Killer 7
di
Ad una prima occhiata Harman Smith non sembra affatto un sicario; o per lo meno, non un assassino in attività (vista l'età e l'evidente stato d'infermità). Come dire che le apparenze ci ingannano, giacché dal suo controverso encefalo hanno visto la luce ben sette personalità, pronte a scendere in campo ed a loro volta votate ad infrangere il sesto comandamento divino. I personaggi in questione, quelli che gestiremo, sono peraltro diversificati per indole comportamentale e sfumature ludiche, ma questo sarà oggetto di analisi fra qualche riga. Quel che ora preme dire è che per ognuno di loro è in corso una guerra, una guerra che la squadra Killer 7 muove contro un esercito demoniaco guidato da tal Kun Lan (gli "Heaven Smiles") e nella quale non vigono certo i concetti di etica e negoziato. Ciononostante, a congiungere un capitolo narrativo con l'altro non vi è solamente una lunga scia interattiva di sangue, tanta follia, stranezze assortite, riferimenti sessuali e pulp. Di fatto emerge anche una sorta di lettura della realtà odierna che la cosmopolitica si ritrova ad affrontare. Violento e ricercato, talvolta esplicito talaltra allusivo: questo il linguaggio degli opposti con cui il titolo Capcom si presenta all'utenza. Infondo, per descrivere le tematiche dominanti basterebbe una battuta di inizio gioco a proposito dell'organizzazione nemica: "guardali negli occhi e non vi troverai niente di paradisiaco".
Posti i limiti che tutto questo comporta, da quelli anagrafici e contenutistici (essendo questo un videogioco da bollino rosso) a quelli di comprensione (essendo il titolo in questione decisamente sui generis), occorre trattare per prima cosa di quegli ostacoli più prettamente strutturali. Lo scoglio più imponente sarà senza dubbio un ostacolo per alcuni insormontabile, laddove è assente una localizzazione testuale in italiano (lacuna che, sommata alla mancanza dei sottotitoli in inglese durante le scene d'intermezzo, amplifica i problemi di fruibilità di un racconto di per sé selettivo nei confronti della platea). La seconda problematica affligge la sola versione per Playstation 2: ossia una serie di rallentamenti e di sistematici caricamenti che di fatto minacciano e rovinano l'uniformità del ritmo ludico. Nostro consiglio è pertanto quello di rivolgersi, potendo, alla controparte per Gamecube, risultante alla fine della fiera la più efficiente sotto quest'ultimo aspetto.
Il reparto tecnico, dal canto suo, si rivela senza poi troppi condizionali.
Non solo l'uso del "Toon Shading" è magistrale e le scelte cromatiche annesse si sposano con quel senso "malsano" che il copione tende a descrivere, ma l'intero pacchetto audiovisivo abbatte il senso di deja vu. La colonna sonora, ad esempio, con i suoi motivi crescenti e decrescenti cerca di interagire con quanto visivamente occupa lo schermo (aldilà dei generi musicali adottati e del loro gradimento, il risultato è meritevole d'attenzione), mentre il parlato anglosassone (distorsioni vocali eccettuate) è assolutamente encomiabile. Non da meno risultano tutti quei piccoli, meticolosi tocchi di classe quali l'effetto con cui i caduti si smaterializzano, i filmati anime e l'accentuata ombreggiatura di volti ed ambienti. L'impronta estetica assunta da Killer 7 è, in ultima istanza, di assoluto prim'ordine.
Joypad alla mano, giunge il momento di stilare il novero delle personalità gestibili, le quali hanno dalla loro il pregio di una differenziazione e di un bilanciamento ambedue apprezzabili e, non meno importante, di un'alternanza promossa da preferenze e necessità di gioco.
Pur essendo il meno utilizzato (egli è infatti controllabile nei frangenti narrativi più significativi e per decisione del codice), Harman Smith è su tutti il più emblematico. Dotato di un lento e pesante fucile di precisione, il nostro è spesso in compagnia della bella Samantha, infermiera che spinge la sedia a rotelle ed ha cura del vegliardo assassino. Garcian è definibile come il suo più fidato luogotenente; morto lui si raggiunge il Game Over, morti gli altri basterà recarsi nel luogo del misfatto indossando le vesti appunto di Garcian (per poi raccogliere i resti, la testa, e rianimare il caduto di turno, sul display di un televisore). Troviamo poi Mask de Smith (un titanico wrestler con la passione del lanciagranate), Kevin e Coyote (rispettivamente insondabile il primo e scassinatore il secondo), ai quali seguono l'agile Con, la turbata ed enigmatica Kaede (capace di infrangere barriere e di interpretare correttamente i messaggi sanguinolenti sui muri) ed infine Dan: giacca, cravatta e revolver. Le abilità speciali di ciascuno rendono la squadriglia fondamentale in tutti i suoi componenti; ecco perché giunti all'interno di particolari stanze e davanti a virtua-televisori sarà opportuno potenziare con la dovuta misura ognuno dei personaggi, così differenti per tempi di caricamento dell'arsenale, per rapidità di movimenti, potenza di fuoco ed altro ancora. Lungo il loro peregrinare non mancheranno incontri con caratterizzazioni altrettanto bizzarre (come Susie, Travis ed Iwazaru), poste per lo più al fine di aiutare il giocatore. Variegati appaiono pure i nemici, ad ogni livello sempre generosi quanto a new entry, ma accomunati dalla macabra tendenza di sopraffare i propri nemici facendosi esplodere. Una volta individuato il loro punto debole sarà possibile liquidarli con un preciso unico colpo, viceversa il numero di proiettili richiesti sarà superiore e con essi (il cui ammontare è comunque infinito) crescerà la probabilità che l'oppositore raggiunga il suo fine.
Offesa e locomozione si sviluppano in maniera anticonvenzionale ed a tratti discutibile, specie per quanto riguarda la seconda delle mansioni citate. Per muoversi in avanti basterà infatti premere il tasto azione (A per il Gamecube, X per la Playstation 2), mentre per tornare indietro occorrerà affidarsi prima a B o triangolo e poi nuovamente ad A/X. I sensi di marcia (il paragone automobilistico può aiutare a comprendere le meccaniche) precludono una qualsiasi libertà esplorativa, ad appannaggio di rigidi binari entro cui muoversi. Non mancheranno bivi e svolte, ma in generale la linearità è ben presente e per quanto voluta dagli sviluppatori, essa non è poi così apprezzabile a parere di chi scrive né in termini concettuali né tanto meno pratici. Diverso è l'approccio ai combattimenti che in luogo della terza persona prevedono una visuale in soggettiva. Per attivarla basterà prima sfoderare l'arma (dorsale destro) e, in presenza di Heaven Smiles (i quali si auto-annunciano con una sadica risata), effettuare una rapida scansione (dorsale sinistro) ed infine far fuoco con il tasto azione. Al potenziale smarrimento degli inizi susseguirà ben presto una certa disinvoltura di movimenti (il primo capitolo, Angel, è a tal proposito abbastanza accomodante), ma non per questo il metodo qui scelto da Capcom risulta ottimale. Molto più severo è d'altronde il giudizio sugli enigmi proposti, spesso totalmente inverosimili e scarsamente promotori di una qualche prolungata riflessione (basti evidenziare le risibili richieste effettuate per farsi strada, nel preludio, attraverso la libreria).
In definitiva, in termini di esperienza globale (comprendendo cioè narrazione, grafica e sonorità) si può certamente volgere lo sguardo su questo concentrato di unicità (evidentemente concepito e risultante per pochi), ma altri sono gli incentivi per quanti ritengano indispensabile il controllo ludico più totale sulle proprie azioni. Chi ha detto che sconvolgere i canoni si traduca per forza di cose in un'originalità efficiente in tutto e per tutto?
Posti i limiti che tutto questo comporta, da quelli anagrafici e contenutistici (essendo questo un videogioco da bollino rosso) a quelli di comprensione (essendo il titolo in questione decisamente sui generis), occorre trattare per prima cosa di quegli ostacoli più prettamente strutturali. Lo scoglio più imponente sarà senza dubbio un ostacolo per alcuni insormontabile, laddove è assente una localizzazione testuale in italiano (lacuna che, sommata alla mancanza dei sottotitoli in inglese durante le scene d'intermezzo, amplifica i problemi di fruibilità di un racconto di per sé selettivo nei confronti della platea). La seconda problematica affligge la sola versione per Playstation 2: ossia una serie di rallentamenti e di sistematici caricamenti che di fatto minacciano e rovinano l'uniformità del ritmo ludico. Nostro consiglio è pertanto quello di rivolgersi, potendo, alla controparte per Gamecube, risultante alla fine della fiera la più efficiente sotto quest'ultimo aspetto.
Il reparto tecnico, dal canto suo, si rivela senza poi troppi condizionali.
Non solo l'uso del "Toon Shading" è magistrale e le scelte cromatiche annesse si sposano con quel senso "malsano" che il copione tende a descrivere, ma l'intero pacchetto audiovisivo abbatte il senso di deja vu. La colonna sonora, ad esempio, con i suoi motivi crescenti e decrescenti cerca di interagire con quanto visivamente occupa lo schermo (aldilà dei generi musicali adottati e del loro gradimento, il risultato è meritevole d'attenzione), mentre il parlato anglosassone (distorsioni vocali eccettuate) è assolutamente encomiabile. Non da meno risultano tutti quei piccoli, meticolosi tocchi di classe quali l'effetto con cui i caduti si smaterializzano, i filmati anime e l'accentuata ombreggiatura di volti ed ambienti. L'impronta estetica assunta da Killer 7 è, in ultima istanza, di assoluto prim'ordine.
Joypad alla mano, giunge il momento di stilare il novero delle personalità gestibili, le quali hanno dalla loro il pregio di una differenziazione e di un bilanciamento ambedue apprezzabili e, non meno importante, di un'alternanza promossa da preferenze e necessità di gioco.
Pur essendo il meno utilizzato (egli è infatti controllabile nei frangenti narrativi più significativi e per decisione del codice), Harman Smith è su tutti il più emblematico. Dotato di un lento e pesante fucile di precisione, il nostro è spesso in compagnia della bella Samantha, infermiera che spinge la sedia a rotelle ed ha cura del vegliardo assassino. Garcian è definibile come il suo più fidato luogotenente; morto lui si raggiunge il Game Over, morti gli altri basterà recarsi nel luogo del misfatto indossando le vesti appunto di Garcian (per poi raccogliere i resti, la testa, e rianimare il caduto di turno, sul display di un televisore). Troviamo poi Mask de Smith (un titanico wrestler con la passione del lanciagranate), Kevin e Coyote (rispettivamente insondabile il primo e scassinatore il secondo), ai quali seguono l'agile Con, la turbata ed enigmatica Kaede (capace di infrangere barriere e di interpretare correttamente i messaggi sanguinolenti sui muri) ed infine Dan: giacca, cravatta e revolver. Le abilità speciali di ciascuno rendono la squadriglia fondamentale in tutti i suoi componenti; ecco perché giunti all'interno di particolari stanze e davanti a virtua-televisori sarà opportuno potenziare con la dovuta misura ognuno dei personaggi, così differenti per tempi di caricamento dell'arsenale, per rapidità di movimenti, potenza di fuoco ed altro ancora. Lungo il loro peregrinare non mancheranno incontri con caratterizzazioni altrettanto bizzarre (come Susie, Travis ed Iwazaru), poste per lo più al fine di aiutare il giocatore. Variegati appaiono pure i nemici, ad ogni livello sempre generosi quanto a new entry, ma accomunati dalla macabra tendenza di sopraffare i propri nemici facendosi esplodere. Una volta individuato il loro punto debole sarà possibile liquidarli con un preciso unico colpo, viceversa il numero di proiettili richiesti sarà superiore e con essi (il cui ammontare è comunque infinito) crescerà la probabilità che l'oppositore raggiunga il suo fine.
Offesa e locomozione si sviluppano in maniera anticonvenzionale ed a tratti discutibile, specie per quanto riguarda la seconda delle mansioni citate. Per muoversi in avanti basterà infatti premere il tasto azione (A per il Gamecube, X per la Playstation 2), mentre per tornare indietro occorrerà affidarsi prima a B o triangolo e poi nuovamente ad A/X. I sensi di marcia (il paragone automobilistico può aiutare a comprendere le meccaniche) precludono una qualsiasi libertà esplorativa, ad appannaggio di rigidi binari entro cui muoversi. Non mancheranno bivi e svolte, ma in generale la linearità è ben presente e per quanto voluta dagli sviluppatori, essa non è poi così apprezzabile a parere di chi scrive né in termini concettuali né tanto meno pratici. Diverso è l'approccio ai combattimenti che in luogo della terza persona prevedono una visuale in soggettiva. Per attivarla basterà prima sfoderare l'arma (dorsale destro) e, in presenza di Heaven Smiles (i quali si auto-annunciano con una sadica risata), effettuare una rapida scansione (dorsale sinistro) ed infine far fuoco con il tasto azione. Al potenziale smarrimento degli inizi susseguirà ben presto una certa disinvoltura di movimenti (il primo capitolo, Angel, è a tal proposito abbastanza accomodante), ma non per questo il metodo qui scelto da Capcom risulta ottimale. Molto più severo è d'altronde il giudizio sugli enigmi proposti, spesso totalmente inverosimili e scarsamente promotori di una qualche prolungata riflessione (basti evidenziare le risibili richieste effettuate per farsi strada, nel preludio, attraverso la libreria).
In definitiva, in termini di esperienza globale (comprendendo cioè narrazione, grafica e sonorità) si può certamente volgere lo sguardo su questo concentrato di unicità (evidentemente concepito e risultante per pochi), ma altri sono gli incentivi per quanti ritengano indispensabile il controllo ludico più totale sulle proprie azioni. Chi ha detto che sconvolgere i canoni si traduca per forza di cose in un'originalità efficiente in tutto e per tutto?