzionare il tutto, nonostante rimanga disturbante. Hatred non si impegna in questo senso ed il risultato non fa riflettere e semplicemente vi ritroverete a chiedervi che cosa state facendo e perché, per poi annoiarvi dopo poco.
Tornando alla domanda iniziale, può la violenza gratuita essere una caratteristica centrale di un'esperienza ludica? Sì, ma non basta. I già citati Carmageddon e Moral Kombat ci hanno costruito sopra delle serie intere, ma perché offrono un gameplay articolato e divertente. Hatred non riesce in questo e per questo risulta un esperimento fallito. Ci permettiamo anche una critica a Steam, che costringe le Visual Novel giapponesi a ricorrere a censure di ogni genere perché troppo grafiche nel rappresentare scene di sesso di vario genere ma poi pubblica senza problemi questo prodotto che ci permette di uccidere innocenti a pacchi. Qualcuno ce ne illustri il senso perché noi non lo capiamo
Quando ti svegli dalla parte sbagliata del letto
In Hatred vestirete la giacca di pelle di un uomo nelle cui vene scorre solo odio e rabbia. Il suo nome non é importante, quello che conta é che nessuna vita merita di continuare, nemmeno la sua. Per questo lo vediamo armarsi di tutto punto, mitragliatrice in una mano, granate nella tasca interna della giacca, pistola nella fondina e via, l'uomo senza nome é pronto per fare una strage. Lo vediamo uscire di casa, in un sobborgo americano come tanti altri. Ecco che ci viene dato il controllo sul protagonista; cosa dobbiamo fare? Aprire il fuoco sui passanti e fare una strage. E' proprio l'obettivo della prima missione, sterminare la gente che abita nel nostro quartiere.
Il motivo? Nessuno, rabbia, ci siamo svegliati col piede storto. Violenza, insomma, senza motivazione alcuna. Hatred si gioca con una visuale isometrica, ovvero con la telecamera che inquadra l'azione dall'alto, ad un certa distanza. Con la tastiera muoviamo il nostro alter ego mentre col mouse prendiamo la mira. I controlli sono quelli di un qualsiasi sparatutto. Il salto é automatico, si può scattare e possiamo chinarci per migliorare la precisione e divenire bersagli più difficili. Perché ben presto qualcuno si ribellerà alla carneficina gratuita, e le forze dell'ordine inizieranno a darci la caccia. Gli stessi passanti, l'uomo della strada, in preda ad un raptus di coraggio, qualche volta potrà decidere di raccogliere un'arma da terra ed iniziare a spararci. Ciò non cambia molto purtroppo le dinamiche del gioco, che si risolve nel massacro indiscriminato di chiunque ci passi davanti.
Ogni livello offre alcuni obiettivi secondari ed uno finale, ma questi tendenzialmente si risolvono sempre nello sterminio di gruppi di persone. "Entra nel supermercato e uccidi tutti", "Raggiungi la stazione di rifornimento e distruggi tutto e uccidi tutti", "Stermina i partecipanti del party" e così via. Come avrete capito, prima ancora della violenza gratuita, il problema vero di Hatred é la varietà. Detto in poche parole, il titolo viene a noia dopo poco.
Notatemi, notatemi!!!
E' un vero peccato che Destructive Creations si sia dedicata così tanto a creare un prodotto controverso e non abbia invece spinto sulle idee. Lo diciamo perché il sistema di controllo funziona piuttosto bene e le sensazioni pad o tastiera alla mano sono decisamente positive, segno che gli sviluppatori non sono degli sprovveduti. Lo stesso vale per la calibrazione dell'esperienza, difficile ma non frustrante, così come per il comparto tecnico, piacevole e curato.
Tanta violenza per farsi notare, ma sotto non c'é molto purtroppo
Inoltre si fa notare una grande interattività degli ambienti, con un sistema che gestisce la distruzione di edifici ed elementi vari da far invidia a produzioni ben più note. Tutto questo viene sprecato per "far parlare di sé", per creare un'esperienza gratuitamente violenta, perfetta per un servizio del TG dell'ora di cena. Non é una violenza contestualizzata e matura alla GTA, né una violenza esagerata e grottesca alla Carmageddon o alla Mortal Kombat.
Non é neanche una violenza eccessivamente grafica, un po' per il bianco e nero che smorza fortemente l'impatto visivo, ed un po' anche per la visuale distante dal cuore dell'azione. E' l'idea che disturba. Il giocatore si ritrova costretto a sparare a decine, centinaia di persone innocenti, persone che passeggiano, come se domani il vostro vicino uscisse di casa armato ed iniziasse a sparare per le strade del vostro quartiere.
Questo ci ha infastidito, tanto che non ci ha permesso di goderci quel poco di buono che il titolo ha da offrire a livello strettamente ludico. Manca un vero contesto, perché se vogliamo il Trevor di GTA V non é poi tanto diverso dal protagonista di Hatred. Ma nel titolo Rockstar c'é una storia, una spiegazione, una caratterizzazione, che fa funzionare il tutto, nonostante rimanga disturbante. Hatred non si impegna in questo senso ed il risultato non fa riflettere e semplicemente vi ritroverete a chiedervi che cosa state facendo e perché, per poi annoiarvi dopo poco.
Il gameplay ed il sistema di controllo sono ben calibrati
Tornando alla domanda iniziale, può la violenza gratuita essere una caratteristica centrale di un'esperienza ludica? Sì, ma non basta. I già citati Carmageddon e Moral Kombat ci hanno costruito sopra delle serie intere, ma perché offrono un gameplay articolato e divertente. Hatred non riesce in questo e per questo risulta un esperimento fallito. Ci permettiamo anche una critica a Steam, che costringe le Visual Novel giapponesi a ricorrere a censure di ogni genere perché troppo grafiche nel rappresentare scene di sesso di vario genere ma poi pubblica senza problemi questo prodotto che ci permette di uccidere innocenti a pacchi. Qualcuno ce ne illustri il senso perché noi non lo capiamo