Mafia: City of Lost Heaven
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Le macchine sono quindi dei macinini che raggiungono a stento le 80 miglia orarie, mentre le armi sono le lontane antenate di quelle attuali. Quando la Illusion Softwork tratteggia l'universo malavitoso lavora decisamente bene, complice una storyboard curatissima e dei dialoghi d'eccezione. Diverso il discorso in-game, dove almeno in questa conversione Mafia mostra il fianco a numerosi problemi di natura tutt'altro che irrilevante. I primi sono quelli a livello puramente grafico: quella che nella versione PC era una metropoli pulsante di vita propria, sembra qua una città fantasma o un sobborgo di periferia, dove il numero di passanti e macchine lungo la strada è inversamente proporzionale a quello dei palazzi (e sono davvero tanti).
Aggiungiamo poi numerosi problemi di pop-up (sopportabili), texture sottotono, animazioni dei personaggi legnose nonché numerosi rallentamenti, roba per cui presi dal coinvolgimento viene lecito esclamare "Oh santa Rosalia!" Questo ci da il colore del lavoro dei programmatori, non solo incapaci di sfruttare a dovere l'hardware Xbox, ma nemmeno di realizzare sezioni sparatutto esenti da difetti, con problemi di collisioni, di telecamere nonché di IA dei nemici.
Nonostante ciò, a dimostrazione della tesi che conta più la sostanza della forma, arriva il nostro giudizio positivo, che mette in luce gli aspetti negativi di questa produzione senza dimenticare però che siamo pur sempre di fronte a un signor prodotto, per intenderci uno di quelli che vale la pena di essere giocato. Non ci sono problemi grafici che tengano, Mafia rimane un gioco spettacolare e nonostante il vestito malconcio indossato per questa apparizione, il suo valore non si discute. Sarà il coinvolgimento che offre, la storia ben congeniata e ricca di colpi di scena, la ricostruzione pressoché perfetta dell'universo malavitoso, le tinte da gangster movie, ma Mafia è davvero un buon prodotto. Perché, nonostante le carenze del comparto grafico, quello degli Illusion Softwork è uno di quei giochi che vale la pena di essere vissuto, anche solo per il gusto di sentirsi uno della famiglia.