Hybrid Heaven
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Di recente ci sono state furiose discussioni su alcuni newsgroup italiani riguardo all'importanza che possano avere le pure sensazioni nell'ambito di una recensione. C'é chi dice che non devono trovare alcuno spazio in quest'ambito e chi sostiene che si potrebbe basare l'articolo solo su di esse. Ovviamente, per quanto possa sembrare un luogo comune, la verità sta nel mezzo: é innegabile che una rivista che voglia fregiarsi dell'appellativo di "professionale" debba, per forza di cose, cercare di mantenere razionalità, oggettività e serietà, ma spesso é anche inevitabile dare ampio spazio alle emozioni suscitate dal gioco. L'atmosfera, la bellezza della trama, la capacità di suscitare un qualche tipo di reazione emotiva nel giocatore sono tutte doti notevoli che poche produzioni hanno e che influiscono per forza di cose nella valutazione di un gioco. Certo, se poi l'esperienza é frustrata da un'interfaccia scadente, da una longevità pressoché nulla o da una monotonia dilagante non si può promuoverla solo perché acchiappa, giusto?
Beh, tutto questo preambolo vi avrà fatto intuire qualcosa (anche perché altrimenti sarebbe inutile). Hybrid Heaven, lo dico subito, é un gioco che può vantare un'atmosfera incredibile e una trama ricca di colpi di scena fregiandosi, oltretutto, di un'interfaccia alquanto particolare e di un approccio parecchio originale al genere. Fin dalla presentazione si respira una grande atmosfera, con lunghi silenzi, musiche rarefatte (ma bellissime), personaggi monolitici di grande impatto e che, per molti versi, ricordano i personaggi dei film d'azione orientali, col loro forte senso dell'onore e del dovere. E già; perché, fin dall'inizio, é chiara la sensazione di trovarsi all'interno di un grande film di fantascienza di chiara matrice Carpenteriana che ha molti punti di contatto con le più recenti produzioni hollywoodiane (i primi esempi che mi vengono in mente sono X-Files e The Arrival, gran bel film con Charlie Sheen giunto da noi solo in videocassetta, oltretutto martoriato da un doppiaggio scandaloso che ne ha completamente rovinato la bella atmosfera). La trama, seppur presenti qualche spunto interessante qua e là, non é proprio il massimo dell'originalità; quello che colpisce veramente (come del resto accade sempre nei giochi di produzione giapponese) é la qualità della sceneggiatura unita a una realizzazione tecnica forse non ai massimi livelli ma di sicuro impatto. Graficamente non si vede niente di sconvolgente, con texture abbastanza confuse e animazioni non certo ai massimi livelli. Ciononostante, vuoi per delle scelte di design veramente azzeccate, vuoi per una costruzione degli scenari semplicemente da lasciare a bocca aperta, l'impianto grafico creato dalla Konami funziona tremendamente bene. Correre lungo strette passatoie poste sui bordi di immense piramidi sotterranee immersi in un assordante silenzio interrotto saltuariamente dai movimenti meccanici dei dispositivi di controllo e da furtive intrusioni della colonna sonora é una sensazione decisamente da provare. Le costruzioni poligonali, sia quelle che si stagliano all'orizzonte, sia quelle su cui ci troviamo a girovagare, offrono una sensazione di potenza e di maestosità incredibili e sanno coinvolgere come poco altro
Beh, tutto questo preambolo vi avrà fatto intuire qualcosa (anche perché altrimenti sarebbe inutile). Hybrid Heaven, lo dico subito, é un gioco che può vantare un'atmosfera incredibile e una trama ricca di colpi di scena fregiandosi, oltretutto, di un'interfaccia alquanto particolare e di un approccio parecchio originale al genere. Fin dalla presentazione si respira una grande atmosfera, con lunghi silenzi, musiche rarefatte (ma bellissime), personaggi monolitici di grande impatto e che, per molti versi, ricordano i personaggi dei film d'azione orientali, col loro forte senso dell'onore e del dovere. E già; perché, fin dall'inizio, é chiara la sensazione di trovarsi all'interno di un grande film di fantascienza di chiara matrice Carpenteriana che ha molti punti di contatto con le più recenti produzioni hollywoodiane (i primi esempi che mi vengono in mente sono X-Files e The Arrival, gran bel film con Charlie Sheen giunto da noi solo in videocassetta, oltretutto martoriato da un doppiaggio scandaloso che ne ha completamente rovinato la bella atmosfera). La trama, seppur presenti qualche spunto interessante qua e là, non é proprio il massimo dell'originalità; quello che colpisce veramente (come del resto accade sempre nei giochi di produzione giapponese) é la qualità della sceneggiatura unita a una realizzazione tecnica forse non ai massimi livelli ma di sicuro impatto. Graficamente non si vede niente di sconvolgente, con texture abbastanza confuse e animazioni non certo ai massimi livelli. Ciononostante, vuoi per delle scelte di design veramente azzeccate, vuoi per una costruzione degli scenari semplicemente da lasciare a bocca aperta, l'impianto grafico creato dalla Konami funziona tremendamente bene. Correre lungo strette passatoie poste sui bordi di immense piramidi sotterranee immersi in un assordante silenzio interrotto saltuariamente dai movimenti meccanici dei dispositivi di controllo e da furtive intrusioni della colonna sonora é una sensazione decisamente da provare. Le costruzioni poligonali, sia quelle che si stagliano all'orizzonte, sia quelle su cui ci troviamo a girovagare, offrono una sensazione di potenza e di maestosità incredibili e sanno coinvolgere come poco altro