Mary Skelter Finale, donazioni di sangue cercasi – Recensione PC
La recensione del dungeon crawler in prima persona di Compile Heart e Idea Factory, la conclusione della trilogia iniziata su PS Vita e proseguita su piattaforme fisse
Disponibile dalla seconda metà 2021 su Nintendo Switch e PlayStation 4, Mary Skelter Finale arriva su PC a distanza di due anni per concludere anche in quel di Steam la saga iniziata sulle PS Vita giapponesi nel 2016 con Mary Skelter: Nightmares. Si tratta del vostro classico JRPG moderno pieno di tipine dalle personalità succinte tanto quanto il loro vestiario e vagonate di contenuti che faranno la felicità degli amanti del grind e dell’occasionale fanservice tipicamente nipponico. Una degna conclusione? Scopriamolo.
Mary Skelter Finale, trama e personaggi
Se come il sottoscritto pensate di iniziare Mary Skelter Finale senza prima esservi formati sui due capitoli precedenti preparatevi a una brutta sorpresa. La trama comincia infatti in medias res subito dopo la conclusione di Mary Skelter 2 e rievoca in modo molto sbrigativo una porzione di eventi e personaggi del passato prima di buttare a schermo nuove figure e nuove problematiche, oltre a una generosa dose di termini tecnici e spiegazioni del caso che rendono l’universo in-game inutilmente più complesso di quanto già non sia.
Se però avete un (bel) po’ di pazienza e vi piace leggere, sappiate che gli sviluppatori hanno pensato anche ai brutti ceffi che hanno avuto la brillante idea di iniziare una trilogia direttamente dall’ultimo episodio. Nel menu principale è infatti possibile accedere all’intero copione dei primi due Mary Skelter, doppiaggio e ritratti compresi, più una novel di approfondimento. In caso decidiate di fare a meno di questo piccolo incentivo, non sentitevi esclusi: prestando attenzioni ai dialoghi si riesce a ricollegare buona parte dei punti cruciali del racconto; mancano i dettagli, ma chi è chi, cosa ha fatto, cosa vuole e con chi ha legato verranno piuttosto naturali dopo un paio d’ore.
Dopotutto, il filo narrativo di fondo è estremamente sottile ed è stato stiracchiato il più possibile per fare spazio agli innumerevoli battibecchi del cast di protagonisti. Macchiette e stereotipi sono all’ordine del giorno, con gran parte dei dialoghi votati a ricordarci quanto i tratti caratteriali di un certo personaggio siano bizzarri e “divertenti”, un archetipo trito e ritrito che abbiamo già visto dozzine di volte altrove. In questo mare di monotonia spacciato per comicità non mancano scambi più impegnati e interessanti, ma sono assai sporadici e spesso tirati per le lunghe o peggio “contaminati” dalle influenze malvagie delle tante eroine, le Blood Maidens, nella loro coraggiosa impresa di dire la propria senza aggiungere nulla al discorso.
Vero, non avrò provato i precedenti capitoli, ma conosco la filosofia delle produzioni Compile Heart, e posso dirvi che se conoscete le linee guida della software house dal punto di vista narrativo (ovvero tanto “moe” a profusione, ironia ottusa e “carina”) sapete benissimo cosa aspettarvi e decidere se possa fare o meno al caso vostro. Avere una nutrita rosa di personaggi fatti e finiti gioca contro lo sviluppo di una storia intrigante, visto che in molti hanno davvero poco da aggiungere e si limitano il più delle volte a fare presenza, ma si rivela un ottimo compromesso per spegnere il cervello mentre si esplorano i dungeon.
Mary Skelter Finale, il gameplay
Già, perché nonostante il titolo ogni tanto tenda a prendere la tangente della visual novel (soprattutto all’inizio, con sequenze che possono durare anche mezz’ora), alla base resta un dungeon crawler in prima persona. Collocate all’interno di scenari paradossali, visioni da incubo che si snodano serpeggianti lungo più piani irti tra trappole e mostri, le segrete di Mary Skelter Finale sono caratterizzate da una struttura a incastro che ne consente la navigazione solo operando più squadre in punti diversi dell’area.
Come in un puzzle cooperativo, il giocatore avrà modo di controllare più party (uno per volta s’intende) all’interno dello stesso dungeon, dove troveranno leve a interruttori che apriranno porte e percorsi per le altre squadre. È possibile ciclare tra i vari team senza restrizioni ed è uno degli aspetti più riusciti e originali dell’opera. L’obiettivo ultimo di ogni dungeon è rintracciarne il nucleo, la cui distruzione renderà vulnerabile l’incubo che lo presiede, il boss del livello, che normalmente ci darà la caccia costringendoci a frettolose ritirate. La meccanica non è sfruttata benissimo (basta fare pochi passi per perderne le tracce), ma è una di quelle che più si avvicina di più ai FOE di Etrian Odyssey, e aggiunge un po’ di pepe al viaggio.
I Marchen, i normali mostri che ci salteranno addosso di tanto in tanto, non rappresentano infatti una particolare minaccia, poiché abbiamo oggetti curativi in abbondanza e abbastanza potenza di fuoco da poterli eliminare regolarmente con un paio di attacchi mirati. Neanche le ambientazioni sono particolarmente proibitive, ma questo grazie all’ottimo sistema di mappatura che registra in modo accurato e leggibile tutti gli spostamenti compiuti e i punti di interesse incontrati; perdersi è molto difficile (per fortuna).
Ma non sarebbe un JRPG che si rispetti senza una nutrita schiera di funzionalità extra che consentono di distinguere i comuni mortali dai veri maestri di quest’arte. Perché limitarsi a trovare equipaggiamento e oggetti dagli scrigni o dalle spoglie dei nemici abbattuti quando è possibile coltivarli piantando gemme di sangue? E perché fermarsi a infliggere e subire danni quando possiamo spruzzare sangue in giro ed essere contaminati, andando prima in modalità Annientamento e poi in “stato di furia” (pardon), o Mary Skelter, con tanto di pistola ematica per placarne gli effetti.
E non è tutto: una volta sbloccato l’accampamento si avrà accesso ad una serie di attività secondarie utili a ottimizzare il setup del party e a sviluppare il rapporto del protagonista di turno con le varie tizie, una pratica fondamentale per poter assistere al vero finale del gioco. Se solo non allungassero un brodo già abbastanza scialacquato, ma se sapete a cosa andate incontro ne avrete per dozzine di ore, forse centinaia.
Tecnicamente il titolo lamenta il porting da Switch, con fondali in bassa risoluzione rispetto alla controparte PS4, ma per il resto le surreali ambientazioni sono claustrofobiche al punto giusto e i ritratti dei personaggi molto dettagliati (meno i modelli 3D dei mostri). “Interessante” la colonna sonora, che alterna rumorose tracce elettroniche a veri e propri “versi” agghiaccianti. Nel complesso le varie tracce fanno il loro lavoro di creare atmosfera e tensione, ma avremmo preferito maggiore varietà visto quanto dura ogni singolo dungeon.
Versione Testata: PC
Voto
Redazione
Mary Skelter Finale
Un JRPG di nicchia per giocatori che sanno quello che vogliono; astenersi curiosi, a meno che non siate pronti a sperimentare una narrazione tanto spavalda nell’ostentare la sua natura quanto povera di mordente, e un gameplay tanto semplice nelle meccaniche quanto affossato da dinamiche che ne ispessiscono il canovaccio senza però rapire, un pretesto per aggiungere carne sul fuoco a discapito della fruibilità, ideale se vi piace grindare, meno altrimenti. Consigliato agli amanti del genere.