Just Cause 4

di Simone Rampazzi

Avvicinarsi a un franchise come Just Cause è abbastanza semplice, anche per chi non avesse mai avuto il piacere di giocarci fino a oggi. Non se ne fa un discorso di trama, che comunque analizzeremo tra poco, ma piuttosto se ne guarda nel dettaglio il gameplay, che sfrutta molto spesso la spettacolarità di una situazione per consegnare ai videogiocatori un prodotto volutamente esagerato dove è possibile fare praticamente tutto.

Basta avere un rampino supertecnologico, un protagonista con la faccia giusta, e il gioco è praticamente fatto. Guardare Rico Rodríguez è come guardare nella palla dell’occhio di un redivivo Jena Plissken, pronto a ricordarti che è possibile entrare in un carcere di massima sicurezza e uscirne illesi. Magari digitando anche il codice del mondo per spegnere tutto e mandare il governo a casa.

A differenza di una benda da pirata e un cappotto di pelle, il nostro alter ego è armato di rampino e tuta alare. Il primo è lo strumento dei desideri adatto a tutti quelli che amano le esplosioni, poiché grazie ad alcuni potenziamenti è in grado di attirare qualsivoglia mezzo di trasporto verso l’altro capo della fune, mentre la seconda serve a farci percorrere lunghe distanze facendoci dimenticare qualsivoglia legge della fisica. Perché Just Cause è come la storia raccontata da un amico che tende a ingigantire tutto: quello che ti dice che per arrivare a lavoro ha dirottato un elicottero, attraversato un tornado e poi si è buttato, tutto sornione, nel vuoto per raggiungere l’ufficio con un paracadute.

Ma non è forse questo a cui ci ha abituato Avalanche Studios?

BENVENUTI NEL REGNO DELLA RAZZA UMANA

La trama di Just Cause 4 è piuttosto semplice: dopo aver messo a ferro e fuoco diverse regioni del mondo, rovesciato dittature e molto altro, Rico Rodríguez decide di cercare informazioni sul proprio padre scomparso, coinvolto suo malgrado in un progetto segreto capace di controllare gli eventi atmosferici in tutto il mondo. Tale progetto viene guidato dal leader di una forza militare chiamata Mano Nera, che controlla al tempo stesso l’intero territorio della regione fittizia chiamata Solis sotto un regime militare inflessibile, in cui pochi o nessuno sembra essere intenzionato ad alzare la testa per ribellarsi.

Un primo intervento da parte nostra innesca, con l’ausilio della nostra assistente Mira, un meccanismo di non ritorno pronto ad accendere una vera e propria rivoluzione, sotto la bandiera del fronte di liberazione chiamato Armata del Caos. Fantasie sui nomi a parte, da qui ha inizio una sequela di situazioni strampalate degne di un best seller dell’impossibile, dove gli elementi del gameplay ormai noto agli appassionati del franchise si fonde abilmente a una struttura di gioco piena zeppa di cose da fare.

Partendo dalle attività basilari, il gameplay di Just Cause sfrutta gli elementi del genere action in terza persona, personalizzando per l’occasione gran parte delle azioni in gioco mediante l’utilizzo del rampino, che può diventare all’occorrenza un mezzo di trasporto, un modo per avvicinarsi ai nemici e colpirli con un attacco in mischia, attirare un elicottero e farlo schiantare su un oggetto (o attirare quest’ultimo verso l’elicottero) e così via, aggiungendo di nuovo per questo quarto capitolo alcune feature extra. Una di queste è per esempio il sollevatore, ovvero un pallone aerostatico che viene attaccato al target del rampino per farlo sollevare appunto da terra, liberando alcune strade bloccate oppure per far volare via i nemici che ci stanno più antipatici. L’altra funzione del rampino è il riavvolgitore, che in pratica viene sfruttato per aprire pannelli o porte grazie appunto alla potenzia del rewind del cavo.

L’aspetto divertente della questione è che queste feature possono essere combinate tra loro, creando delle vere e proprie sequenze improbabili di tiraggio e sollevamento che sfociano in situazioni incredibili, e paradossali anche solo da pensare. Alcuni di questi gadget verranno richiesti durante lo svolgimento di alcune missioni, ma al di fuori di esse non se ne sente il bisogno vero e proprio di servirsene, forse perché risulta decisamente più facile seguire una routine standard più immediata, che spesso si traduce nell’utilizzo del rampino basilare.

Oltre al conseguimento delle missioni principali, meglio definibili come storia, il gioco ci permette di seguire anche delle linee alternative secondarie, che vanno di pari passo al gameplay di stampo gestionale inserito per portare a termine la rivoluzione dell’armata del caos.

NON SI PUO’ FAR TUTTO CON UN RAMPINO

Elencati quindi gli aspetti più ovvi del comparto gameplay legato al personaggio, Just Cause 4 divide l’esperienza inserendo anche una sorta di fase gestionale, rappresentata dalla presenza di una mappa generale di Solis che ci aiuta a capire quali territori sono conquistati dal nemico e quali invece sono sotto assedio da parte nostra per essere liberati.

Ogni volta che noi completiamo una missione, o facciamo danno alla mano nera, l’esercito accumula dei preziosi punti che servono a sbloccare un punteggio armata. Questo punteggio serve per conquistare le regioni limitrofe a quelle già liberate, a patto che però Rico distrugga il centro di controllo (o base operativa) della mano nera stazionata in quella zona. Una volta liberata la base, la zona si sblocca per l’acquisto, regalando anche al protagonista dei potenziamenti extra da utilizzare nel corso dell’avventura. Oltre a queste dinamiche più ovvie, il gioco regala anche qualche piccolo sfogo extra alla ricerca di prove bonus un po' meno in evidenza, come la distruzione di alcuni dirigibili.

Per dovere di cronaca, il problema che emerge dalla struttura del gioco è un’eccesiva ripetizione degli asset utilizzati per comporre le aree urbane presenti, accompagnate peraltro da un sistema di guida eccessivamente arcade e un modellamento della vegetazione che lascia riflettere, perché una quercia secolare può essere abbattuta da un’auto in corsa mentre un muretto di mattoni è al contrario indistruttibile. È comprensibile pensare che Just Cause non faccia volutamente caso a questi particolari, ma è giusto metterli in evidenza quando si tratta di compiere una disamina completa del prodotto. Questo stesso senso di ripetizione si avverte durante il normale vagabondaggio per Solis, dato che ogni volta che allerteremo le truppe nemiche cominceranno ad arrivare mezzi armati di qualsivoglia tipologia, ognuno facile da distruggere grazie all’utilizzo del rampino.

Ci è capitato più di una volta di addobbare un faro come un albero di natale usando come decorazioni degli elicotteri. Ma al netto di questo problema, che può rilevarsi personale nel senso stretto dei gusti, quello che sorprende è la mole di attività secondarie tradotte in forma di questline, anch’esse piuttosto piatte nella realizzazione, o quantomeno prive di quel mordente utile a farti arrivare al termine ricercando qualcosa di più di un semplice potenziamento.

La gestione dei checkpoint è fortunatamente valida, nel senso che durante le missioni può capitare di morire per i motivi più disparati, ma il sistema vi riporta all’ultima fase giocata, senza farvi ricominciare da capo. Per quanto riguarda gli spostamenti, il protagonista può utilizzare una vasta gamma di mezzi di trasporto, che spesso riusciamo a soppiantare mediante l’utilizzo del viaggio veloce (si sblocca dopo qualche missione principale), che può essere attivato su una torretta di un luogo conquistato dalla rivoluzione e ha un tempo di ricarica relativamente veloce.

QUANTO È DETTAGLIATO UN TORNADO?

Tecnicamente parlando Just Cause è un titolo che cerca di mantenere il più veloce e adrenalinica possibile l’azione durante il gioco, motivo che forse mette in evidenza alcune rinunce a livello di texture definite all’ennesima potenza o effetti visivi realistici, che spesso infatti si traducono in situazioni strampalate. Un mezzo che esplode si lascia dietro una carcassa piuttosto scarna e difficilmente corrispondente alla realtà, stessa cosa vale per la vegetazione che spesso serve il fianco a texture slavate e poco definite, oppure agli stessi edifici o elementi dello scenario, alcune volte collocati male o addirittura sollevati dal terreno.

Trattandosi di un review code speriamo che una patch correttiva al day-one possa risolvere queste problematiche più dettagliate, ma siamo abbastanza convinti che il titolo sia un tributo ai fan della saga, un modo come un altro per confermare quanto la fantasia, l’eccesso e in alcuni casi l’assurdo possano funzionare se inseriti in una formula creata ad hoc per l’occasione.  

Testandolo su PC comunque il gioco si è comportato bene, presentandosi comunque all’appello con un framerate decisamente stabile, che tentenna giusto nei momenti più caotici per via di una configurazione hardware ormai relativamente datata. Giocando in FullHD (1920*1080) il gioco comunque si difende, nulla da eccepire a riguardo.