Journey to the Savage Planet
Lo scenario è un ipotetico futuro prossimo, frangente in cui l’umanità è alla solita ricerca del classico pianeta da colonizzare per espandere il territorio a disposizione di una popolazione sempre più numerosa.
Tra le altre, la Kindred Aerospace (che si definisce orgogliosamente la quarta azienda del settore, anche se non è dato sapere su quante aziende in totale), ha spedito in ogni angolo dell’universo navicelle spaziali con a bordo un singolo pilota, e provvisto di un equipaggiamento proveniente dagli anni ’80, senza nemmeno il carburante per il viaggio di ritorno . l’obiettivo della missione, ovviamente, è quello di visitare il pianeta alieno per giudicarne l’abitabilità.
È in queste circostanze che cmincia l’avventura di Journey to the Savane Placet, l’ultima fatica del team canadese dei Typhoon Studios, i quali hanno messo insieme una avventura in soggettiva dalla spiccata ironia.
Si comincia con la selezione del viso del personaggio (che tra le strambe facce punk contempla curiosamente anche il muso di un cagnolino), quindi si viene proiettati direttamente nella Javelin, la vostra navicella spaziale che avete appena danneggiato con un atterraggio un tantino fuori dai canoni.
Una stampante 3D per amica
La prima missione consiste nell’ispezionare i danni del vostro veicolo spaziale, poi dovrete cominciare ad esplorare i dintorni alla ricerca della parte mancante dello scudo esterno e quindi potrete dedicarvi all’esplorazione dei dintorni alla ricerca di preziose risorse.
Quindi grazie alla stampante 3D, l’unico vero valore aggiunto dell’equipaggiamento a vostra disposizione, potrete sfornare armi e suoi potenziamenti, guanti per maneggiare oggetti incandescenti e così via. L’unica condizione per poter procedere, ovviamente, consiste nell’avere risorse a sufficienza (tra cui gli elementi chimici di carbonio, silicio e alluminio) e l’aver risolto gli enigmi per sbloccare quel particolare oggetto che in questo istante sta in cima alla lista dei vostri desideri. Il tutto si traduce in una buona dose di grinding per ottenere la materia prima necessaria, associato ala risoluzione di enigmi ambientali che costellano l’ambientazione e vi daranno non poco filo da torcere: dimenticatevi il dover trovare la classica chiave per aprire quella determinata prova: sul pianeta AR-Y-26 non c’è nulla di tutto ciò, ma dovrete districarvi tra piattaforme inizialmente irraggiungibili, strade sbarrate da cristalli, aree segrete bloccate da strane forme vegetali aliene e così via.
Mai persa la bussola
L’intelligenza artificiale vi aiuterà di tanto in tanto fornendovi suggerimenti non totalmente esaustivi, ma eliminando quella sensazione di smarrimento che altrimenti potrebbe portare facilmente a spegnere la console.
L’esplorazione, come intuibile, rappresenta una sfaccettatura importante del gioco: forte di un level design di primissimo ordine, articolato, ben variegato quanto coloratissimo, il gioco si rende capace di stimolare il giocatore ad esplorare ogni angolo del pianeta alieno. Di tanto in tanto la sensazione di essersi smarriti potrebbe insinuarsi in voi, ma è sufficiente premere l’apposito tasto per far ricomparire l’indicazione della bussola che vi indicherà la direzione dell’obiettivo.
Completano l’esperienza ludica i combattimenti con le forme di vita aliene, da elementi della fauna più aggressivi di altri a veri e propri boss che faticherete non poco ad abbattere. Ma se proprio non ce la farete, non vi preoccupate: in caso di morte potrete sfruttare uno degli infiniti cloni che la Javelin produrrà tempestivamente.
Tecnicamente discreto
A tutto ciò si aggiunge la modalità co-op con la quale potrete intraprendere la stessa campagna ma in compagnia di un amico online, rendendo l’esperienza di gioco ancora più divertente.
Tecnicamente il gioco si presenta discretamente bene nonostante un budget ridotto che si traduce in un prezzo di vendita di soli 30 euro, anche se va detto che non siamo ai livelli delle produzioni più famose e acclamate soprattutto per quanto riguarda effetti particellari, textures ed animazioni. Il colpo ‘occhio, in ogni caso, è piacevole alla vista.
L’audio si distingue per una colonna sonora discreta, forse un tantino ripetitiva, mentre il parlato manca l’occasione di localizzare il parlato nell’idioma italico, ma ci pensano i sottotitoli a renderci la vita meno complicata.
Voto
Redazione