Lies of P – La Nuova Incarnazione di Pinocchio – Recensione PC

Chi ha detto che Pinocchio non può avere un'anima dark?

di Simone Rampazzi

Nei vari medium di intrattenimento è ormai consueto trovare nuove, spesso interessanti, re-interpretazioni di qualche famoso prodotto uscito in passato. Questa pratica ci ha offerto la possibilità di scoprire nuove sfaccettature di una storia già letta, vista o sentita, e di esempi ne troviamo a bizzeffe un po’ da tutte le parti, senza dover andare nemmeno troppo indietro nel tempo.

Se il cinema ha fatto molto in questo senso, e ne troviamo gli esempi per assurdo proprio sul tema di oggi, ovvero il tanto amato Pinocchio di Carlo Collodi, anche il videogioco ha trovato la sua strada per esprimersi in tal senso, ricercando strade parallele originali, quantomeno in grado di raccontare una storia usando magari gli stessi personaggi, sebbene inseriti in un contesto completamente diverso.

Di “Pinocchi” ne abbiamo visti in tutte le salse, soprattutto nel cinema, con le interpretazioni di registi/attori quali Roberto Benigni, Matteo Garrone, Robert Zemeckis e, per ultimo, Guillermo del Toro.

Nel videogioco, invece, il caso ha voluto che una nuova interpretazione di Pinocchio venisse realizzata dalla software house coreana Neowiz Games. Quest’ultima si è rivelata capace di enfatizzare i lati oscuri dell’opera di Collodi, trasformandola così in Lies of P, una metamorfosi che in parte ci ha ricordato quanto accaduto nel 2000 con l’Alice di American McGee.   


Lies of P – La Macchina delle Bugie

Dimentichiamoci per un attimo tutto quello che ci viene alla mente quando pensiamo a Pinocchio. Dimentichiamo il Grillo Parlante, Lucignolo, il Gatto e la Volpe, dimentichiamo pure Mangiafuoco e l’enorme pesce-cane (o balena) in cui finiscono il burattino e Geppetto.

Già che ci siamo, dimentichiamoci pure dell’ambientazione, scordando le campagne e il piccolo borgo, presumibilmente toscano, in cui prende vita l’intera storia di Pinocchio.

Compiuta questa tabula rasa, possiamo entrare senza indugio nella Krat di Lies of P, una città dal sapore steampunk che sembra uscita da un quadro vittoriano, e che risulta persino affascinante anche se, dopo il nostro risveglio nel vagone di un treno alla stazione, appare distrutta da una rivolta compiuta da burattini meccanici.

Ecco, nel mondo di Lies of P, Pinocchio fa parte di una moltitudine di burattini, una sorta di esperimento alla Atomic Heart in cui Geppetto, insieme a un manipolo di altre persone, ha messo in piedi fabbriche di robot/burattini che accompagnano gli umani nella vita di tutti i giorni.

Sembra quasi di rivivere le vibes del “Io, Robot” di Asimov, tant’è che in qualche passaggio emergono persino delle interpretazioni delle Leggi della Robotica, leggi che, come al solito, vengono infrante per via di una falla nel linguaggio macchina che regola comportamento e sentimenti dei burattini di Lies of P, rievocando uno dei tanti scenari distopici possibili del nostro futuro.

Il nostro alter ego ci offre due strade da compiere: o vivere come un “bravo” burattino, e quindi seguire i dettami ferrei delle leggi suddette, oppure vivere come un “umano”, arrivando più di una volta, come ci ricorda il titolo, a scegliere di mentire, finanche uccidere altri esseri umani perché mossi da un sentimento di rabbia, amore o vendetta.

La storia che si dipana davanti a noi, nella quarantina di ore necessarie per portarla a termine, sempre a seconda della vostra abilità, si rivela come un cammino di crescita, una preparazione della coscienza che prende spunto dal romanzo di Collodi, infilandoci dentro molto più di qualche citazione, tant’è che a cambiare non è solo il protagonista, insieme ai personaggi comprimari, ma è proprio la visione del mondo che ci circonda.

Un mondo che lascia aperti tanti spunti interpretativi, grazie alla presenza dei finali multipli, nonché di una cutscene finale che ci lascia ben sperare su un seguito, pronto a prendere in mano anche personaggi di altri racconti famosi.

Lies of P – Muori, Menti ma non ti Arrabbiare!

Sappiamo tutti benissimo come funziona. Le meccaniche di gioco dei soulslike sono ormai ben note a tutti, anche a quei novizi del genere che fino a qualche tempo fa ignoravano i prodotti poiché scoraggiati dalle modalità di ingaggio, con quella formula bastarda del muori, ricomincia e ripeti che non piace proprio a tutti.

Lies of P mantiene tutto invariato, o quasi. Diciamo che in parte decide di inserire qualche modifica nel sistema, inserendo subito alla fine del tutorial un hub di gioco centrale, quell’Hotel Krat in cui tornare spesso per comprare degli oggetti, potenziare le proprie armi e rivendicare qualche missione (e si, perché ci sono anche quelle ma non nel senso stretto del termine).

Anche la ricerca di alcuni collezionabili fornisce la scusa perfetta per tornare tra quelle mura, soprattutto quando vorremo staccarci un po’ dal ciclo di morti e resurrezione per ascoltare dei vinili sparsi per il gioco, elemento decorativo pensato non solo per farci ascoltare qualche bella tracklist, ma anche e soprattutto per fornire al nostro personaggio un pelino in più di umanità.

La musica sembra far parte di quelle cose che smuovono gli animi. E come dar torto agli sviluppatori, soprattutto quando in determinati contesti, e a seconda delle scelte, compaiono delle filigrane su schermo che ci comunicano che qualche ingranaggio si sta muovendo, che quel cuore meccanico mosso dall’Ergo (le anime dei souls) in realtà sta facendo qualcosa di più che far girare semplicemente i propri ingranaggi.

Dall’Hotel Krat in avanti, il mondo di gioco è quello di souls in piena regola. Le strade della città ricordano un po’ il Bloodborne di From Software, ma lo ricordano solo nella parte tetra e corrotta, perché tutta l’architettura dei luoghi ricorda molto la Belle Époque francese.

In Lies of P a cambiare è anche il sistema delle armi, qui composte da lama ed elsa, che possono essere anche smontate e rimontate a piacimento, sia all’albergo che presso gli Stargazer (i falò dei souls) questo per permettere al giocatore di poter personalizzare moveset e potenza di attacco, il che non è poco soprattutto pensando a come sono strutturati gli altri souls.

Tra l’altro, a rivestire un ruolo molto importante, ci pensa il braccio meccanico del nostro alter ego, chiamato per semplicità in diversi modi a seconda dell’effetto selezionato, braccio che può essere modificato a seconda delle necessità, tant’è che anche qui ci viene concessa la possibilità di fare danno elementale, oppure migliorare la parata o sparare da lontano.

Esistono poi armi o amuleti leggendari che possono essere scambiate presso un vendor speciale, Alidoro, dopo aver consegnato l’Ergo unico droppato da un boss. Oltre alle meccaniche di level-up tradizionale, il gioco di Neowiz offre inoltre un ulteriore potenziamento chiamato Organo-P, praticamente un ricettacolo di talenti che possiamo scegliere, e sbloccare, spendendo una risorsa chiamata Quarzo.

In Lies of P sono molteplici le valute che acquistano importanza nel gioco, e il consiglio è sempre quello di ricercare ogni anfratto delle ambientazioni proposte, questo per non perdervi interessanti oggetti utili a creare potenziamenti da usare sul vostro personaggio.

Anche nel combattimento troviamo dei cambiamenti, seppur non sostanziali: il nemico utilizza un buon numero diverso di mosse, da cui nasce spontaneo il consiglio a studiare bene i moveset, e in alcuni casi quest’ultimo si affida anche ad attacchi caricati molto potenti, che potranno essere fronteggiati scappando, oppure effettuando una parata perfetta al momento giusto.

Molti boss presentano le doppie fasi, perciò non cantate vittoria troppo presto, e guardatevi bene dai nemici dotati di armi a distanza, perché sono quelli posizionati ad hoc per farvi perdere la pazienza.

Cambiare fa Bene

Come abbiamo accennato più volte nel corso dell’articolo, Lies of P si è rivelato capace di proporre una gradevole lettura de “Le Avventure di Pinocchio” di Collodi, sfruttando se non altro bene l’idea dei personaggi e il loro inserimento nella storia, tant’è che qui diventano maschere, idee, elementi che vivono di una riscrittura davvero ispirata.

Il plauso rivolto a Neowiz lo si può spendere anche, e soprattutto, nella creazione di Krat e dei dintorni: la città appare decadente, ottenebrata dalla rivolta dei burattini e ci lascia intravedere uno scenario terrificante, che un po’ ci ha ricordato anche Detroit Become Human, senza contare tutta una serie di pellicole perfettamente ispirate dall’argomento.

Se dobbiamo proprio trovare dei difetti, forse questi si nascondono in bella vista nella “linearità” proposta dal prodotto, nel senso che mancano a tutti gli effetti tutta una serie di cammini secondari, costellati ma boss dedicati che avrebbero in qualche modo permesso una migliore immersione nell’ambientazione. È vero che ci sono alcuni indovinelli utili a sbloccare alcune stanze speciali, ma oltre a quello non troviamo elementi opzionali come accadeva in Bloodborne o Dark Souls.

Alcuni scenari sono palesemente più ispirati di altri, inutile dirvi quanto sia stupenda la città di Krat, anche sul fronte del level design, e anche alcuni interni, come l’Osteria del Gambero Rosso o il Teatro, ma anche la Cattedrale, tutti luoghi che mostrano veramente una cura al dettaglio, dettaglio che forse perde enfasi proprio in quelle aree più aperte, ma anche in quella finale che non mantiene la stessa enfasi mostrata fino a lì.

Lies of P si è comunque rivelato un gioco graficamente appagante, capace di fare affidamento sulla semplicità, persino nella realizzazione degli effetti, finanche i boss, che si limitano a riportare su schermo uno spettacolo contenuto, tranne per qualche eccezione. Alcuni sono davvero stimolanti, soprattutto nella composizione delle due forme per le fasi, altri invece si limitano a fare il loro lavoro, fatto bene per carità, ma comunque un lavoro che dalle premesse ci aveva un po’ viziato nello sperare in qualcosa di più.

La colonna sonora mantiene il pathos espresso con le immagini, finanche il doppiaggio in lingua inglese, dove a parlare sono sempre i personaggi comprimari, mentre P si limita a essere un protagonista muto, capace di esprimersi piuttosto a gesti e azioni.