Manhunt
di
Stefano 'Myiazaki' Guzzetti
James Earl Cash: il morto che parla
La storia di Manhunt narra le vicende di un certo James Earl Cash, un americano che, dopo essere stato condannato a morte, si risveglia in modo del tutto inaspettato; dopo avere aperto gli occhi, nella totale incredulità, il nostro eroe si troverà di fronte una signorina che gli spiegherà i motivi di questa sua rinascita. Un certo ';Direttore', una persona ricca e annoiata dalla vita, ha deciso di divertirsi con il nostro amico mettendolo al centro di un gioco assai perverso; egli infatti dovrà uscire indenne da uno stabile abbandonato ricolmo di teppisti il cui unico pensiero è fare la pelle a un certo James Earl Cash. Nel fuggire a questa sorte perennemente dietro l'angolo il 'resuscitato' dovrà sbarazzarsi dei suoi antagonisti nelle maniere più sadiche possibili, in modo da soddisfare le manie voyeristico-fetish del Direttore, una persona che a quanto pare conosce il sado-maso quanto un comune italiano conosce gli spaghetti. Scopo del gioco, quindi, è arrivare invalidi (o quasi) fino alla fine di questo percorso tortuoso.
Il gioco ci presenta un personaggio in terza persona con una telecamera che lo segue fedelmente senza fare quasi mai inquadrature troppo artistiche (si legga pure alla voce: angolazioni impossibili). I controlli sono abbastanza intuitivi e dopo una decina di minuti saremo già abituati all'interfaccia dei comandi; avremo quindi le solite azioni tipo corsa, attacco debole, attacco forte, strafe laterale, lock-on, fuoco. Una gradita sorpresa è, tramite i tasti della croce direzionale, la possibilità di poterci affacciare lateralmente dai posti dove siamo nascosti per scorgere se ci sono nemici nelle vicinanze. Un altro comando gradito è quello per appoggiarci di spalle (chi ha detto Metal Gear?) alle pareti e stare in silenzio finchè ci è utile. L'uso delle leve analogiche è precisissimo ed è impartito nel modo seguente: la leva sinistra fa camminare il personaggio, quella destra si occupa della gestione della telecamera e ci fa vedere tutto ciò che ci circonda. In questo titolo sia lo stealth che l'azione sono equamente ripartite; all'inizio dell'avventura, infatti, dovrete essere maestri nel non farvi sentire, ma appena prenderete possesso delle armi da fuoco l'azione sarà la vera protagonista.
Con questo ibrido ben bilanciato la Rockstar ha fatto un titolo che si distacca totalmente dalle meccaniche di GTA e che vive di vita propria. E Manhunt ci riesce in pieno poiché, in un clima videoludico dove fare giochi con elementi stealth vuol dire fare cloni di Splinter Cell o Metal Gear, esso si differenzia dal mainstream in maniera abbastanza decisa, grazie inoltre a una sua forte caratterizzazione noir. Questa scelta stilistica è resa in maniera impeccabile dal comparto grafico che, sfruttando a dovere l'hardware della PS2 e proponendo una serie di textures di ottima fattura, ci catapulta in un posto dove sicuramente non ci vorremo trovare neanche se ci pagassero con un forziere d'oro; un complesso industriale abbandonato, crudo, che ispira freddo e ansia, è l'arena delle nostre gesta. Se siete dei cultori di tutto ciò che è decadente e gotico allora avrete pane per i vostri denti e, perché no?, vi sentirete a casa.
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Manhunt
8
Voto
Redazione
Manhunt
Ottima realizzazione tecnica, gameplay che riesce a metterci sia nei panni del cacciato, sia in quelli del cacciatore, il tutto condito da quella giustificata violenza che non mancherà di suscitare le critiche dei benpensanti e l'esaltazione dei giocatori più estremisti, che potranno divertirsi a eliminare i nemici in mille modi differenti. Ci sarebbero gli estremi per parlare di capolavoro assoluto, viste anche le ambientazioni decadenti riprodotte nei minimi particolari, ma i margini di miglioramento per Manhunt ci sono eccome e lanciamo la sfida a Rockstar per scioccarci ancora una volta, il prima possibile.