Headhunter

Headhunter
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Ogni missione di Headhunter rappresenta un piccolo gioco a sé che richiede un diverso approccio e una uguale flessibilità da parte del giocatore nel gestire le caratteristiche del personaggio principale. Capiterà di scervellarsi su un enigma di memorizzazione davvero ostico (nessun altro particolare per non rovinarvi la sorpresa), di correre a perdifiato per le strade di LA per arrivare in tempo a un appuntamento, oppure di maledire quel boss di fine livello apparentemente insuperabile
Headhunter
Finalmente un parcheggio all'ombra dopo mezz'ora di ricerche

La varietà non fa certo difetto al gioco Amuze e dalla grandissima cura riposta nel game design si inizia a comprendere il motivo di uno sviluppo così lungo ed estenuante (circa tre anni andando per stime non strettamente ufficiali). A rovinare in parte una formula altrimenti perfetta concorrono due grossi difetti di natura strettamente tecnica: la gestione delle telecamere e l'invadenza dei caricamenti. Nel primo caso, non si può fare a meno di sottolineare come le inquadrature completamente libere risultino inadatte in un gioco di questo genere, che basa quasi tutto sulla pianificazione dei movimenti. Capita spesso di trovarsi di fronte a un nemico senza averne la più pallida idea, per colpa di un cambio di telecamera che ha deciso per un bel primo piano del nostro Jack in un momento in cui sarebbe stato utile un campo lungo sullo scenario
Utilizzando la modalità Gun si riesce a superare in parte questo ostacolo, ma in certi casi e soprattutto nelle locazioni più anguste l'unica soluzione é quella di affidarsi al radar in alto a destra muovendo il personaggio come all'interno di un labirinto. Sul fronte dei caricamenti, é evidente che in casa Amuze si debba lavorare un po' di più nel settore "ottimizzazioni" visto che Headhunter é frammentato in decine di sezioni, anche all'interno di uno stesso livello, che la console deve caricare singolarmente con pause di ben dieci secondi (cronometrati) l'una
Queste attese, giustificabili in parte dal carico di lavoro affidato al motore, frammentano purtroppo l'azione di gioco, rendendo talvolta noiosa l'esplorazione ripetuta dei livelli
Headhunter
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Headhunter

Il Dreamcast non se ne andrà senza aver piazzato qualche ultimo colpo ad effetto e il primo gioco realizzato da Amuze lo dimostra ampiamente. Un'avventura completa che miscela se possibile il meglio di quanto si sia visto finora nel settore degli action game. Esplorazione, combattimento, enigmi, una trama ricca di colpi di scena e una sezione di guida che potrebbe essere venduta a parte con un paio di semplici ritocchi. Tutto questo è Headhunter, tutto questo è il gioco che molti utenti Dreamcast aspettavano come una rivelazione e che incredibilmente è riuscito a mantenere gran parte delle promesse. Alcuni problemi di inquadratura e ottimizzazione (i caricamenti sono davvero estenuanti) abbassano in parte il giudizio complessivo, ma per fortuna sono controbilanciati da una giocabilità e longevità d'altri tempi rispetto alla maggioranza delle produzioni odierne (circa 25 ore, su ben due GD). Qualsiasi utente Dreamcast che si rispetti non può fare a meno di considerare l'acquisto di Headhunter, o perlomeno un approfondito test di tutte le sue parti. Unico escluso chi sia completamente avverso alla categoria dei giochi d'azione, nel qual caso dobbiamo complimentarci per la pazienza di essere arrivati a leggere fin qui...

Alessandro Martini

SECONDO COMMENTO
Il timore era che Headhunter si rivelasse un mero clone del noto Metal Gear Solid. Così non è stato: pur presentando un'azione spesso sfacciatamente analoga a quella del gioco di Hideo Kojima, Head Hunter comprende anche un'ottima dose di caratteristiche peculiari che lo rendono un videogame di alta qualità, capace di brillare di luce propria sebbene offuscato da qualche difetto che si poteva evitare. Impegnativo, ben realizzato, mediamente longevo: un gioco che i possessori di Dreamcast non dovrebbero lasciarsi sfuggire.

Stefano Castelli