Injustice 2

di Roberto Vicario

Ci sono due grandi scuole di pensiero nel mondo di picchiaduro. Lo sappiano noi, e lo sapete anche voi. Da una parte troviamo quella giapponese (o orientale, se preferite), dall’altra quella americana (o occidentale). Due modi differenti di interpretare lo stile, la fluidità, la profondità e la tipologia di esecuzione di attacchi e combo.

Injustice 2, seguito dell’omonimo titolo che ha visto originariamente la luce nel 2013, rientra perfettamente in quei canoni occidentali che il famoso Ed Boon, papà di Mortal Kombat e responsabile dello studio di sviluppo NetherRealm, ha dettato con solchi ormai incolmabili da altre scuole di pensiero. Come sarà andato questo seguito? Scopritelo continuando a leggere.

Fratture esterne…ed interne!

Injustice, per chi non lo sapesse, è un picchiaduro piuttosto classico che si sviluppa orizzontalmente e che permette ai giocatori di cimentarsi in furiosi scontri, che vedono come protagonisti volti noti e meno noti dell’universo DC. Un roster piuttosto ampio che pesca sia dal precedente capitolo, che dall'universo fumettistico, per proporci qualche gustosa novità.

Cuore dell’esperienza singolo giocatore è sicuramente la modalità storia che ci racconta una serie di vicende in grado di mettere in luce il ruolo di ogni singolo elemento del cast. I fatti vivono ovviamente del riflesso e delle conseguenze di quanto accaduto nello story mode del primo episodio del gioco. 

Lois Lane è morta, uccisa dallo stesso Superman per mano del Joker. Superman decide quindi di diventare un giustiziere che punta ad eliminare definitivamente i suoi nemici per evitare che possano compiere altri atti spregevoli durante la loro vita; di contro, Batman, non può accettare che ci siano ulteriori spargimenti di sangue, e quindi ecco che si arriva allo scontro tra le due icone DC.

Nel primo scontro epico tra i due ha la meglio Batman, con Clark Kent che viene rinchiuso all’interno di una prigione super tecnologica che gli inibisce i poteri. Questa scelta però porta ad un frattura tra gli eroi e l'arrivo di Braniac, con lo scopo di distruggere la terra, mischia ulteriormente le carte sul tavolo. Ecco quindi che si formano improbabili alleanze e fazioni con Harley Queen, Batman e Freccia Verde da una parte e Wonder Woman, Robin e Aquaman dall’altra… e questi solo per citarne alcuni.

Dobbiamo ammettere che siamo rimasti piacevolmente colpito dalla componente narrativa del titolo. Uno story mode per nulla forzato, lontano da qualsiasi concezione di orpello contenutistico, ma vera e propria variante di gioco solida e divertente.

I capitoli che compongono la storia principale ci mettono nei panni di buona parte dei personaggi presenti nel gioco, e ognuno degli oltre 70 combattimenti che compongono la componente narrativa è sempre introdotto da una cut scene che porta avanti le fila del discorso. Non era facile gestire un numero così alto di personaggi, ma grazie anche al supporto della DC, l’universo di Injustice offre una versione particolare e intrigante dei personaggi della casa americana, tanto da sperare in un ulteriore ampliamento di suddetto universo, possibilmente nel mondo fumettistico.

Concluso lo story mode ci si può addentrare all’interno del multiverso. Attraverso l’utilizzo del potente Brother Eye, verremo a conoscenza di diversi universi paralleli che al loro interno contengono sfide a tempo composte da differente difficoltà, durata e ovviamente ricompense. Allo scadere del tempo massimo, questi universi verranno sostituiti con nuovi mondi completamente differenti. Un ottimo incentivo per aumentare la longevità di coloro che preferisco il gioco in solitaria.

Eroi personalizzati

Ed è proprio questa variante a darci il gancio per parlare di quella che è la più grande novità, se vogliamo, del pacchetto ludico: il gear suit. Ognuno degli eroi presenti nel cast è infatti dotato di un livello che cresce man mano che si combatte all’interno di match (sia online che offline). Far salire questo numero  ci permette di personalizzare con oggetti sempre più potenti e performanti il nostro eroe.

Ogni singolo personaggio è infatti customizzabile nei pezzi d’equipaggiamento, nelle abilità e nello shaker (colore della tuta). La personalizzazione non è solamente estetica, ma serve anche a regalare modificatori di un certo peso al lottatore, e una variazione delle statistiche base quali: forza, abilità, difesa e salute.

Ma come recuperiamo questi oggetti? Sostanzialmente giocando. Completando i capitoli dello story mode, vincendo le torri del multiverso oppure destreggiandoci online, avremo accesso sia ad oggetti da poter equipaggiare immediatamente, ma anche di “casse” che potremo aprire e, in base alla rarità (bronzo, argento, oro, ecc.), trovare oggetti molto potenti al loro interno. Come nei più classici loot, all’interno di queste “casse” trovano spazio oggetti che vanno dal comune all’epico.

Una variazione che non solo stimola i giocatori amanti della raccolta e del collezionismo, ma che aggiunge una serie di stratificazioni quasi ruolistiche all’esperienza di gioco, portando nuove variabili, e offrendo ai giocatori approcci diametralmente opposti negli scontri 1 vs 1.

Ovviamente, se l’idea alla base è sicuramente interessante ed intrigante, solamente sulla lunga distanza saremo in grado di capire se negli scontri ci saranno effettivi sbilanciamenti; una cosa che gli sviluppatori sembrano già aver percepito, tanto da inserire una variante “torneo” (sia online che offline) che permette ai contendenti di disputare match senza alcuni tipo di personalizzazione.

Parlando proprio dell’online dobbiamo dire che i server erano già piuttosto popolati nonostante manchi ancora qualche giorno all’uscita del gioco. Questo ci ha permesso di toccare con mano la bontà sia della stabilità dei server, quanto di un matchmaking piuttosto rapido ed efficace.

Online le modalità prevedono scontri 1vs 1 classificati e o no, e la sempre simpatica variante Re della Collina. Niente di trascendentale, ma comunque sufficiente per rendere stimolante e discretamente duraturo il comparto multigiocatore del titolo.

Un entry level di spessore

Inutile girarci attorno, nonostante il fatto di aver lasciati per ultimi i commenti sul gameplay: Injustice 2 è probabilmente uno dei picchiaduro più user friendly presenti sul mercato. Ovviamente questa non è assolutamente una critica, ma un elemento che è bene far notare a tutti coloro che si avvicinano al titolo di NetherRealm.

Lo struttura è quella di Mortal Kombat e prevede tre tasti per gli attacchi e uno per un potere speciale specifico per ogni super eroe. La presenza di combo e attacchi speciali da inserire in una sequenza prima che venga effettivamente innescata, minimizza il tempismo che è invece necessario in giochi di stampo orientale; anche il juggling - presente e utilizzabile in modo strategico - è comunque molto meno efficace rispetto a titoli come Tekken.

Altro elemento da sottolineare è una fisicità piuttosto marcata che va ad inficiare su una mobilità piuttosto risicata da parte di tutti i lottatori. Anche qui, però, si tratta di un vero e proprio stile che da sempre accompagna i titoli di questa software house, e proprio per questo motivo, troppo soggettivo da giocatore a giocatore.

Torna ovviamente la barra che ci permette di effettuare elusioni, potenziare alcune abilità e - se riempita del tutto - mandare a segno una super mossa dagli effetti devastanti, la possibilità di interagire con alcuni elementi dello stage e le transizioni. I round sono sempre suddivisi in due con due barre della vita, la prima grigia e la seconda rossa. Nel momento in cui entrambi i giocatori si trovano nella barra rossa è possibile attivare lo “scontro”, una cut scene in cui si scommettono sezioni della barra dei poteri con il vincitore che può così recuperare un po di vita. Uno strumento che, se usato strategicamente, può fare la differenza nelle fasi finali dei match.

Chiudiamo con qualche accenno ad un lato tecnico che, generalmente, si assesta su ottimi livelli. Il design dei personaggi e delle arene è piuttosto ricco di dettagli, così come il supporto all’HDR su rende tutto più gradevole alla vista. Qualche problema lo abbiamo invece riscontrato nei comprimari che vanno a riempire le schermo durante le cut scene (sciatti e poco definitivi) e in un doppiaggio generalmente molto buono, ma con delle cadute piuttosto banali non tanto nella qualità del doppaggio, quanto nella scelte delle voci.