Immortal Legacy: The Jade Cipher

L’esperienza VR è ancora Viva (Games)

Dal suo lancio sul mercato nell’ottobre 2016 a oggi, il visore per la realtà virtuale di Sony ha “ospitato” prodotti di qualità altalenante che offrivano avventure di generi differenti. Dall’horror di un Until Dawn: Rush of Blood allo shooter con Aim Controller di Far Point, passando per i simil rhythm game alla Beat Saber o per le trasposizioni/modalità VR di Tripla A pensati originariamente senza supporto al visore, come Resident Evil VII e Skyrim. Le possibilità di utilizzare PlayStation VR non mancano di certo ma i giochi veramente riusciti, alla ASTRO BOT Rescue Mission per intenderci, sono ancora oggi una rarità.

I tempi, probabilmente, non sono ancora maturi per la realtà virtuale tramite visore e gli stessi sviluppatori preferiscono concentrarsi sui videogames giocabili sullo schermo classico e pad alla mano.

Ciò nonostante, c’è sempre qualcuno, soprattutto tra i team indipendenti, che tenta di farsi strada anche in questo mercato. È il caso di Viva Games, software house cinese che, dopo aver realizzato il puzzle-horror Your Toy, con il supporto di Sony ha dato vita a Immortal Legacy: The Jade Cipher.

Si tratta di un’opera piuttosto particolare: basata sull’utilizzo dei PS Move, fonde elementi distanti fra loro, sia per quanto riguarda la narrativa che in termini di gameplay. Il risultato non è ottimale ma il rapporto qualità/prezzo è interessante: parliamo di un prodotto low-budget venduto a 19,99€ sul PlayStation Store.

Dalla Cina con Orrore

Il racconto proposto da Immortal Legacy rappresenta l’aspetto meno problematico della produzione.

Prende spunto da una leggenda popolare strettamente collegata al folklore sinico: nel periodo della fine dell’anno la bestia “Ksi” 夕 (o Nian) devasta il mondo degli uomini causando morte, caos e distruzione. Il mostro è sensibile ai rumori troppo forti e ha paura del colore rosso. Per questo, durante l’ultima notte di ogni anno0 si sparano petardi e fuochi d’artificio per tenerla lontana.

Dalla leggenda del Nian deriva anche la Danza del Leone cinese, nata secondo tradizione da un modo pensato dal popolo per ricacciare il mostro nei segreti luoghi da dove proveniva. Una delle tipiche frasi di augurio durante i festeggiamenti del Capodanno cinese è “guo nian” che significa “che la bestia trapassi”.

In Immortal Legacy, Ksi è la trasposizione umana della bestia: un imperatore assetato di potere e in cerca dell’immortalità; è disposto a tutto pur di ottenerla, perfino a sacrificare la sua stessa gente.

Il giocatore veste i panni di Tyre, un ex soldato delle forze speciali, con un passato segnato da una tragedia avvolta nel mistero, l’omicidio della madre. La sua missione nell’isola di Yingzhou (situata nelle profondità del Triangolo del Drago) ha lo scopo di collegare tutti i pezzi del puzzle: le ambizioni e la follia di Ksi, l’enigmatica morte della donna, i segreti e gli orrori nascosti nel cuore dell’isola.

Ovviamente, tutto inizia nel peggiore dei modi: nel viaggio verso Yingzhou, l’aereo di Tyre e della criptica compagna di avventura Ksana precipita, i due si separano e il protagonista si trova ammanettato e in balia dei mercenari di Ksi. Dopo essere stato liberato dalla strampalata idol/influencer Cookye Pie, la sua missione ha inizio.

Per evitare inutili spoiler non vogliamo soffermarci sugli eventi di un’avventura che si protrae per circa sei ore. È però necessario evidenziare come Viva Games abbia preso idee e concept già visti in tanti media (di natura differente), riuscendo comunque ad amalgamarli bene in una sceneggiatura tutto sommato piacevole. Tra mitologia ed esperimenti, antichi manufatti e mutazioni genetiche, malvagi imperatori e cyborg, il risultato è un minestrone ricco di ingredienti che apparentemente stonano l’uno con l’altro: di primo impatto probabilmente non vorreste mai mangiarlo ma, in fin dei conti, il suo sapore è buono.

Spara… da fermo se tieni al tuo stomaco

Pad, o meglio, Move alla mano Immortal Legacy è uno shooter in prima persona, con impostazione tendente all’arcade: ci si muove seguendo percorsi sostanzialmente scriptati (salvo aree secondarie in cui raccogliere i collezionabili), con un’alternanza tra lente camminate, condite da semplici sezioni puzzle-solving, e frequenti sparatorie. Le meccaniche di shooting sono soddisfacenti ma, allo stesso tempo, vengono terribilmente penalizzate dai controlli dedicati al movimento.

Con il tasto Move si cammina in avanti, con la pressione contemporanea di entrambi i Move ci si limita ad un’avanzata più sostenuta; si corre? No, assolutamente, la corsa non è contemplata. Per scegliere la direzione del moto è necessario orientare il capo e guardare con il visore “dove si vuole andare”. I tasti frontali, invece, permettono la camminata laterale, all’indietro, la rotazione della telecamera (si può scegliere se fluida o di tot. gradi), e la gestione dell’inventario.

Nel complesso, quindi, la mappatura dei comandi risulta estremamente scomoda: il primo approccio è disastroso e, nonostante la pratica migliori leggermente la situazione, nelle fasi più concitate, a causa di un moto eccessivamente legnoso, rimane proibitivo gestire il tutto con la combinazione “pollice+sguardo” mentre si deve pensare allo sparo tramite i grilletti (destro o sinistro in base alla mano che impugna l’arma) e a ricaricare scuotendo il move. La conseguenza di tutto ciò è che si finisce per preferire un attacco da fermi, limitando al minimo gli spostamenti.

Questo comporta anche una fastidiosa chinetosi che ci ha costretti a ripetute pause durante l’avventura.

La varietà di armi è buona, si va da quelle corpo a corpo come coltelli e accette, alla classica pistola, alle molotov e alle granate, passando per shotgun e fucili d’assalto con una varietà di danno e di cadenza di tiro apprezzabile.

Per quanto riguarda gli enigmi, sono piacevoli nelle prime ore di gioco ma, proseguendo l’avventura, il loro ripetersi diventa noioso e penalizza il ritmo.

In ultimo, segnaliamo la presenza di nemici particolari che è possibile uccidere definitivamente solo con precise tattiche e di boss-fight non proprio esaltanti.

Low-Budget ad un prezzo onesto

L’opera di Viva Games è un prodotto low-budget e non fa nulla per nasconderlo. Mosso dal motore Unity, il titolo gode di una buona gestione dell’illuminazione e degli shader e di un colpo d’occhio di primo impatto piacevole. Il piacere visivo va a scemare presto quando si appura un’evidente mancanza della cura dei dettagli, a partire dal modello del protagonista, assente; il giocatore, piuttosto che i panni di Tyre, veste quelli delle sue braccia, niente busto, niente gambe: potrebbe anche essere comprensibile in un media VR, ok, il problema è che, muovendosi con il visore, è quasi possibile “guardarsi interamente in terza persona” appurando di essere semplicemente un paio di “maniche color carne”, con un esito ibrido tra l’inquietante e l’esilarante.

I problemi estetici coinvolgono anche ambientazioni rocciose eccessivamente ripetute (la prima fase del game si svolge all’aperto la seconda all’interno di una caverna) e texture/animazioni 2D di fluidi e vegetazione che stonano nel contesto  tridimensionale.

Tra le note positive, invece, un frame-rate assolutamente stabile e un comparto audio degno di nota che, oltre ad enfatizzare le variazioni di ritmo con sonorità sempre attinenti, può vantare la performance di Doug Cockle, l’attore che ha dato la voce a Geralt in The Witcher 3, in questo caso nei panni di Tyre.