Jerusalem - Il pugnale ritrovato
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Queste due sezioni, come sicuramente tutto il prodotto, sono realizzate sicuramente per una stretta cerchia di utenti pronti ad accaparrarsi più che un videogioco, un mix di generi dove è compreso quello didascalico: un affermazione forse un po' pompata nei confronti dell'intento degli sviluppatori, ma che comunque rende l'idea di come tutti i piccoli particolari siano curati tenendo conto del contesto storico, culturale e religioso.
Innanzitutto la prima cosa che salta all'occhio è la pulizia su schermo e il numero di comandi ridotti all'osso, solamente i due tasti del mouse col secondo usato giusto per richiamare l'inventario e il primo, per gestire tutto il restante. In tal modo ne beneficia un gameplay a tratti però troppo semplificato. Tutto infatti è ridotto al midollo e non dovrete far altro che far scorrere il cursore su una zona attiva perché la sua icona si trasformi. Da qui potrete capire cosa è possibile combinare: potrete infatti o interagire con un oggetto o un personaggio, un oggetto dell'inventario oppure semplicemente muovervi e spostarvi nella locazione indicata dalla freccia. Se a questo, che non aggiunge nulla in più ne in meno a tanti titoli simili, aggiungete una longevità non troppo esaltante per via della facilità stessa dell'avventura il quadro risulterà completo: poco più di 10 ore di gioco e l'avventura sarà portata a compimento.
Per questo il gioco più che come un avventura grafica, va valutato quasi come un mix tra adventure game e un documentario di Piero Angela: infatti nel corso dell'avventura avrete modo di fare incetta di informazioni culturali e storiche, testimonianza, vista anche la presenza di un enciclopedia, dell'intento da parte dei programmatori di curare più la fedele ambientazione d'epoca che il gameplay. Ovviamente il gioco rimane pur sempre nella schiera delle avventure grafiche, ma da questa pare distaccarsi leggermente per via di una maggiore importanza relegata ai contenuti. Non quindi una semplice avventura in un contesto fantastico, bensì in un mondo reale o quasi, dove vengono messe in evidenza culture e usanze religiose in un'ambientazione fedelmente ricostruita.
Per quel che concerne il reparto grafico, il lavoro svolto si attesta su buoni livelli. Benché i filmati siano di qualità tutt'altro che eccelsa e in più di un occasione paiono sgranati e poco definiti, nonché male realizzati, le locazioni nelle sezione "in game" si dimostrano decisamente accattivanti e ben ricostruite, per un impressione finale decisamente buona. Il motore grafico infatti rasenta il fotorealismo, nulla però che possa stupire visto che si tratta pur sempre di immagini fisse, in cui potrete giusto far scorrere lungo un asse fisso la telecamera per un raggio di 360°.
Purtroppo la storia pare essere in sintonia con il gameplay: la mancanza quindi di profondità la rende piatta e poco suggestiva, anche se tuttavia va preso atto del buon lavoro svolto dai programmatori riguardo al contesto storico. Le ambientazioni infatti, le locazioni e tutti gli spazi risultano, almeno per chi interessato, parecchio degni di attenzione. Se quindi non convince la trama, dove la fa da padrone un intrigo tutto fuorché palpitante, convincono di più quei fattori extra che completano il prodotto. Indice del lavoro profuso dalla Arxel Tribe è la realizzazione della città Santa, controllata nei minimi particolari da vari esperti scientifici internazionali guidati da Mr. Frederic, ricercatore molto famoso.
Dal punto di vista delle musiche, tutto è in sintonia con l'atmosfera generale, e a volte potremo udire delle melodie abbastanza orecchiabili anche se un po' troppo mielose e con effetti simili a quelli di un sonnifero.