Haze
di
Si intuisce, anche grazie ai dialoghi in game, che il parallelo con l'esercito americano é molto più che accennato, anche se per ovvi motivi non é mai approfondito del tutto. Non Iraq o Medio Oriente ma Sudamerica a tutto spiano. Lì sono chiamati gli eroi della Mantel a proteggere, in questo caso, alcune piantagioni da cui poter sintetizzare il Nectar, sebbene ufficialmente il nostro compito sia quello di sedare l'ennesima rivolta dei ribelli. Caso vuole, però, che un rigurgito di coscienza e soprattutto un guasto al vostro iniettore personale, sballi totalmente il vostro personale “matrix”, mostrandovi il mondo circostante nella sua cruda realtà. Il passaggio da carnefice a vittima é quasi un passo obbligatorio e dopo poco vi ritrovata a combattere tra i ribelli, a urlare “Hasta luego” e al posto del Nectar vi ritrovate una bottiglia di tequila. Col verme.
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Che siate Mantel o Ribelli, però, la meccanica di gioco non viene differenziata più di tanto. Stesse armi, stesso approccio poco tattico al gioco e praticamente stesso fine ultimo: uccidere senza criterio. L'unica differenza lo fa, manco a dirlo, il Nectar. Da membro attivo della Mantel dovrete riuscire a dosarlo sapientemente per accrescere le vostre abilità in battaglia, ma una volta passato alla fazione ribelle, potrete utilizzare il Nectar a vostro vantaggio. Rimuovendo dai cadaveri l'iniettore e attaccandolo ad una normale granata, potrete costruire un'autentica “bomba di nettare”. Una volta lanciata verso i nemici, questi si ritroveranno in overdose e impazziranno, uccidendosi a vicenda.
E' questa forse l'unico vero elemento distintivo nel passaggio tra una fazione e l'altra (se si eccettua forse un maggiore grado di zoon riservato ai soldati Mantel). Il gameplay di Haze si muove quindi sui binari sicuri dell'FPS più classico, interrompendo di tanto in tanto la monotonia di fondo con qualche sessione di guida di mezzi che rivela con micidiale crudezza i limiti tecnici di un motore grafico tenuto assieme a “sputo e preghiere” (come direbbe Stephen King) e una preoccupante banalità nel copincollare all'infinito sempre le stesse situazioni di gioco. Anche le ambientazioni di gioco sembrano soffrire della cronica mancanza di idee riservata al gameplay.
Eccezion fatta per la prima location (fieramente mostrata al pubblico per esaltare le doti del motore grafico), che agli occhi meno attenti poteva accostarsi a quelle viste in Crysis, i restanti scenari di Haze sono per lo più spogli in termini di dettagli, relativamente poco curati e ricoperti da texture che é giusto definire come “banali”. Come se non bastasse non sono rari gli effetti di “pop in” con oggetti e texture che si formano direttamente sotto i vostri occhi. Insomma, un vero disastro tecnico a cui va aggiunto un doppiaggio sicuramente buono nelle voci dei doppiattori e negli effetti speciali, ma di una ripetitività disarmante, tanto che spesso e volentieri cercherete di zittire i vostri compagni d'avventura per non ascoltare il loro continuo cianciare.
Difficile immaginare quale potesse essere il fine ultimo di Haze. Ci piace pensare ad un messaggio politico-pacifista nascosto tra le pieghe di un trama che spinge però il giocatore a non soffermarsi più di tanto sul significato recondito e a spingere dritto sull'acceleratore per portare a termine un titolo che stenta anche a decollare in modalità cooperativa online e in un multiplayer onesto ma distante anni luce dai fasti di COD4 o Halo 3. Un'occasione mancata, quindi, soprattutto in considerazione del fatto che Haze presenta probabilmente una trama ben congegnata e articolata, come raramente si trova nel mondo dei videogames. Non basta questo però per giustificare i quasi 70€ richiesti per portarsi a casa un titolo che una volta terminato verrà accuratamente riposto sullo scaffale per non essere più ripreso se non per qualche sessione cooperativa, in attesa dei veri mostri sacri del genere su PS3.
Che siate Mantel o Ribelli, però, la meccanica di gioco non viene differenziata più di tanto. Stesse armi, stesso approccio poco tattico al gioco e praticamente stesso fine ultimo: uccidere senza criterio. L'unica differenza lo fa, manco a dirlo, il Nectar. Da membro attivo della Mantel dovrete riuscire a dosarlo sapientemente per accrescere le vostre abilità in battaglia, ma una volta passato alla fazione ribelle, potrete utilizzare il Nectar a vostro vantaggio. Rimuovendo dai cadaveri l'iniettore e attaccandolo ad una normale granata, potrete costruire un'autentica “bomba di nettare”. Una volta lanciata verso i nemici, questi si ritroveranno in overdose e impazziranno, uccidendosi a vicenda.
E' questa forse l'unico vero elemento distintivo nel passaggio tra una fazione e l'altra (se si eccettua forse un maggiore grado di zoon riservato ai soldati Mantel). Il gameplay di Haze si muove quindi sui binari sicuri dell'FPS più classico, interrompendo di tanto in tanto la monotonia di fondo con qualche sessione di guida di mezzi che rivela con micidiale crudezza i limiti tecnici di un motore grafico tenuto assieme a “sputo e preghiere” (come direbbe Stephen King) e una preoccupante banalità nel copincollare all'infinito sempre le stesse situazioni di gioco. Anche le ambientazioni di gioco sembrano soffrire della cronica mancanza di idee riservata al gameplay.
Eccezion fatta per la prima location (fieramente mostrata al pubblico per esaltare le doti del motore grafico), che agli occhi meno attenti poteva accostarsi a quelle viste in Crysis, i restanti scenari di Haze sono per lo più spogli in termini di dettagli, relativamente poco curati e ricoperti da texture che é giusto definire come “banali”. Come se non bastasse non sono rari gli effetti di “pop in” con oggetti e texture che si formano direttamente sotto i vostri occhi. Insomma, un vero disastro tecnico a cui va aggiunto un doppiaggio sicuramente buono nelle voci dei doppiattori e negli effetti speciali, ma di una ripetitività disarmante, tanto che spesso e volentieri cercherete di zittire i vostri compagni d'avventura per non ascoltare il loro continuo cianciare.
Difficile immaginare quale potesse essere il fine ultimo di Haze. Ci piace pensare ad un messaggio politico-pacifista nascosto tra le pieghe di un trama che spinge però il giocatore a non soffermarsi più di tanto sul significato recondito e a spingere dritto sull'acceleratore per portare a termine un titolo che stenta anche a decollare in modalità cooperativa online e in un multiplayer onesto ma distante anni luce dai fasti di COD4 o Halo 3. Un'occasione mancata, quindi, soprattutto in considerazione del fatto che Haze presenta probabilmente una trama ben congegnata e articolata, come raramente si trova nel mondo dei videogames. Non basta questo però per giustificare i quasi 70€ richiesti per portarsi a casa un titolo che una volta terminato verrà accuratamente riposto sullo scaffale per non essere più ripreso se non per qualche sessione cooperativa, in attesa dei veri mostri sacri del genere su PS3.