High on Life - Recensione PC
Il trip di Squanch Games in un universo parallelo
Ci sono dei momenti in cui abbiamo bisogno di un passatempo spensierato. Quel prodotto non pretenzioso, pensato insomma con l’unico scopo di intrattenere senza dover, necessariamente, usare più di due neuroni per portare a casa il risultato. L’intenzione non è quella di banalizzare il lavoro di una casa di sviluppo, ci mancherebbe altro.
Piuttosto, ci piace vedere il videogioco in tutte le sue accezioni, anche quelle più leggere e distensive. A ricorrere in nostro aiuto, che al momento ci stiamo preparando a schivare i classici pranzi delle festività, quelli da 7 chili in 7 giorni per capirci, è High on Life.
Un titolo sorprendente sviluppato da Squanch Games, software house fondata nientemeno che da Justin Roiland, che in molti conosceranno dato che è il co-creatore della serie animata Rick & Morty. Molta della follia presente nella serie tv è stata per così dire “traslata” all’interno di questo nuovo universo originale, un plus da tenere in forte considerazione soprattutto quando vi troverete nella posizione di rispondere alla fatidica domanda “a chi consiglieresti questo videogioco?”.
NON SOLO TARALLUCCI E PAROLACCE
High on Life parte senza alcun tipo di pretesa. Anzi, all’inizio è assolutamente fuorviante. Soprattutto quando ci troviamo a guidare un personaggio da cabinato, quelli con la grafica bidimensionale stile DOOM e Duke Nukem tanto per intenderci. Se non fossimo nell’era dell’internet penseresti a uno scherzo, o a un revival che oggi se ne vedono tanti, ma l’incipit non è altro che un assaggio del lungo trip che passeremo in compagnia del protagonista.
Un ragazzo come tanti, che una volta lasciato a casa dai genitori, pronto soltanto a sopportare la sorella adolescente intenta a organizzare il tipico party americano, almeno fino a quando degli alieni decidono di invadere la Terra e il vicinato, uccidendo e catturando gli esseri umani per trasformarli in droga. Hashish per l’esattezza, o almeno un suo derivato, dato che il primo alieno che incontreremo non farà altro che aspirarsi un tizio come Shorty Meeks nel primo Scary Movie.
Cosa fare per sconfiggerli? Semplice. Affidarsi a una pistola parlante. Un chiacchierone della peggior specie, il Postiglione logorroico pronto a raccontarti l’intero gioco per filo e per segno. High on Life colpisce pertanto proprio grazie al ritmo di narrazione: la pistola è il fulcro dell’intera opera, il Rick capace di interagire con il Morty aldilà dello schermo, il giocatore che oltre a sparare potrà addirittura fare delle scelte multiple in alcuni momenti precisi del gioco. Il tono canzonatorio e provocante, ricco di battute e parolacce, sembra quasi pensato per ricreare lo stesso scambio tra lo scienziato e il nipote, piacevole in quasi ogni suo aspetto, tranne in questo caso per quelli che non masticano fluentemente la lingua anglofona.
Non essendo completamente doppiato in italiano il problema diventa la lettura delle innumerevoli battute posizionate su schermo, soprattutto per la loro enorme quantità. Davvero, non stanno mai zitti tra armi e nemici durante il gioco.
ESPLORARE IL COSMO
L’opera di Squanch Games propone anche tutto un universo da esplorare, almeno in parte, e lo fa sfruttando la classica gestione degli FPS in prima persona. Il nostro alter ego si troverà infatti a dover portare a termine una serie di missioni, tra principali e secondarie, un ottimo modo per farsi un’idea di quello che l’universo ha da offrirci in termini di qualità contenutistica e visiva.
Il minimo comun denominatore dei luoghi di High on Life è la lora singolare stranezza. Non esiste un luogo che possa farvi immaginare cose già viste, o almeno, non ci sono elementi riconoscibili o espliciti, tant’è che molto spesso ci si trova a perdere tempo solo per guardarsi intorno. Così da capire il folle parto mentale degli sviluppatori, qui capaci di creare scenari immersivi ma non sempre eccessivamente brillanti, almeno per quanto riguarda il level design.
A brillare è la caratterizzazione di armi e nemici alieni. Un vero e proprio pot-pourri di elementi diversi e variegati, piacevoli sulle fasi iniziali ma poi un pelino ripetitivi in merito a pattern di azione, vedi pure i boss, che lasciano intravedere una IA non proprio brillante. Questo non vuol dire che il titolo può essere finito a occhi chiusi, ma una volta imparate le basi, nonché il cambio delle armi al momento giusto grazie alla gestione di sparo primario e secondario, il compito a casa diventa un pelino più semplice.
Insomma, al netto di quello che si possa dire, le luci e le ombre di High on Life finiscono per amalgamarsi così bene da annullarsi a vicenda. Il modo giusto utile a creare un prodotto che non raggiunge la perfezione, anzi in alcuni casi ne è lontano, ma forse probabilmente nemmeno la ricerca, cercando di crearsi il suo spazio in un’area molto originale. Difficile, infatti, trovare FPS sul generis, proprio a livello di caratterizzazione se non altro.
Versione Testata: PC
Voto
Redazione
High on Life
High on Life si è rivelato un prodotto davvero sorprendente, un gioco capace di intrattenere nel modo giusto, senza pretendere di affondare le proprie radici distintive in sceneggiature da Oscar, gameplay all’ultimo grido o innovazioni grafiche. L’opera di Squanch Games è come un episodio di Rick & Morty: difficile stargli lontano, al netto di pregi e difetti esposti. La sua presenza sul Game Pass dal day-one, inoltre, offre ai giocatori la possibilità di goderselo senza alcun tipo di pretese.