Hitman Contracts
di
Dopo due anni di silenzio ecco ritornare sui nostri schermi un alquanto malconcio agente 47, questa volta apparenemente con un piede nella fossa, impegnato a ricostruire via flashback tra uno svenimento e l'altro, le missioni salienti della sua carriera di agente segreto modificato geneticamente, tutto questo per darci modo di giocare qualcosa. Hitman:Contracts più che un seguito vero e proprio pare assumere i connotati del remake. Eidos per mezzo dello studio norvegese IO-Interactive sembra aver deciso di riproporre gli aspetti peculiari della serie, denotando scarsa propensione verso un'opera di evoluzione del concept originario ma anche riguardo nei confronti degli aficionados del killer pelato che le hanno sempre regalato un buon riscontro al botteghino, sin dal primo capitolo della saga. Da qualunque punto di vista lo si guardi, sia questo in prima o in terza persona, H:C si può benissimo inquadrare con una sola parola "Shooter".
Proiettati in uno dei ricordi di un agente 47 in fin di vita, che assumono consistenza in seno ad una sua visibile alterazione psichica, vuoi per i farmaci, vuoi per l'emorragia che gli sta rovinando la camicia, il giocatore si troverà a rivivere diversi momenti del suo passato trovandosi spesso ad affrontare da punti di vista leggermente differenti, situazioni già viste nei precedenti episodi della saga. Con incidenza variabile, a seconda del livello di difficoltà selezionato dalla spartana schermata iniziale (decisamente essenziale in tema di opzioni) il giocatore si troverà nel bel mezzo di un trascorso della vita di 47 senza uno straccio di fase di briefing o una qualche indicazione sommaria dell'obiettivo da perseguire. Non a caso. H:C permette infatti di affrontare ognuna delle dodici missioni a disposizione con totale libertà decisionale. Appresi quali siano gli obiettivi da eliminare da due righe in croce a cui si può avere accesso in ogni momento, tramite la semplice pressione di un tasto del pad, l'eventuale percorso intrapreso prima dell'immancabile fuga a gambe levate sarà completamente a discrezione del giocatore.
L'iniziale senso di smarrimento che pervade un giocatore alla mercè del level design durante le prime partite, con il progredire nell'avventura si trasforma nella consapevolezza di trovarsi di fronte ad un ambiente di gioco decisamente coerente, dove i personaggi controllati dalla CPU conducono una propria (seppur assai limitata) esistenza scollegata dalla presenza del nostro agente e che può essere interpretato a piacimento vista la natura aperta delle varie sub-missioni che possono essere condotte indipendentemente, per ciò che concerne l'ordine e nelle modalità che si prediligono.
Desiderate infiltrarvi all'interno di un esclusivo rave party senza colpo ferire, superare il check point all'ingresso, mischiarvi tra la folla in completo di Armani e maschera sadomaso rubando i vestiti ad un ospite appena tramortito e trascinato in un ripostiglio, godervi le ballerine nelle gabbie e freddare il criminale di turno avvelenandogli lo Scotch uscendo dalla porta di servizio? Ecco, qui potete. Tuttavia nessuno vi impedisce di entrare nella villa del malavitoso di turno dalla porta principale a mitra spianato e crivellare di piombo qualsiasi cosa accenni a muoversi e anche qualche suppellettile, per sfregio. Non aspettatevi però alcuna ricompensa adottando una delle condotte sopracitate. Al limite il titolo di "Omicida di massa" nella schermata di valutazione al termine di ogni livello. Da prendere come un complimento, beninteso. A fornire uno spunto sul proseguio dell'avventura, almeno al livello di difficoltà di base, alcuni punti chiave evidenziati sulla pregevolissima mappa tattica a disposizione, rigorosamente da visitare in prima (o terza, ehm...) persona per apprendere quanto necessario alla risoluzione del livello con l'aiuto di una buona dose di deduzione, che non guasta. Sparatorie dunque ma anche una impronta volutamente stealth che si rende evidente a livello di gameplay, al giocatore che volesse usufruirne.