Hell Yeah! Wrath of the Dead Rabbit
di
Andrea Bruni
Immaginate di essere un coniglio. Cioé, non proprio un lagomorfo qualsiasi, diciamo un coniglio venuto -letteralmente- dall'Inferno, per giunta principe e designato erede di quel re Hare che da lunghi anni governa il meno accogliente angolo di aldilà col pugno (zampa) di ferro. Ci siete? Ok, ora immaginate di aver ereditato dal defunto padre la corona (oltre che un pessimo carattere), ma che al contempo celate un terribile segreto, di cui i vostri nuovi sudditi devono essere tenuti all'oscuro ad ogni costo: la vostra insana passione per le paperelle di gomma. Ora, mettete il caso che un perfido paparazzo vi abbia pizzicato in uno di questi momenti privati, e che una volta scoperto il misfatto, lo scoop abbia già raggiunto un centinaio di abitanti del regno. Vi siete immedesimati a sufficienza nella situazione? Allora rispondete al quesito con la massima sincerità: "Qual'é il modo più logico e ragionevole di risolvere questa sgradevole situazione?". E, se la risposta suona qualcosa tipo "imbraccio la mia fedele sega circolare, stano i cento testimoni dagli angoli più disparati degli inferi e li faccio secchi nei modi più ridicolmente truculenti che si possano immaginare", possiamo proprio dirlo; Hell Yeah! Wrath of the Dead Rabbit é il gioco che fa per voi.
Come avete già potuto intuire, quello di "intrattenimento intelligente" preso in qualunque possibile sfumatura, é un concetto del tutto alieno al titolo dei francesi Arkedo Studio, che anzi, fa del nonsense, dell'umorismo demenziale e del fattore "random" allo stato brado una vera e propria ragione di vita, da sfoggiare con un orgoglio quasi perverso in ogni pixel che ci scorrerà davanti agli occhi.
Hell Yeah! va infatti a inquadrarsi nel filone dei platform bidimensionali, che già da qualche anno può vantare un riuscito processo di revival; e questa produzione Sega (non proprio gli ultimi arrivati nel genere) si butta in questo panorama adoperando un approccio tendenzialmente "nostalgico", con un'anima fondamentalmente classicheggiante in cui l'influenza primaria é da ricercarsi nei classici della generazione a 16 bit: gameplay veloce, grafica coloratissima e accattivante, e un grado di difficoltà tarato sulla filosofia del divertire senza troppe frustrazioni piuttosto che offrire una sfida all'abilità del giocatore. Certo, alla folle avventura di Ash (questo é il nome del nostro coniglietto non-morto) non manca nemmeno un tocco di gusto più moderno, tra collezionabili, minigames, negozi in cui comprare e potenziare armi & upgrades miscellanei; per non contare di un comparto visivo che lascia da parte qualunque velleità retrò con una pulitissima resa HD.
Bando alle ciance, torniamo a dove avevamo lasciato Ash, che pure é noto per non avere una pazienza da santo. Riassumendo, la situazione é questa: abbiamo un principe dell'Inferno infuriato, un buon quantitativo di mostri che sanno troppe cose e una motosega dal design bizzarro; per scoprire come questi elementi possono essere combinati, avremo a disposizione un ambiente di gioco composto da dieci livelli ampi e interconnessi, che qualcosa alla "scuola Metroid" lo devono di sicuro. Ogni macroarea é disseminata di porte e barriere che si schiuderanno solamente dopo aver fatto passare a miglior vita (anche se come vedremo, forse non é il termine più corretto) un dato numero di mostri presenti sulla nostra lista nera.
Non di rado ci troveremo dover rimettere piede in zone già precedentemente visitate per poter procedere nella nostra cerca, una volta messo assieme il bodycount necessario a sbloccare un nuova area oppure ottenuto il power up che può permetterci di guadagnare l'accesso in vie altrimenti irraggiungibili. Un'escamotage, questo pensato soprattutto per mascherare o comunque lenire una certa linearità di fondo (salvo isolate circostanze, malgrado la libera riesplorabilità, quello che segue lo svolgimento del gioco é un percorso quasi completamente obbligato) che in linea di massima funziona, anche perché sorretto da una reale -quella sì- varietà di situazioni a cui saremo sottoposti nelle ore trascorse a spasso per la Città Dolente.
Il fulcro stesso della nostra nobile missione -l'incontro coi mostri- é reso con una certa creatività; quando non sarà possibile sbarazzarsi di questi miniboss semplicemente affettandoli o farcendoli di piombo (ad affiancare la fedele sega avremo una vasta selezione di armi da fuoco, dal "semplice" fucile d'assalto fino al micidiale bazooka passando per rivoltelle sovradimensionate, raggi laser e improbabili liquidator caricati ad acqua santa), dovremo ricorrere a strategie più ragionate, meno convenzionali e/o completamente assurde; discorso a maggior ragione applicabile nei diversi segmenti in cui saremo costretti a zampettare totalmente disarmati, ove il platforming può concedersi più frequenti divagazioni nel puzzle solving. Oltre a questo non mancano neppure parentesi di pura azione/arcade, tra sessioni alla guida di astronavi & veicoli miscellanei, e le piste da motocross che ci permettono di accelerare bruscamente il ritmo e portarci dalle parti di un certo porcospino blu tanto noto in casa Sega.
Giusto per non farsi mancare nulla, Hell Yeah! annovera pure una modalità gestionale. Se vi foste mai chiesti "dove va chi resta stecchito all'Inferno?", ecco a voi la risposta: sull'Isola!
Lungi dall'essere un paradiso tropicale o una location per trashissimi reality show, questo luogo sperduto nel mezzo di chissà quale oceano non é altro che un campo di lavoro, dove le vittime di Ash possono essere assegnate al procacciamento di varie risorse a beneficio del perfido coniglio, dal denaro agli oggetti curativi fino alle rarità da collezione.
Purtroppo, qualunque possibile spunto d'interesse non va qui oltre le intenzioni: troppo semplificata, implementata francamente maluccio e basilarmente inutile ai fini del gioco "vero", questa modalità secondaria é destinata a essere presto dimenticata senza tante cerimonie.
Questo ci porta a quello che é il principale difetto di Hell Yeah!, ossia un design che i ragazzi di Arkedo -che forse, nel mettere più carne al fuoco possibile, si sono lasciati troppo prendere dall'entusiasmo- soffre di falle e ruvidezze più o meno evidenti, e che, nonostante tutta la buona volontà del team d'oltralpe, impedisce al suo ultimo lavoro di poter puntare all'eccellenza.
E' il caso, ad esempio, del sitema di controllo: nulla di tragico o realmente penalizzante, ma non c'é dubbio che la gestione dei doppi salti (o della propulsione stil jetpack che li sostituisce quando abbiamo a disposizione la motosega) poteva essere un pelino più responsiva di così, e neanche si può definire la gestione delle armi da fuoco come il massimo della comodità: il dover tenere premuto lo stick analogico destro per mirare può diventare una questione antipatica, specie nel bel mezzo di un salto.
Nessuna di queste situazioni finisce per risultare una questione di vita o di morte, ma perché un platform possa ambire all'Olimpo del proprio genere, i controlli non sono un campo in cui ci si possono permettere troppi peccatucci veniali. Per inciso, nemmeno gli altri aspetti "strutturali" riescono a spiccare, o comunque spingersi oltre un'onesta sufficienza; il level design si attesta nella media, ben lontano dal pieno sfruttamento delle potenzialità che la struttura aperta avrebbe potuto garantire; così come il look dei livelli -salvo un paio di eccezioni in positivo- si presenta agli occhi senza particolare infamia né lode.
Ma davvero vale la pena di liquidare placidamente Hell Yeah! nel mare della mediocrità? Non ne siamo così sicuri, perlomeno a patto di essere sintonizzati sulla stessa lunghezza d'onda degli sviluppatori in quanto a gusto del demenziale: il tasso di scemenza di questo gioco può essere infatti un vero e proprio valore aggiunto e un fattore decisivo nel giungere al termine della manciata di ore necessarie a completare Hell Yeah! soddisfatti e divertiti. Perché, come detto, l'inferno secondo Arkedo é la patria dell'assurdo e del "silly" più sfrenato, e non indende perdere occasione per darne dimostrazione in dialoghi, situazioni e atmosfera generale, che pesca a piene mani nel campionario splatter-cartoonesco più sopra le righe. Per esempio, una volta azzerata la barra vitale dei nemici maggiori, dovremo assestargli il colpo di grazia attraverso una nutrita selezione di minigames semplici semplici, il cui scopo non é altro che mettere una volta di più in scena l'attitudine dogmaticamente anti-seriosa con cui questo titolo vuole presentarsi.
Del resto, l'obiettivo di fondo é enunciato dagli stessi sviluppatori senza tante ipocrisie: fornire un'esperienza divertente e leggera, l'ideale per farsi due risate e sfogarsi tra sangue e frattaglie pixellate dopo una stressante giornata di lavoro; traguardo che, possiamo dirlo, risulta raggiunto. Ricordiamo infatti come il grado di sfida sia tranquillamente alla portata anche di platformers non necessariamente hardcore, il sistema di checkpoint aggiunto alle vite illimitate rende il fallimento tutt'altro che penalizzante (di contro, ricominceremo dal punto di controllo con lo stesso livello di punti ferita al momento dell'ultimo salvataggio, subordinandone il ripristino nelle apposite stazioni di cura disseminate per i livelli) e contribuisce alla massima "scorrevolezza" nel farsi strada fino alle fasi finali. Neppure le missioni secondarie (che permetteranno di guadagnare soldi extra e sbloccare stilosi cappellini) sono da considerarsi un banco di prova per le nostre abilità, quanto semplici divagazioni dal gameplay ordinario. Dunque, fan della filosofia "intendo-hard", siete avvertiti: qui siamo ampiamente fuori dal vostro territorio.
In conclusione, qual'é il bilancio del regno di Ash? C'é sicuramente un certo rammarico per un gioco che avrebbe potuto puntare più in alto, e a cui avrebbe giovato di molto una maggiore attenzione in fase di sviluppo; ma il risultato finale é comunque positivo, anche alla luce degli obiettivi che il team si sono preposti, e che al di là di ogni ragionevole dubbio sono riusciti a raggiungere più o meno felicemente. Per i capolavori é meglio guardare altrove, per mettervi alla prova idem; ma per quei momenti in cui vorreste spegnere il cervello, accendere la motosega e far vedere a un pò di mostracci poettegoli chi é che comanda, difficimente vi pentireste di aver dato una possibilità a questo coniglietto tutt'altro che adorabile.
Come avete già potuto intuire, quello di "intrattenimento intelligente" preso in qualunque possibile sfumatura, é un concetto del tutto alieno al titolo dei francesi Arkedo Studio, che anzi, fa del nonsense, dell'umorismo demenziale e del fattore "random" allo stato brado una vera e propria ragione di vita, da sfoggiare con un orgoglio quasi perverso in ogni pixel che ci scorrerà davanti agli occhi.
Hell Yeah! va infatti a inquadrarsi nel filone dei platform bidimensionali, che già da qualche anno può vantare un riuscito processo di revival; e questa produzione Sega (non proprio gli ultimi arrivati nel genere) si butta in questo panorama adoperando un approccio tendenzialmente "nostalgico", con un'anima fondamentalmente classicheggiante in cui l'influenza primaria é da ricercarsi nei classici della generazione a 16 bit: gameplay veloce, grafica coloratissima e accattivante, e un grado di difficoltà tarato sulla filosofia del divertire senza troppe frustrazioni piuttosto che offrire una sfida all'abilità del giocatore. Certo, alla folle avventura di Ash (questo é il nome del nostro coniglietto non-morto) non manca nemmeno un tocco di gusto più moderno, tra collezionabili, minigames, negozi in cui comprare e potenziare armi & upgrades miscellanei; per non contare di un comparto visivo che lascia da parte qualunque velleità retrò con una pulitissima resa HD.
Bando alle ciance, torniamo a dove avevamo lasciato Ash, che pure é noto per non avere una pazienza da santo. Riassumendo, la situazione é questa: abbiamo un principe dell'Inferno infuriato, un buon quantitativo di mostri che sanno troppe cose e una motosega dal design bizzarro; per scoprire come questi elementi possono essere combinati, avremo a disposizione un ambiente di gioco composto da dieci livelli ampi e interconnessi, che qualcosa alla "scuola Metroid" lo devono di sicuro. Ogni macroarea é disseminata di porte e barriere che si schiuderanno solamente dopo aver fatto passare a miglior vita (anche se come vedremo, forse non é il termine più corretto) un dato numero di mostri presenti sulla nostra lista nera.
Non di rado ci troveremo dover rimettere piede in zone già precedentemente visitate per poter procedere nella nostra cerca, una volta messo assieme il bodycount necessario a sbloccare un nuova area oppure ottenuto il power up che può permetterci di guadagnare l'accesso in vie altrimenti irraggiungibili. Un'escamotage, questo pensato soprattutto per mascherare o comunque lenire una certa linearità di fondo (salvo isolate circostanze, malgrado la libera riesplorabilità, quello che segue lo svolgimento del gioco é un percorso quasi completamente obbligato) che in linea di massima funziona, anche perché sorretto da una reale -quella sì- varietà di situazioni a cui saremo sottoposti nelle ore trascorse a spasso per la Città Dolente.
Il fulcro stesso della nostra nobile missione -l'incontro coi mostri- é reso con una certa creatività; quando non sarà possibile sbarazzarsi di questi miniboss semplicemente affettandoli o farcendoli di piombo (ad affiancare la fedele sega avremo una vasta selezione di armi da fuoco, dal "semplice" fucile d'assalto fino al micidiale bazooka passando per rivoltelle sovradimensionate, raggi laser e improbabili liquidator caricati ad acqua santa), dovremo ricorrere a strategie più ragionate, meno convenzionali e/o completamente assurde; discorso a maggior ragione applicabile nei diversi segmenti in cui saremo costretti a zampettare totalmente disarmati, ove il platforming può concedersi più frequenti divagazioni nel puzzle solving. Oltre a questo non mancano neppure parentesi di pura azione/arcade, tra sessioni alla guida di astronavi & veicoli miscellanei, e le piste da motocross che ci permettono di accelerare bruscamente il ritmo e portarci dalle parti di un certo porcospino blu tanto noto in casa Sega.
Giusto per non farsi mancare nulla, Hell Yeah! annovera pure una modalità gestionale. Se vi foste mai chiesti "dove va chi resta stecchito all'Inferno?", ecco a voi la risposta: sull'Isola!
Lungi dall'essere un paradiso tropicale o una location per trashissimi reality show, questo luogo sperduto nel mezzo di chissà quale oceano non é altro che un campo di lavoro, dove le vittime di Ash possono essere assegnate al procacciamento di varie risorse a beneficio del perfido coniglio, dal denaro agli oggetti curativi fino alle rarità da collezione.
Purtroppo, qualunque possibile spunto d'interesse non va qui oltre le intenzioni: troppo semplificata, implementata francamente maluccio e basilarmente inutile ai fini del gioco "vero", questa modalità secondaria é destinata a essere presto dimenticata senza tante cerimonie.
Questo ci porta a quello che é il principale difetto di Hell Yeah!, ossia un design che i ragazzi di Arkedo -che forse, nel mettere più carne al fuoco possibile, si sono lasciati troppo prendere dall'entusiasmo- soffre di falle e ruvidezze più o meno evidenti, e che, nonostante tutta la buona volontà del team d'oltralpe, impedisce al suo ultimo lavoro di poter puntare all'eccellenza.
E' il caso, ad esempio, del sitema di controllo: nulla di tragico o realmente penalizzante, ma non c'é dubbio che la gestione dei doppi salti (o della propulsione stil jetpack che li sostituisce quando abbiamo a disposizione la motosega) poteva essere un pelino più responsiva di così, e neanche si può definire la gestione delle armi da fuoco come il massimo della comodità: il dover tenere premuto lo stick analogico destro per mirare può diventare una questione antipatica, specie nel bel mezzo di un salto.
Nessuna di queste situazioni finisce per risultare una questione di vita o di morte, ma perché un platform possa ambire all'Olimpo del proprio genere, i controlli non sono un campo in cui ci si possono permettere troppi peccatucci veniali. Per inciso, nemmeno gli altri aspetti "strutturali" riescono a spiccare, o comunque spingersi oltre un'onesta sufficienza; il level design si attesta nella media, ben lontano dal pieno sfruttamento delle potenzialità che la struttura aperta avrebbe potuto garantire; così come il look dei livelli -salvo un paio di eccezioni in positivo- si presenta agli occhi senza particolare infamia né lode.
Ma davvero vale la pena di liquidare placidamente Hell Yeah! nel mare della mediocrità? Non ne siamo così sicuri, perlomeno a patto di essere sintonizzati sulla stessa lunghezza d'onda degli sviluppatori in quanto a gusto del demenziale: il tasso di scemenza di questo gioco può essere infatti un vero e proprio valore aggiunto e un fattore decisivo nel giungere al termine della manciata di ore necessarie a completare Hell Yeah! soddisfatti e divertiti. Perché, come detto, l'inferno secondo Arkedo é la patria dell'assurdo e del "silly" più sfrenato, e non indende perdere occasione per darne dimostrazione in dialoghi, situazioni e atmosfera generale, che pesca a piene mani nel campionario splatter-cartoonesco più sopra le righe. Per esempio, una volta azzerata la barra vitale dei nemici maggiori, dovremo assestargli il colpo di grazia attraverso una nutrita selezione di minigames semplici semplici, il cui scopo non é altro che mettere una volta di più in scena l'attitudine dogmaticamente anti-seriosa con cui questo titolo vuole presentarsi.
Del resto, l'obiettivo di fondo é enunciato dagli stessi sviluppatori senza tante ipocrisie: fornire un'esperienza divertente e leggera, l'ideale per farsi due risate e sfogarsi tra sangue e frattaglie pixellate dopo una stressante giornata di lavoro; traguardo che, possiamo dirlo, risulta raggiunto. Ricordiamo infatti come il grado di sfida sia tranquillamente alla portata anche di platformers non necessariamente hardcore, il sistema di checkpoint aggiunto alle vite illimitate rende il fallimento tutt'altro che penalizzante (di contro, ricominceremo dal punto di controllo con lo stesso livello di punti ferita al momento dell'ultimo salvataggio, subordinandone il ripristino nelle apposite stazioni di cura disseminate per i livelli) e contribuisce alla massima "scorrevolezza" nel farsi strada fino alle fasi finali. Neppure le missioni secondarie (che permetteranno di guadagnare soldi extra e sbloccare stilosi cappellini) sono da considerarsi un banco di prova per le nostre abilità, quanto semplici divagazioni dal gameplay ordinario. Dunque, fan della filosofia "intendo-hard", siete avvertiti: qui siamo ampiamente fuori dal vostro territorio.
In conclusione, qual'é il bilancio del regno di Ash? C'é sicuramente un certo rammarico per un gioco che avrebbe potuto puntare più in alto, e a cui avrebbe giovato di molto una maggiore attenzione in fase di sviluppo; ma il risultato finale é comunque positivo, anche alla luce degli obiettivi che il team si sono preposti, e che al di là di ogni ragionevole dubbio sono riusciti a raggiungere più o meno felicemente. Per i capolavori é meglio guardare altrove, per mettervi alla prova idem; ma per quei momenti in cui vorreste spegnere il cervello, accendere la motosega e far vedere a un pò di mostracci poettegoli chi é che comanda, difficimente vi pentireste di aver dato una possibilità a questo coniglietto tutt'altro che adorabile.
Hell Yeah! Wrath of the Dead Rabbit
7
Voto
Redazione
Hell Yeah! Wrath of the Dead Rabbit
Senza raggiungere (colpevolmente) vette di eccellenza, Hell Yeah! é un gioco divertente, che renderà sicuramente soddisfatti i fan del demenziale più spinto. Per chiunque voglia un platform leggero e senza eccessive pretenziosità, possiamo scommettere che quello in compagnia del principe Ash sarà tempo ben speso!